L'ipocrita felice

L'ipocrita felice L'ipocrita felice L'abbiamo alfine, quell'antoogia di Max Beerbohm di cui milio Cecchi da gran tempo ribatteva le orecchie, e comrendiamo adesso come il vechio scrittore Inglese (sir Max eerbohm è nato nel 1872) fose l'ideale del toscano, e l'arte ua gli servisse di specchio e modello. Nata nel decadentimo di fine Ottocento, fra scar Wllde, George Moore, e a rivista The yellow book, la maniera di Beerbohm ricorda uel gusto, ormai dissueto, di stetismo, di fiorettatura stilitica, di galanteria un po' perersa, di fantasia tra macabra faticosamente ingegnosa, ch9 ende oggi illeggibili tanta paine di allora. Dorlan Gra> ha n bel comparire sugli schermi: lo' sentite ' vuoto, aecco, artilaginoso, impolverato, e il uo ritratto sbiadisce. Badate he D'Annunzio è di quel temo, adoratore di quei ninnoli travaganti, ma l'odor di femmina, qualcosa della natia bararle abruzzese che sopravvie al patchouli e agli altri proumi della Roma bizantina, lo alva: è la pacchianeria proinciale, li suo rozzo istinto, a rarlo alla riva. Donne vere, In Wilde e nei suol amici (salvo Moore) non ne trovate, bensì febi languenti, e persino Saome mi è sospetta... Sir Max n'è la riprova: piliate L'ipocrita felice, che dà titolo alla raccolta (a cura i Emilio Cecchi e Aldo Camerino, ed. Bompiani, L. 300) troverete delle figurine di cea da museo Tussaud in richi e talora curiosi costumi e panneggiamenti: il lord dissouto che s'innamora della donella, e respinto da costei aneante a un corteggiatore dalangelico viso, 'compra una maschera celestiale, conquista osi la ragazza, sinceramente ama, e il giorno che una vechia amica trascurata lo insegue e gli strappa la maschera, l viso ne ha preso l'Impronta. Vicenda dolciastra, ambigua, artefatta, che non puoi prender sul serio (s'intitola appuno € Favola per gli uomini stanchi ») e che scopre il meccanismo simbolico. Né maggior sostanza ha il racconto A. V. Laider, tutta una mistificazione sulla previsione di una catastrofe ferroviaria letta nelle linee di una mano; o la satira del due scrittori rivali, Malthy e Braxton, coppia ce- TewreycT^u''nimiiiiqca^ pena più saporita, la storia di Enoch Soames, poeta maledetto, il quale grazie a un patto col diavolo, legge in anticipo di un secolo, la sua sorte letteraria, e trova sgomento che i manuali del 1997 non ne racchiudono il nome! Né il giocatore Pethel, convince meglio del Drago di Bay Hill, fantasticheria preistorica alquanto stiracchiata. Bozzetti alla maniera di Charles Lamb, Una reliquia e Guglielmo e Maria, provano che sir Max ambirebbe a tessere dei sentimenti, producendo dei poemetti In prosa. Cecchi gli fa, di un colpo di coda, seppellire Anatole France (1 Pingouins, La rótisserie, ohibò!) Courteline (Le traili de 8,47, ahimè!) e Willy (questo glielo lascio stritolare volentieri, purché sia ben chiaro che si tratta proprio del panciuto Willy, e non della deliziosa Colette, intenta a fiutare il maschio • e ad abbracciar la natura). Nella sua lunga prefazióne, Cecchi si prodiga in elogi e riferimenti, da Pope a R. L. Stevenson, tutti scrittori d'arte talora squisita, ma senza fondo, voglio dire senza passioni, o interessi gravi. Ciascun critico ama ciò che gli somiglia, ed è naturale che Cecchi scopra oggi le sue batterie. Quando uscirono i fiori di vetro di Qualche cosa, e poi le Corse al trotto, - e magari Messico, Et in Arcadia ego, quella sua perfezione formale, abilità di descrittore chef, si annoia, astuzia di funambolo, faceva sospirare un po' di/storia, di polemica, di biografia, di curiosità per gli uomini. Imperterrito, Cecchi ricamava, alluminava, gettava qua un nome e là costruiva un'immagine, e giunti al momento di raccoglier le vele, ben poco si era catturato. Ora si trincera dietro Lamb, 1 cui Saggi di Elia, sono tra le più sottili divagazioni della letteratura inglese: non vede però ch'esse presuppongono un'aura romantica, una malinconia schietta e sincera, anziché il gusto un po' arido di giocare con le frasi, eh ' egli .condivide con Max Beerbohm. (^Lasciateci divertire » era urPlempo il ritornello di Aldo Palazzeschi, di un Palazzeschi anteriore a quelle Sorelle Materassi che con "La Velia di Clcognanl, sono il più recente e colorito frutto del realismo toscano. E come divertimento, balletto letterario, L'ipocrita /elice e gli altri racconti, hanno una loro giustificazione, e, in certe parti, della grazia. Dubito però che l'estetismo che li ispira, sia oggi sentito, giacchè riposa su una tecnica della mistificazione, e su un'arte della composizione, ormai lontane dal nostro gusto, e proprie a tempi felici ed oziosi. Vero è che i trastulli degli ermetici, pseudo poeti e pseudo critici, hanno messo radice e prosperato fra ■ na dittatura e una guerra, 11 che starebbe a provare che la letteratura epura», è anche un'eccellente ricetta per dimenticare. Buona fortuna, dunque, al» l'antologia di sir Max. Arrigo Cajumi

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