Americani a Roma «Thank you, Italia»

Americani a Roma «Thank you, Italia» GIORNALISTI, BANCHIERI E ANZIANE SIGNORE RACCONTANO IL DAY AFTER NELLA CAPITALE Americani a Roma «Thank you, Italia» Friedman: mio padre stava andando alle Torri, è salvo per miracolo L'ex ambasciatore Bartholomew: tutti chiamano per dare solidarietà Nessuno dice di aver paura, ma è forte il senso della «provvisorietà» retroscena Aldo Camillo ROMA OCCUPATO il telefonino di Reginald Bartholomew, occupato Alan Friedman, occupato Dennis Redmont, occupati banchieri e prelati, ingegneri high-tech e anziane signore, alla fine rispondono però: «Mi deve scusare - dice l'ex ambasciatore -, non riesco neppure a chiamare i miei figli in America. E' che sono sommerso dalle telefonate degli italiani. Politici, capitani d'industria, gente che ho visto una volta, si fanno vivi tutti. Sono commosso, sereno, anche perché l'altra sera sono riuscito a contattare i ragazzi, vivono uno a Boston l'altro a Miami ma vanno spesso a New York, tutto bene grazie». Alan Friedman ha parlato con il padre la sera stessa, alle 11. «Papà stava andando al World Trade Center, a una conferenza di superstiti dell'Olocausto. Doppia ironia, non trova? Ha visto le Torri crollare. E' fuggito a piedi, quasi tutti sono rimasti calmi, non hanno urlato, non hanno corso, hanno fatto undici chilometri a passo svelto, fino a casa, all'altro capo di Manhattan. Poi ha comprato due lattine di coca, due tramezzini con tonno e pomodoro e li ha portati a mamma. "Tranquillo Alan, sono solo un po' stanco". Questo mi ha raccontato papà. Poi ho telefonato a un mio amico avvocato, uno degli uomini più potenti di New York. Non riusciva a parlare per l'angoscia, la rabbia. Piangeva». Stanno ore al telefono, gli americani di Roma. Molti sono rimasti due giorni senza poter parlare con Manhattan, Dennis Redmont storico capo deÙ'Associated Press se l'è cavata con le e-mail, ne ha mandata una anche alla corrispondente dall'Italia del Wall Street Journal, che aveva l'hotel di fronte alle Torri ma se l'è cavata. Molti continuano a ricevere chiamate di amici italiani, e dicono le stesse cose: tutto cambiato, è più difficile, niente paura. Niente paura perché l'ambasciata senza ambasciatore dopo due giorni ha riaperto, hanno riaperto le scuole americane, non ha mai chiuso l'American Academy, dove si è appena insediato il nuovo direttore. All'American Overseas School, 600 allievi, siriani egiziani israeliani americani nella stessa classe, ieri mattina hanno controllato le auto dei genitori una a una, Dan Williams corrispondente del Washington Post è dovuto partire per Israele, e a portare la piccola Antonia a scuola è andata la mamma, Lucia Annunziata, gli insegnanti si sono riuniti con gli psicolo¬ gi e hanno deciso di far disegnare il martedì nero ai bambini. Niente paura perché anche oltreTevere «ci sono stati molto vicini - racconta monsignor Todd Lajieness, segretario del governatore della Città del Vaticano -, abbiamo pregato insieme, e domenica celebreremo una messa a Santa Susanna perché il bene prevalga sul male». Niente paura perché «lo choc c'è stato riconosce Friedman -, io ho saputo a Fiumicino dall'addetto al controllo passaporti e gli ho risposto male, non ci credo non è possibile, gli ho detto. Ma non cambierò la mia vita». «Io non ho annullato un appuntamento - assicura Bartholomew, che ora fa il banchiere alla Merril-Lynch -. Se lo facessi darei partita vinta ai terroristi». Tutto cambiato però, dice anche Bartholomew, i manager (tutti italiani) delle multinazionali frenano gli investimenti, la Coca Cola rinvia i concerti della sua campagna promozionale, la Ford rinuncia alla pubblicità, Sting non canta a Pompei, il presidente della Ap Louis Boccardi sposta gli appuntamenti con Ciampi e Berlusconi. Niente paura, certo, piuttosto un senso di provvisorietà, l'attacco ha colto l'America in mezzo al guado e anche il suo avamposto italiano non è a ranghi completi, in teoria gli Usa hanno a Roma quattro ambasciatori, ma in via Veneto la polizia protegge un'ambasciata vuota (Melvin Sembler attende ancora il gradimento del Senato), George McGovern, proprio lui il rivale di Nixon, ambasciatore presso la Fao, è in viaggio in Africa e non tornerà più, richiamato a Washington, William Sklar ambasciatore per la ricostruzione nei Balcani è stato richiamato già due mesi fa, James Nicholson neoambasciatore presso la Santa Sede ha presentato le credenziali al Papa appena ieri. E' tutto più difficile, poca voglia di uscù'e, al Pasquino, il cinema degli studenti della John Cabot University a Trastevere, danno «Week-end da suicidio» in versione originale, non pare il titolo adatto, da Jeff Blynn's in viale Parioli alle 20 e 40 non c'è un tavolo occupato, nessuno ha voglia di sushi e chickenburger, i camerieri aspettano a braccia conserte «come nostra figlia Daria e gli altri medici del New York Hospital martedì sera, fermi in piedi ad aspettare feriti che non arrivano, perché di feriti non ce ne sono quasi, sono tutti morti» racconta Alice Oxman, scrittrice e moglie di Furio Colombo. «Ero in un bar del centro, la radio ha dato la notizie mentre Furio mi chiamava sul cellulare, "vai a casa, accendi la Cnn, chiama Daria". Sono tutti molto cari con me, gli italiani non ci hanno lasciati soli. E noi avremo più bisogno di voi, dell'Europa. Prima credevamo di avere una casa, lontana ma sicura. Ora non sarà più lo stesso». Tutto cambiato anche per le anziane, deliziose signore come Marjorie Weeke, decana dell'Istituto pontificio per le comunicazioni, e per le sue coetanee che anche ieri sono andate a prendere il té sotto le travi di Babington's, in piazza di Spagna, un pastore protestante che ordina muffin&chutney, un ebreo ortodosso che paga 16 mila un caffé e un bicchier d'acqua, un ufficiale in pensione davanti al camino, due arabi al tavolo d'angolo, conversazioni in sussurri e sguardi sospettosi. L'ambasciata americana di via Veneto, a Roma