Che avanspettacolo, i nostri giornali di Gianfranco Marrone

Che avanspettacolo, i nostri giornali Che avanspettacolo, i nostri giornali Gianfranco Marrone BUONE notizie: in Italia si toma ad analizzare l'informazione, a sviscerarne significati e motivi, a valutarne gb sfondi culturali (spesso sconsolanti) e gb esiti pobtici (talvolta regressivi). Nonostante l'attuale gran parlai e intorno al giomabsmo, talvolta mitologico e autoglorificante, ben pochi sono stati negb ultimi tempi gb studi seri e approfonditi che hanno provato a esaminare b modo in cui b discorso giomabstico viene costruito al suo intemo, e così facendo produce precisi effetti sociab e ideologici. Si moltipbcano le ricerche storiche, sociologiche o psicologiche. Si sfoggiano sciatti agiografici. Fioriscono pamphlet pobtici e invettive apocabttiche. Ma a fronte dei palesi cambiamenti tecnologici ed economici nel mondo deb'informazione, quel che sembra ogp mancare sono proprio pazienti e lucide anabsi semio-linguistiche che - al modo dei primi studi di Barthes e di Eco - mettano in cobegamento gb aspetti testuab (dunque formab e tematici) di giornali e telegiomab con i loro esiti comunicativi. Ben vengano abora libri come quelb di Michele Loporcaro, che comugano l'intento critico con l'analisi minuziosa deba lingua adoperata dai giomab itabani contemporanei. Cattive notizie è - già dal titolo - un libro duro, polemico, volutamente irritante, che vuol trovare le ragioni linguistiche, invisibib e dunque fondamentab, che producono queb' istintivo disagio provato da tutti coloro i quab, aprendo un giornale o ascoltando un telegiornale, vorrebbero cercare di sapere e di capire quel che accade nel mondo. I principab strumenti d'infor- mazione che oggi abbiamo a disposizione in Itaba, secondo l'autore, svolgono sempre meno quella funzione di informazione e, dunque, di stimolo democratico aba costruzione deb'opinione pubblica che, secondo b dettato bluministico, dovrebbe stare aba base d'ogni pratica giomabstica. Ben più che negb altri paesi, europei e non, la stampa itabana ha- ormai barattato questa sua funzione raziocinante e pedagogica con la ricerca spasmodica di un numero sempre più ampio, ma non per questo più colto, di lettori o di telespettatori: una ricerca condotta con le armi facib debo spettacolo, dell'emotività, deb'intrattenimento, deb'immagine, del mito. Difficbe non essere d'accordo. Impossibile provare a difendere un sistema di questo genere che, anche al di là dei suoi esiti ideologici autoritari, sembra girare a vuoto in una beatitudine tristemente autoreferenziale. Altrettanto difficbe, però, è condividere l'impostazione metodologica e gb strumenti teorici adoperati da un linguista come Loporcaro: oggi superati dagb studiosi che, proprio suba scia dei Barthes e degb Eco, hanno continuato a riflettere, in un campo disciplinare limitrofo, su questo genere di problemi. Si vedano a questo proposito i due recenti volumi di Maria Pia Pezzato (Leader oracoli Assassini, Carocci) e di Annamaria Lorusso e Patrizia Viob [Semiotica del testo giornalistico, Laterza), i quab, pur avanzando analoghe valutazioni di fondo sul giomabsmo itabano, impostano le loro analisi in modo molto diverso. In essi appare per esempio evidente che distinzioni concettuali come quebe fra informazione e intrattenimento, notizia e racconto, ragionevolezza e irrazionalismo, parola e immagine, obiettività e soggettività, realtà e finzione sono da riconsiderare con estrema debcatezza, poiché molto meno radicab, e non solo agb occhi del semiologo, di quanto non apparisse ancora venti o trent'anni fa. Così, è oggi abbastanza condivisa l'idea secondo cui la famigerata obiettività giomabstica non è altro che un effetto di senso prodotto da specifiche configurazioni testuab, altrettanto costruite di altre che tendono a produrre l'effetto opposto, quebo deba soggettività. Abo stesso modo, nessuno oggi si stupisce del fatto che la prassi giomabstica sia costitutivamente narrativa: informare del mondo è raccontare quel che vi succede; esporre fatti e situazioni in una qualche forma è, sempre e inevitabilmente, un'interpretazione di quei fatti e quebe situazioni. Persistendo in neoromantiche lamentazioni suba spettacolarizzazione dell'informazione si finisce così per non comprendere b senso del discorso giomabstico dei nostri giorni. E si corre b rischio di non cogliere i meccanismi profondi del discorso in quanto tale, giomabstico o letterario, pubblicitario o politico. Anni fa, proprio per evitare rischi involutivi neb'anabsi del giornalismo, s'era proposta l'etichetta (provocatoria ma evidente) di «estetica del telegiornale». Era un modo per smetterla di parlare aprioristicamente di spettacolarizzazione deb'infonnazione, per rigettare b mito positivistico deba Verità, assumendo in sua vece l'idea - tutta linguistica - del carattere «performativo» del discorso. Dire è fare, informare è agire nel mondo, trasformandolo. È seguendo questa strada die potrebbe essere possibbe cogber veramente in castagna i giornalisti, mostrando quel die fanno, e che provocano, quando scrivono. Una cattiva notizia è una cattiva azione: non solo del mondo ma anche di chi ne parla. Le «Cattive notizie» di Loporcaro: i mass-media sempre meno strumenti di informazione, domina la caccia spasmodica al lettore, con le armi facili dell'emotività, del mito, dell'intrattenimento L'EUROPA DI CARTA Le «cattive notizie», sul fronte dei mass media, non riguardano solo l'Italia: «dovunque ci si aggiri per l'Europa della carta stampata capita fatalmente di ascoltare e leggere parole cupe», scrive Giancarlo Bosetti presentando la nuova edizione della «guida alla stampa estera» curata da Giancarlo Salemi (L'Europa di carta. Franco Angeli, pp. 206, G17). Qui l'analisi considera prioritarie questioni di democrazia dell'informazione - i passaggi di proprietà, le concentrazioni, la diffusione - e i tentativi di innovazione di formato, di stile, di linguaggio - per frenare la crisi della diffusione, indice allarmante di un indebolimento dell'«opinione pubblica». Il confronto con i giornali tedeschi, inglesi, francesi spagnoli - che Salemi delinea sinteticamente nel loro excursus storico e di cui schizza la tipologia - è essenziale per uscire dal cortile di casa, per misurarsi, senza provincialismi (o nostalgie) con i cambiamenti materiali e culturali, tecnici e politici dell'informazione. Cambiamenti per cui è anacronistico parlare di giornalismo al singolare, spiega Angelo Agostini in Giornalismi, analizzando la rete multimediale dell'informazione, dal quotidiano a internet, dalla tv al cellulare (il Mulino, pp. 208,612). Due letture da accompagnare alla Storia del giornalismo italiano riproposta da Utet Libreria, con saggi di Farinelli, Paccagnini, Santambrogio, Villa ( pp. 611, G27). Michele Loporcaro Cattive notizie La retorica senza lumi dei mass media italiani Feltrinelli, pp. 221, G14 S A G G

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