Tokyo cerca casa in Italia

Tokyo cerca casa in Italia Banche e industrie del Sol Levante ora guardano al nostro settore immobiliare Tokyo cerca casa in Italia Nel mirino Roma, Milano, Firenze e Torino MILANO. Non siamo ancora certo ai livelli americani, ma anche in Italia la «valanga gialla» sembra dietro l'angolo. Mentre a New York e nei grandi centri Usa i giapponesi hanno scatenato un'offensiva senza precedenti per mettere le mani su grattacieli e interi complessi edilizi (in poche ore si sono tinti di giallo il Rockefeller Center, uno dei simboli del capitalismo americano, e un imponente complesso per uffici a Houston), da noi i «signori dello yen» stanno affilando le armi, almeno sul fronte immobiliare, perché su quello industriale l'attacco è già partito da tempo. In campo immobiliare, secondo quanto riferisce l'ufficio studi della Gabetti, l'attenzione è concentrata soprattutto a Milano e, in misura minore, a Roma: ma sondaggi vengono fatti anche a Torino, Genova, Bari e Napoli. La «grande marcia» non sembra, per ora, trionfale. In tutte le città infatti gli uomini delle immobiliari o delle holding giapponesi ricevono quasi sempre due opposti segnali: da un lato la sorpresa di trovare prezzi molto al di sotto non solo delle loro città, ma anche delle altre capitali europee. Di fronte ai 30 milioni al metro quadro di Londra e Parigi, i 15-18 milioni del centro di Milano o Roma appaiono sicuramente un affare. Ma c'è accanto la delusione di una offerta piuttosto limitata e inadeguata: le case, gli immobili dei centri storici italiani sono in genere vecchi, in condizioni trascurate. Finora l'«assalto» sembra contenuto. L'unica operazione di rilievo è stata messa a segno dalla Regent My Fair e riguarda l'acquisto di un palazzo milanese in via del Gesù. «Ma da qualche mese a questa parte — dicono alla Gabetti — c'è un crescente movimento di uomini di affari giapponesi; vogliono conoscere • tipologie, prezzi, condizioni edilizie, collegamenti con le altre città centro-europee e mediterranee. E' vero che ò in corso una politica di dismissione da parte degli enti previdenziali e assicurativi, ma l'offerta resta sempre piuttosto bassa. Anche perché sono pochi gli immobili con almeno 5000 mq, quelli cioè da loro più richiesti». I motivi di questo interesse sono essenzialmente due: «Costituire uffici di rappresentanza e filiali — spiegano alla Gabetti — e fare puri e semplici investimenti». Ma i contatti li svolgono anche le banche giapponesi presenti a Milano (una decina). Nel capoluogo lombardo le zone più richieste sono quelle di via Montenapoleone, via Manzoni, piazza Cavour; la Sanwa Bank, la quinta banca del mondo con oltre 311 miliardi di dollari di depositi, aprirà il 20 novembre la propria sede in via Turati. A Roma le zone più battute sono invece tra via Condotti e Piazza di Spagna (proprio all'incrocio la Sogo, la catena di grandi magazzini, ha recentemente comprato il pia¬ no terra). • Ma l'appetito giallo non si ferma qui. Il 1989 infatti potrebbe essere ricordato anche nella storia della finanza italiana come l'«anno del Giappone». Dall'inizio dell'anno infatti le joint ventures o formule analoghe sono state quasi un centinaio. Nel lungo elenco spiccano nomi sconosciuti accanto a quelli più noti anche in Italia, quali Yoshida, Mitsui, Akada, Canon, Takeda, Nikkai, Mitsubishi, Nippon, Honda, Fuji. Le formule di intervento sono le più varie (per lo più si servono di aziende italo-giapponesi precedentemente costituite, quali Yoshida Italia, Sony Italia, Takeda Italia, ecc.) e anche i segmenti di mercato sono i più vari. Si va dalle chiusure lampo alla produzione di pelle artificiale, di macchine utensili, escavatori idraulici, farmaci, strumenti musicali, pellicole di nailon, batterie per auto, inchiostro per stampa, parti per motociclette, materiali plastici, fotocopiatrici. Zitte zitte, inoltre, oltre ai grandi imperi industriali, stanno approdando in Italia anche le grandi istituzioni finanziarie e i colossi dell'intermediazione. Dall'aprile dello scorso anno opera a Milano la Nomura, ma nei prossimi mesi anche Daiwa, Nikko e Yamaichi (esperta quest'ultima in fusioni societarie) trasformeranno in filiali i loro uffici di rappresentanza. Per quanto riguarda le banche anche la Dai Ichi Kangyo, che è la più grossa banca mondiale per giro d'affari, ha già ottenuto da Bankitalia il nulla aosta per l'apertura di una nuova filiale, mentre altri giganti (dalla Bank of Tokyo alla Mitshubishi bank) hanno già fatto il loro in¬ gresso da tempo. Per ora si tratta complessivamente di un giro d'affari limitato, dell'ordine di centinaia di miliardi, che si affianca a un interscambio tradizionale che ha mostrato segni di vivacità negli ultimi tempi. Non a caso l'Ice ha costituito a Roma un apposito «sportello Giappone» per seguire da vicino questo fenomeno. Tradizionalmente infatti banche e finanziarie giapponesi fungono da teste di ponte per accordi commerciali e industriali spesso di vasta portata. Non a caso fra i progetti della Daiwa c'è quello di favorire joint ventures italo-giapponesi. E sempre a Miano, che è un po' la porta di ingresso dei giapponesi in Italia, è già stata costituita la Jetro, un'organizzazine specializzata in operazioni commerciali e industriali. [c. roc] 15.3 LONDRA Hill MILANO Hill ZURIGO PARIGI uni MADRID Nel grafico le quotazioni medie delle maggiori città europee emerse all'annuale convegno della Fiabci, la federazione internazionale degli operatori immobiliari. Si tratta ovviamente di dati indicativi: a Parigi e Londra, nelle zone centrali, si raggiungono anche punte di 30 milioni il metro quadro contro i 15-18 di Roma e Milano