I comunisti sconfitti dopo due giorni di tumulti di Domenico Bartoli

I comunisti sconfitti dopo due giorni di tumulti ALL'ASSEMBLEA FRANCESE I comunisti sconfitti dopo due giorni di tumulti .{Dal nostro inviato speciale) Parigi, 14 gennaio. I comunisti hanno perduto la nuova battaglia parlamentare che avevano impegnata certamente senza speranza di vittoria, ma con grande accanimento. Sconfitti, hanno lasciato il campo solennemente, come fanno spesso dopo una battaglia perduta. Sono «esciti dall'assemblea, in folta e dir sciplinata schiera, seguendo il piccolo Duclos, tutto rosso in viso dopo tanta discussione, il ricciuto Thorez e il vecchio Cachin, il decano del loro partito e di tutta la Camera. Storia di due giorni La storia di queste due tumultuose giornate non tornala vantaggio del Parlamento scredita pericolosamente l'isti tuto e gli uomini che lo rap presentano, come certo si proponevano i comunisti, ha vertenza è nata da una questione di regolamento e si è andata via via complicando e arricchendo di motivi polemici e di sottilissime distinzioni giuridiche. Cercherò di spiegarla brevemente. Eletto il presidente, ieri, nella persona di Berriot, bisognava eleggere l'intero ufficio di presidenza, i vicepresidenti, i questori, i segretari. La Costituzione stabilisce che l'ufficio rifletta la situazione dell'assemblea, sia, cioè, proporzionale alla forza dei gruppi parlamentari. Per questa ragione i comunisti dicevano: spetto a noi, che siamo il gruppo più numeroso, ti posto di vicepresidente aneiano, che in/otti ci avete assegnato l'anno scorso eleggendo Jacques Duclos. Ma la Costituzione prevede che, in caso di scioglimento dell'assemblea, il presidente o, se questi è impedito, ti vicepresidente anziano diventi capo del governo. Perciò, se l'assemblea fosse sciolta e Berriot non potesse assumere la presidenza del consiglio, Duclos diventerebbe capo del governo di diritto. La maggioranza voleva evi tare un simile rischio e proponeva un ufficio di presidenza nel quale Duclos venisse tra i vicepresidenti come tèrno non più come primo. I comunisti si opponevano, e anzi ritiravano le candidature dei loro compagni, perchè secondo loro, la Costituzione veniva violata. €L'ufficio di presidenza non riflette la situazione dell'assemblea, non è proporzionale alla forza dei gruppi parlamentari », dicevano, so stenuti dal fatto che uno dei loro, Marcel Cachin, dirigeva i dibattiti. Ieri sera Cachin si era appellato direttamente al Presidente della Repubblica perchè, come custode della Costituzione, impedisse che la legge fon■ damentale dello Stato fjsse violata. .Aurtol ha risposto oggi che doveva decidere l'assem, bìen, e che solo dopo un voto si poteva ricorrere a lui. Il Presidente della Repubblica, dicevano stasera a Palazzo Borbone, ha seguito i dibattiti per mezzo di uno speciale impianto che lo collega all'assemblea e ad un certo momento, impressionato dall'andamento della discussione, avrebbe manifestato l'intenzione di vedere i presidenti dei gruppi parlamentari. Ma alla fine il suo intervento non è risultato necessario. Poco dopo Je S di questo pomeriggio, Cachin, decano per età, ha aperto la lunga seduta. Subito sono cominciate le contestazioni e gli incidenti, via via più gravi. La maggioranza ha respinto persino il processo verbale della seduta di ieri, affermando che il presi dente provvisorio era andato al di là dei suoi poteri. Poi la questione procedurale è stata girata e rigirata in tutti i sensi e da tutti i punti di vista Duclos, che sostiene il peso della lotta per la parte comwnista, grida ad un certo momento: «La maggioranza i minoranza nel Paese. Il suo potere non può durare ancora molto: per ora faccia a suo piacimento. Ma non si possono obbligare i comunisti a figurare su una lista di candidature che viola la Costituzione». Una prima proposta comunista perchè l'elezione dett'uffi- cègpditttonsnvcatr1lgepcprcudlsdliMdhpmiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiniiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiMiiitiiiiiiii ciò di presidenza sia rinviata è respinta con grande maggioranza. Nel frattempo si provvede ad affiggere la lista delle candidature, nella quale i comunisti sono inclusi, contro la loro volontà, per rispetto al criterio della rappresentanza proporzionale. Duclos si oppone e sulla sua opposizione si vota di nuovo, dopo una serie di incidenti e di alterchi nei quali Cachin viene coinvolto dal centro e dalla destra, che lo accusano di parzialità a favore delle tesi e degli oratori comunisti. L'assemblea respinge con 388 voti contro 18S l'opposizione di Duclos alla lista proposta dalla maggioranza, che viene perciò eletta. Ma Cachin ai rifiuta di proclamarla. L'uscita in massa A stento la sua voce di vecchio, aiutata dall'altoparlante presidenziale, riesce a superare ti tumulto dell'aula. Egli dice che non può proclamare una lista eletta in violazione della legge costituzionale. Poi l'anziano agitatore si alza, discende lentamente la scaletta della presidenza ed esce dall'aula con tutti i suoi compa- iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinitiii gni. Dopo un breve intervallo, la seduta riprende, ed ora presiede il radicale Viollette, che, per età, viene subito dopo Cachin. Viollette legge e proclama la lista dell'ufficio di presidenza, che comprende, come vice-presidenti, ti socialista Lejeune, i comunisti Duclos e signora Braun,'un rappresentante cattolico e uno della destra. Poi dichiara costituita l'assemblea nazionale per Vanno 1948. Se è possibile trarre una conclusione politica da tanta confusione, dirò che certe allusioni di Duclos, l'ostinazione della maggioranza nel voler escludere dal posto di vicepresidente anziano ti capo-Vòmunista ed in genere gli umori dell'assemblea e dai corridoi, fanno ritenere possibile quello scioglimento détta Camera che De Oautte chiede da circa tre mesi. Le estreme lavorano concordi in questo senso.'E da ultimo può darsi persino che la terza forza, constatando di non poter governare, raccolga la sfida e provochi le nuove elezioni. E' soltanto un'ipotesi, forse arrischiata, ma si doveva accennarla. Domenico Bartoli Ltnccabaerrncnepdqpiliiiiii

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