Virginia, le amiche passate sul rasoio di Mirella Serri

Virginia, le amiche passate sul rasoio Virginia, le amiche passate sul rasoio Mirella Serri M I porto dietro un ricordo dolcissimo della serata», scriveva Lady Ottoline Morrell all'amica Virginia Woolf, commentando il ricevimento da lei stessa organizzato nella sua sontuosa dimora di campagna. «Una serata veramente pacchiana», era lo sferzante giudizio di Vfrginia che si esercitava nella sublime arte della maldicenza nei confronti della lady che a suo giudizio era pure tutta puzzolente «di cipria essiccata». Però, nei suoi bigliettini affettuosi diretti all'aristocratica dal look sgargiante e dai cappellini piumati, la supplicava di concederle la sua amicizia e asseriva di non potersi effondere in troppi compumenti per via della sua timidezza. Un tipo veramente originale e bizzarro Ott (così la chiamavano) che divenne la mecenate del circolo degli squattrinati artisti di Bloomsbury. Coniugata Morrell, il suo consorte era noto per la capacità di far quattrini e per le attenzioni che dedicava alle domestiche di casa. I perfidi «bloomsberries» erano pronti anche a spettegolare su di lei, sulla sua relazione con Bertrand Russell, Berle per gli amici, basso, bruttino e con un tic all'occhio, gran seduttore che tradiva frequentemente sia moglie che amante. Nelle conversazioni ((taglia e cuci» davanti al caminetto si aggiungevano la truccatissima e vistosa Katherine Mansfield e D. H. Lawrence che in Donne in amore ebbe la sfrontatezza di mettere nero su bianco quello che si diceva alle spalle di Ott. Il personaggio di Hermione, ((prepotente e vecchia megera» dai «vestiti sudici», era così riconoscibile che il signor Morrell per anni, con la minaccia di un'azione legale, riuscì a impedire che il libro venisse pubblicato. Ottoline - destinata a morire di cancro alla mascella mentre il marito, impenitente dongiovanni pure accanto al suo letto di morte, non rinunciava ad allungare le mani sulla Woolf - per anni fu l'innocente bersaglio di un tiro a segno dove in prima fila c'erano le pungenti sorelle Stephen, Vanessa e Virginia. Ma cosa si celava dietro l'aggressività dell'autrice di Mrs. Dallowayl Una tenerezza inconfessa- ta, la cui vera natura Vfrginia forse voleva celare anche a se stessa. Amiche ambiguamente care, le ragazze di Bloomsbury e dintorni, è proprio il caso di dirlo: almeno stando al divertente, curioso, amabilmente intrigante ritratto che ne offre la saggista e giornalista Vanessa Curtis in Virginia Woolf e le sue amiche. Se nel racconto della Curtis non si dimenticano le frequenti crisi, l'alternanza di stati maniacali, l'anoressia, emerge comunque un profilo innovativo della narratrice di «Orlando», ritratta, anche tramite lettere fino a oggi inedite scritte alla sorella Vanessa, con il suo spiritaccio più libero e allegro, più bugiardo e cattivello, in azione nella vita di tutti i giorni. La voglia di fare dispetti, di passare le amiche sul rasoio affilato della sua intelligenza, la Woolf ce l'aveva fin da ragazzina, quando la sorella l'aveva ribattezzata «Billy Goat», ovvero Billy la capra. A far le spese di questo atteggiamento della scrittrice, condizionata per tutta la sua esistenza da fantasmi femminili, dalle morti premature della madre Julia e della sorellastra Stella, fu proprio Vanessa. Gelosissima del suo fidanzamento, la Woolf in una lettera descriveva il futuro marito, Clive Bell, «come uno strano essere dalla pelle rosea, con tutti i suoi tic e la risatina eccitata» e s'interrogava «se Nessa non abbia qualche difetto alla vista». Però poi evidentemente cambiava idea: durante una vacanza in Comovaglia, mentre, stremata dal parto, Vanes- sa si occupava del figlio Julian, Virginia, insinuante e maliziosa, si provava a portarle via il consorte. ((La natura duplice di Virginia, alimentata da paura e insicurezza, cominciò a manifestarsi in quel periodo», scrive la Curtis. Una natura doppia che riguardava soprattutto i suoi rapporti con le donne. «Spesso mi piacciono le donne. Mi piace il loro anticonvenzionalismo. Mi piace la loro completezza. Mi piace la loro anonimità», teorizzava la Woolf. Anticonvenzionale e ambiguo fu di certo l'intreccio assai intimo con la sensuale Vita Sackville-West. Ma un ambivalente atteggiamento segnò anche il rapporto con l'intellettuale Violet Dickinson. In una crescente intensità di toni, la ventenne Woolf la definirà (da mia donna», finendo per firmarsi (da tua amante» o cangurina che «va frugando intomo con il muso morbido e umido». Una relazione in cui anche in questo caso non mancava la voglia di tirar fuori le unghie, di graffiare, mentre Virginia piombava in acute crisi di gelosia retroattiva nei confronti di vecchie liaison di Violet che aveva 17 anni più di lei. L'amica, comunque, l'introdusse nel mondo della letteratura e fu sicuramente il primo amore a cui la Woolf si rivolgeva con non dissimulato ardore: «è sbalorditivo quali profondità - profondità vulcaniche - il tuo dito ha agitato in Sparroy» (soprannome di Virginia da sparrow e monkey, come dire animaletto sfrontato e giocherellone). Altrettanto complicato il groviglio sentimentale con Dora De Houghton Carrington che per sottolineare la propria emancipazione aveva trasformato la fluente chioma in un bel caschetto dorato. Nota pittrice, conviveva con Lytton Strachey, omosessuale che in una specie di competizione con lei non mancò di invaghirsi del marito di Dora. Entrambi i coniugi collezionavano love stories ma il numero delle signore e signorine che Ralph Carrington portava a casa era superiore a quello dei compagni di letto della consorte. Dora in questo intrigo esigeva comprensione e affetto ma la Woolf s'interrogava, crudele: «ma non sarà un po' stupida?», e poi l'accusava di diventare progressivamente «noiosa», di «essere eccessivamente casalinga», mentre le invidiava il rapporto privilegiato con Strachey. Dora Carrington sarà comunque l'amica a lei più simile, nell'alternanza ricorrente delle acute depressioni, e morirà suicida nel 1932. Virginia sul suo diario l'aveva previsto. E si awierà sulla stessa strada nove anni dopo. Un simbolo anche questo di un'estrema complicità con le donne della sua vita, per lei che già nel 1924 aveva scritto: «Se si potesse fare amicizia con le donne, che piacere - una relazione così segreta e intima, in confronto alle relazioni con gli uomini». UN INEDITO RITRATTO DELLA WOOLF: UNA NATURA DOPPIA RIVELATA SOPRATTUTTO NEI RAPPORTI CON LE DONNE, COME VITA SACKVILLE-WEST, VIOLET DICKINSON, DORA CARRINGTON Virginia Woolf Vanessa Curtis Virginia Woolf e le sue amiche trad. di Marina Premoli La Tartaruga, pp. 280, e75 S A G G

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