L'opera di ricerca nel campo della scienza di Filippo Burzio

L'opera di ricerca nel campo della scienza L'opera di ricerca nel campo della scienza Parlare della attività di Filippo Burzio coinè ricercatore di scienze tecniche può sembrare a chi Io conosce e lo ammira come scrittore di soggetti letterari, filosofici, economici e politici una singolarità inspirata alla ricerca di ciò che nella sua vasta opera costituisce per la maggioranza il campo meno suggestivo. Eppure il ventennio della sua vita, che va dal 1915 al 1935, è particolarmente degno di studio per questo lato della sua grande capacità produtti va, anche per il fatto che l'abito al ragionamento rigoroso, che gli studi da lui seguiti in quell'epoca gli hanno conferito, è rimasto carattere indelebile della sua mentalità feconda e multiforme. Filippo Burzio esordì come studioso della tecnica dell'Ingegnere, nel laboratorio di aeronautica del Politecnico di Torino, appena costituito negli anni in cui, conseguita la laurea il Burzio cominciava la sua carriera di docente. Vi fece le sue prime ricerche sulla resistenza opposta dall'aria alle piastre piane rotanti, insieme col Pasqualini, oggi professore nella Università tecnica di La Piata nella repubblica Argentina. Quando, all'inizio della guerra europea, entrò come ufficiale tecnico nell'Arsenale di Torino, riconobbe subito il nesso fra 1 fenomeni balistici e quelli aerodinamici, e fu spin- to ad approfondire gli uni e gli altri in quella storica sede della Artiglieria Piemontese, dove è vivo il ricordo delle geniali realizzazioni del Cavalli e del Siacci. Con la prontezza di assimilazione, eh", fu sempre sua brillante caratteristica, Filippo Burzio si impossessò rapidamente del problema balistico; vide le imperfezioni delle soluzioni comunemente adottate, e con una serie di successivi studi le cui tappe Bono registrate negli Atti della nostra Accademia, percorse il cammino ascendente della sua competenza. La nota presentata nell'aprile 1918 e la successiva del maggio contengono già una migliore approssimazione del problema. Più che il complicato algoritmo matematico gli è guida sicura la chiara intuizione degli elementi meccanici del fenomeno, che si enuncia col così detto secondo problema di balistica: cioè deducendo il movimento a trottola del proietto intorno al suo baricentro, al quale movimelo il progressivo abbassarsi creila tangente alla traiettoria porta complicazioni e differenziazioni, che erano state da molti autori trascurate. Appena ritornata, col finire della guerra, la possibilità di dedicarsi a prove sperimentali, il Burzio riprese presso il Laboratorio di aeronautica le sue ricerche, per procurarsi 1 dati necessari allo studio delle perturbazioni che provocano come fatto riflesso la deviazione della traiettoria dal piano di tiro. Di queste laboriose misure parlano le sus note sulla .Rivista di Artiglieria e Genio e sul IdémoriaX de l'Artillerie Francale del 1928, mentre, come professore della Accademia militare di Torino, esponeva una trattazione sistematica completa del problema, che aveva esorbito tanta parte della sua attività giovanile. Intanto stabiliva con gli autori francesi dello stesso argomen¬ to, ed in particolare col prof. Esclangon, una attiva corrispondenza, feconda di impulsi e di progressi. I risultati delle esperienze ed il controllo con le misure sul campi di tiro gli permisero di riconoscere in quali condizioni l'agente derivativo raggiunge la sua massima efficienza. Così il possesso del problema, sotto 1 vari suol aspetti, si poteva dire raggiunto con una approssimazione soddisfacente; ed Egli poteva precisarlo in una monografia sul progressi del secondo problema balistico, pubblicato nel gennaio 1933 sulla Rivista di Artiglieria e Genio, e più tardi in un trattato composto per incarico del Ministero della Guerra. Se si pensa che, proprio in quel periodo, dal 1920 al 1930, si succedevano i volumi di sfogo intimo delle sue aspirazioni intellettuali verso quella forma dì egemonia del pensiero e della personalità, che designò col nome di demiurgo, non si può a meno di rimanere sorpresi di così vasto eclettismo. Ma in fondo un legame fra le manifestazioni apparentemente contraddittorie del suo ingegno lo rivela uno dei volumi della serie demiurgica: il terzo, intitolato Scritti scientifici premio Montjon 1928 dell'Istituto di Francia. Il giovane scrittore dettava in certo modo le sue Confessioni, mentre concretava le conquiste, che gli erano costate tanta nobile fatica. E nello stesso periodo, nel 1926, l'Accademia di Torino accoglieva una sua nota di argomento economico, presentata da Giuseppe Prato, dal valoroso economista che ha dato tanta luce di studi e di insegnamenti nella nostra città e che, come il Burzio, troppo prematuramente ci è stato tolto. Quella nota sul « Concetto di residuo" in Pareto » è un anello di congiunzione fra la produzione matematica e quella umanìstica di Filippo Burzio, I residui del grande economista matematico sono nella visione del Burzio i fattori secondari, che ne! meccanismo economico e sociale provocano le deviazioni dalle leggi, che derivano dai principi della economia assoluta. Sono l'affettività e la individualità umana, che possono differenziare l'individuo dallo schema dell'uomo economico, e modificarne alquanto il modo di operare. La base tecnica degli studi, dai quali la attività del Burzio prese le mosse, è stata dunque per lui un'efficace orientazione del pensiero, e lo è di fatto, indiscutibilmente, per ogni popolo; ed ha molte cose da insegnarci in tutti i tempi e particolarmente in quello che stia» mo vivendo. • - Modesto Panetti I funerali di Filippo Burzio avranno luogo stamane alle 9,30, partendo dalla Galleria San Federico. Il corteo percorrerà via Bertela, via Roma, via Maria Vittoria, sino alla chiesa di San Filippo, dove sarà celebrato l'ufficio funebre.

Luoghi citati: Pareto, Torino