IL FINTO RISVEGLIO DI CIRIACO DE MITA di Ernesto Galli Della Loggia

IL FINTO RISVEGLIO DI CIRIACO DE MITA L'OFFENSIVA DELLA SINISTRA PC IL FINTO RISVEGLIO DI CIRIACO DE MITA NEL dibattito sulla legge che regolamenta l'emittenza radiotelevisiva la sinistra democristiana ha confermato - ed anche accentuato - il suo ritorno sulla scena nel ruolo di protagonista, che già si era annunciato qualche settimana fa con il deciso appoggio da essa offerto all'iniziativa per i referendum elettorali. In feroce polemica con Andreotti, Forlani e Craxi, la sinistra de dapprima è riuscita a far approvare alcuni emendamenti alla legge sull'emittenza, e quindi, non essendole stato possibile lo stesso su altri punti, è giunta a ritirare i «suoi» ministri dal governo, creando una spaccatura nel proprio partito che non ha molti precedenti. Una stagione da protagonista, dunque. Ma forse dietro questa apparenza la realtà è ben diversa, addirittura opposta. Forse l'attivismo presente è nient'altro che il sintomo di una crisi sempre più ampia alla quale la sinistra democristiana appare destinata e di cui essa più o meno oscuramente avverte di essere già preda. Se ciò è vero, allora l'agitazione di cui in queste settimane fanno mostra Ciriaco De Mita ed i suoi amici dovrebbe essere interpretata solo come il desiderio di uscire dall'angolo prima che sia troppo tardi, di dare l'impressione di essere vivi per impedire che venga il sospetto di una loro virtuale morte politica, j Ragioni per un simile p<jico allegro presagio non mancaho. Gravemente indeboliti, infatti, sonò i due principali assi sui quali la sinistra democristiana ha costruito la propria presenza sulla scena italiana, e cioè lo statalismo e il partito comunista. Al di fuori di un rapporto con lo Stato, inteso soprattutto come economia pubblica e relativi enti pubblici, così come al di fuori di un continuo rapporto di dialogo-gioco di sponda con il pei, l'esistenza politica della sinistra democristiana dell'ultimo trentennio non sarebbe neppure pensabile. In questo senso, e per lo meno in certa misura, è dunque vero che, come essa sempre si è vantata, la sinistra democristiana ha rappresentato l'anima più vera della de. Essa, infatti, è stata come un compendio alla massima espressione di alcuni caratteri peculiari dell'espe¬ rienza politica di tutta quanta la democrazia cristiana. Storicamente infatti è con la sinistra de, e grazie alla sinistra de, che il solidarismo popolarepopulistico del partito cattolico, e la retorica antiborghese e antindividualistica del suo sfondo ideologico, si sono fatti concretamente Stato, sono diventati articolazioni reali di un potere reale. Dietro l'uso spregiudicatamente politico delle Partecipazioni statali, avviato in grande stile tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, dietro la rottura dell'egemonia liberal-liberista sulla politica del Tesoro rappresentata fino allora dalla linea Einaudi-Pella, dietro l'avvio di multiformi politiche «sociali» intese in realtà più che altro a costruire consenso per la, de con una congrua manovra della spesa pubblica, dietro la costruzione di un sistema di informazione radiotelevisivo «pubblico» (ma in realtà di assoluta obbedienza partitica): dietro ognuna di queste tappe fondamentali della costruzione del regime democristiano, della compenetrazione statuale del partito di maggioranza, c'è stata sempre, in posizione decisiva, la sinistra democristiana. In questa sua opera il gioco di sponda con la sinistra esterna di turno (il partito socialista tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, da allora in poi il pei, ininterrottamente) è servito alla sinistra democristiana non solo come arma efficacissima di lotta interna, per delineare di continuo più o meno vaghi scenari di «apertura» alternativi a quelli messi in piedi dai propri rivali, e per logorare con ciò questi ultimi, ma anche per rafforzare con una sorta di amplificato effetto di ritorno - l'eco ideologica delle proprie scelte politiche, invariabilmente di segno antiliberale, anticapitalistico, consociativo-statal-dirigistico. Come si vede, il tratto indigeno, specificatamente italiano di tutto ciò - di «laboratorio italiano» direbbe un comunista nostalgico degli Anni Settanta - appare fortissimo. Ma proprio questo tratto così specificatamente (pateticamente anche, per certi versi) nazionale è alla fine ciò che non può non gettare tutto il quadro Ernesto Galli della Loggia CONTINUA A PAGINA 2 PRIMA COLONNA

Persone citate: Andreotti, Ciriaco De Mita, Craxi, Forlani, Pella