Valzer nei Caffè degli Asburgo

Valzer nei Caffè degli Asburgo Versi di Saba, brindisi, violini tzigani: con un gala di sapore mitteleuropeo riapre lo storico locale di Trieste Valzer nei Caffè degli Asburgo US. Marco si gemella conFlorian eHungarian TRIESTE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Una serata in onore della Mitteleuropa, nei locali fumosi che ricordano Venezia, Budapest, Vienna e invece stanno nel crocevia, a Trieste. Ieri è stata una sera di gala nel rinnovato Caffè San Marco: giri di valzer al suono dei violini, brindisi, versi di Saba. E' stata un po' la prova generale del futuro programma dello storico locale triestino, che si è gemellato con altri storici Caffè europei: quelli di Vienna (e il più "vicino" sembra essere il Caffè della signora Hawelka, sul Graben), l'Hungarian di Budapest, il Florian di Venezia. Inoltre il San Marco attende adesioni da Lubiana e Zagabria. Dopo un contraddittorio musicale tra malinconico e scatenato proposto da un'orchestra tzigana, il violoncello della graziosa signorina Elisabetta de Mircovich ha allietato un pubblico fatto di giovanotti elegantemente dimessi accompagnati da pallide fanciulle in veletta, seduti tra politici e assessori. Non è mancato uno sguardo d'attenzione tipicamente mitteleuropeo al protocollo: ai posti d'onore, accanto al sindaco di Trieste, quelli di Vienna e di Budapest, il giovane ministro della Cultura della Slovenia, il primo ministro croato. Fino a notte tarda, momenti musicali, versi di Giotti, Saba e di Carolus Cergoly recitati da Omero Antonutti, vecchio habitué del San Marco, tra coppe colme di Traminer e di Chardonnay. Oggi pomeriggio, dalle quindici in poi, apertura per tutti. Anche i «non Vip» potranno tentare di evocare gli antichi frequentatori di queste fumose sale, a ridosso della sinagoga di Trieste, proprio all'angolo con la Corsia del Barone Stadion, che ora si chiama via Battisti, denominazione priva ormai di «esprit du temps». Locali che videro la Mitteleuropa di Italo Svevo, discorsi di politica non romana ma danubiano-adriatica («Otto d'Asburgo si candida alle presidenziali ungheresi e poi, avete visto cosa succede in Slovenia e in Croazia...»). Il Caffè San Marco, data di fondazione 3 gennaio 1914, è tornato agli splendori d'un tempo dopo anni di grigiore e grazie ad una minuziosa opera di restauro, finanziata dalle Assicurazioni Generali. «Nato» quando l'Impero già stava decadendo, nell'anno in cui un giovane serbo, assassinando l'erede al trono accendeva la «scintilla dell'incendio», la Grande Guerra, il Caffè ha scandito anni difficili, i momenti di una città tormentata. «Ora tutto è tornato come prima, meglio di prima», spiega soddisfatto Mario de Vita, gestore del locale. I lampadari a boccia, stile primo Novecento, illuminano ironici affreschi liberati da dense pellicole di nerofumo, e le lucide superfici del marmo dei tavolini, belli ordinati sui loro poggiagambe di ghisa. Un restauro da qualche miliardo, ma sono soldi ben spesi per salvare un ambiente che è soprattutto civile e culturale. Immaginate una moderna caffetteria con annesso pianobar? Ecco, i vecchi Caffè, stile San Marco, sono esattamente l'opposto, una zona franca culturale, un salotto artistico, più che una semplice mescita di liquori. «Qui dentro il più ignorante conosce Musil», scherzava con i più giovani Carlo Prokosch, un distinto signore che per trent'anni aveva letto ogni giorno la «Press» di Vienna, senza dover mai comprarla, avendone sempre una copia a disposizione sui leggìi portarivista del San Marco. Caffè, quindi, come luogo di cultura. «Infatti, attorno al San Marco abbiamo formato una cooperativa di servizi culturali che intende organizzare serate di teatro, cabaret, concerti, tutto ciò insomma che si specchia nella memoria di questi strani e affascinanti luoghi di ritrovo», spiega l'attore Gianni Fenzi, che del gruppo d'iniziativa è il presidente. Sergio Canciani VU Violinisti tra specchi e lampadari a boccia del Caffè San Marco (foto Montenero)

Persone citate: Asburgo, Carlo Prokosch, Carolus Cergoly, Gianni Fenzi, Italo Svevo, Mircovich, Musil, Omero Antonutti, Sergio Canciani