Metti una sera in scena Cavour

Metti una sera in scena Cavour Gli eterni problemi del teatro e un dibattito parlamentare dell'800 Metti una sera in scena Cavour Quel «copione» inedito di Giovampietro I ritorna tra le mani, e non vuol saperne di rimanere chiuso in un cassetto, un copione inedito di Renzo Giovampietro con un titolo malinconico {Fine della Reale Compagnia Sarda) e un sottotitolo che si allarga maligno fino all'attualità stretta (Teatro e potere politico nel Piemonte di Cavour). E' una proposta che dobbiamo alla felice voglia di studiare il passato da parte di un attore che, a differenza di tanti lugubri bogianen, non si vergogna di vantare radici piemontesi, almeno d'elezione. Giovampietro firmò con Antonello capobrigante uno dei primi successi del repertorio contemporaneo allo Stabile torinese; si legò d'amicizia con Peretti Griva, Galante Garrone e Casalegno, che considera maestri; occupò con i giovani del Teatro Zeta il Gobetti difendendo così dagli attacchi della censura una rievocazione del prete scomodo don Milani; in provincia, a Vigone, ha rifondato un teatro d'epoca, portando ovunque i suoi lavori di oratoria e di denuncia. Nel '59-60 Giovampietro rintracciò e copiò a mano il dibattito avvenuto nel Parlamento Subalpino il 13 e il 27 marzo 1852, che riguardava la sorte della Reale Compagnia Drammatica Sarda costretta all'annichilimento dopo che le fu tolta la sovvenzione governativa. Antagonisti del dibattito, condotto secondo le regole della più dotta retorica, furono Cavour e Brofferio. Bastava mettere di fronte l'uno all'altro gl'interventi di questi e altri autorevoli parlamentari per avere un esauriente dibattito sulla funzione dell'arte e sul posto che deve avere in un programma ministeriale. Primo auditore della sua rielaborazione fu il critico di La Stampa Francesco Bernardelli, che conosceva il dibattito e si dichiarò divertito all'eventualità di una sua messinscena. Brofferio che non chiede marmi e bronzi per i grandi ma un repertorio facilitato dalle sovvenzioni, anticipa forse Paolo Grassi che si batte per il teatro pub- blico preso tra il facile liberismo dei conservatori e l'altrettanto facile oltranzismo dei contestatori. Di conseguenza il copione finì sulla scrivania del «gemello» di Grassi, Giorgio Strehler, che ha tuttora confermato la sua disponibilità. Tornando a Torino e allo Stabile, il presidente Giorgio Mondino che ha un'esperienza di parlamentare, a sua volta non si è mai dichiarato lontano da un allestimento. Ma chi si deciderà? Per di più' il copione, sfumando con il tempo certi atteggiamenti radicali, oscilla con bella ambiguità avvicinandosi ora all'abolizionista Cavour ora al protezionista Brofferio perché la situazione del teatro pubblico ci dà continui spunti divertenti e odiosi per un aggiornamento sia ideologico sia concreto. Ma di che cosa si discusse nelle lontane sedute subalpine, quando non si era ancora spento il dolore per la caduta delle illusioni quarantottesche? Presidente del Consiglio è d'Azeglio, ministro delle Finanze Cavour, mentre Brofferio siede ribollendo sui banchi dell'opposizione. Vittorio Emanuele I, Carlo Felice e Carlo Alberto hanno per una trentina d'anni finanziato la Reale Sarda, una compagnia con caratteristiche stabili che rinnova e migliora il repertorio abolendone le brutture come Alvaros mano di sangue, I venti re all'assedio di Troja, Gli esiliati in Siberia. Ora il suo direttore Domenico Righetti chiede la riconferma delle 25 mila lire annue di sovvenzione mentre il Parlamento deve riarmare Casale con una spesa di 3 milioni. C'è chi allenta pesanti battute in chiave strettamente liberale come Giovanni Battista Michelini, il quale profetizza che la smania dei gioverai d'ingerirsi dappertutto «quasi gli uomini fossero bimbi in fasce, rende invece gli uomini bimbi ed eunuchi». C'è chi fa del moralismo, così persistente anche ai giorni nostri quando si parla di spettacolo, e rifiuta «perché ognuno deve divertirsi a spese sue e non tocca alle province pagare i piaceri della capitale» (Francesco Bastian, deputato savqjardo, intervento in francese). Il crescendo di pretto stampo teatrale avvalora l'ipotesi d'una messinscena. Cavour si erge per tratto e per acume al di sopra della folla di protestatari, poiché vorrebbe mediare tra le due posizioni promuovendo la sussistenza dell'onorevolissima compagnia senza scendere direttamente al patteggiamento del sussidio. Brofferio si batte da leone con momenti di prosa ispirata. Grida che se la questione si fosse posta nel momento della guerra per l'indipendenza italiana, «io avrei fatto in pezzi tele, marmi e bronzi per convertirne i frantumi in proiettili e barricate, e avrei adoperato le pagine di Alfieri a far cartuccie per le carabine di Garibaldi». Ma siamo in pace e i modelli illustri non mancano: l'umano intelletto fu notoriamente patrocinato da Pericle in Atene, Augusto in Roma, Cosimo de' Medici in Firenze, Luigi XIV in Francia. Un ultimo guizzo di retorica («Tolta ogni consolazione della mente e del cuore, questo paese diventerà una caserma, o un convento, o una ragioneria»). Infine un vis-à-vis con l'oppositore di sempre: «Anch'io, onorevole Cavour, aborro i privilegi, ma questo non è un privilegio è una sovvenzione». Il testo stenografico giunge senza pausa alcuna all'ultimo atto. Ecco Amedeo Cavina evocare fantasmi di cittadini abbandonati in Sardegna o nelle valli in uno stato che rasenta la barbarie, eccolo inventarsi un Principe di Galles che finanzia i teatri per conoscerne le canta trici e le ballerine. La battaglia di Brofferio è perduta e la Reale Sarda, alla stregua d'una commedia nera goldoniana, si dissolve l'ultima sera di carnevale del 1855. E oggi? Giovampietro si dichiara entusiasta dell'istituto parlamentare, si professa seguace di Brofferio (o Paolo Grassi). Ma, «dati gli scandali innumerevoli» forse augurerebbe un novello Cavour al nostro teatro pubblico. Piero Perora Un grande attore rintraccia e ricopia a mano la disputa sulle sovvenzioni a una compagnia drammatica avvenuta al Parlamento Subalpino nel marzo del 1852. E' uno specchio sorprendente e dolorosamente attuale del rapporto tra arte e politica. Ma nessuno lo ha rappresentato Torino. Una storica immagine di Palazzo Carignano Cavour al tempo del dibattito parlamentare con Brofferio sul teatro a , i i bstcsGtse Renzo Giovampietro rilegge il suo copione inedito «Fine della Reale Compagnia Sarda»: lo metterà in scena Strehler?