Aragozzini Non si arrende, e presenta ricorso di M. Ven.

Aragozzini Aragozzini Non si arrende, e presenta ricorso MILANO. «Più di questo, non mi può succedere». Dopo un anno di polemiche che hanno accompagnato la scelta della sua società OAI per l'organizzazione di due edizioni del festival, Adriano Aragozzini sente di aver passato tutte le stazioni della Via Crucis, e quasi gli vien da ridere: «Sono fiducioso, in fondo si tratta di un fatto formale. Il Tar non ha detto che è stata sbagliata la scelta dell'organizzatore, ma che è mancata una comunicazione». Di parere opposto è ovviamente Franco Catullè, 44 anni, da vent'anni manager di Mike Bongiorno, che con il suo ricorso ha fatto scoppiare questa bomba sanremese: «Ho avuto fede nella giustizia, sono stato premiato. Siamo in democrazia e tutti quelli che vorrebbero organizzare Sanremo dovrebbero poter concorrere: ci dovrebbe essere la pubblicazione di un bando sulla Gazzetta Ufficiale, come per altri grandi lavori». Ma la matassa legale sanremese è abbastanza complicata, e il bandolo difficile da trovare. Le sorti del festival, ormai, sono in mano agli avvocati. Da Roma il difensore di Aragozzini, Mario Farina, ha già annun¬ ciato un ricorso al Consiglio di Stato, per chiedere la sospensione del provvedimento. Sostiene: «Il Tar ha detto che è stata legittima, da parte del Comune, la trattativa privata; il problema nasce per non aver comunicato il giudizio di merito a Catullè. E' un fatto cui il Comune può porre rimedio. C'è tutta una giurisprudenza in materia di cui il Consiglio di Stato dovrà tener conto: se sospenderà l'esecuzione della sentenza, sarà anche un giudizio di merito». Ma fino a che punto il Comune potrà «aiutare» Aragozzini? Da Milano l'avvocato Raffaeli!, che tutela Catullè, commenta: «Ci aspettavamo la sentenza come cittadini. Prima nell'85 e poi nell'88, il Comune non ha permesso all'"International Artist" di Catullè di partecipare alla gara. C'è un fatto certo: questa "gara informale" era viziata dall'origine, la sentenza del Tar annulla la delibera del 21 dicembre con cui si assegna il festival. E non dica, Aragozzini, che è avanti con la preparazione,: lui stesso ha detto l'anno scorso di aver dovuto far tutto in 35 giorni. E ora manca ancora tanto tempo». Annunciando che continua a lavorare per la manifestazione, Aragozzini replica da lontano: «Che il Comune debba fare un appalto non c'è scritto da nessuna parte». Purtroppo ha ragione, lui stesso ha raccontato l'anno scorso che una sua precedente proposta, nell'epoca Ravera, non era stata presa in considerazione dal Comune con la scusa di essere arrivata tardi. Mettere in piedi il festival, campione di audience televisiva, è per un organizzatore di spettacoli come una laurea ad honorem. Gli appetiti frustrati sempre più scatenano il ricorso ai tribunali e scoprono i coperchi, come l'edizione '89 ha dimostrato. Purtroppo, le regole per mettere in piedi il Festival di Sanremo appartengono alla sfera politica delle delibere e della trattativa privata, e la scelta del Comune per il festival continua a giocarsi su confini ambigui. Ci sono mille interessi, non solo economici; patteggiamenti politici, di partito e di corrente; cambiano gli assessori, si deve aspettare l'assenso della Rai che manda in onda la manifestazione. Ormai solo per caso il festival è anche una festa di canzonette. [m. ven.]

Luoghi citati: Milano, Roma, Sanremo