Terroristi in Europa, l'Fbi vuole i fascicoli

Terroristi in Europa, l'Fbi vuole i fascicoli Terroristi in Europa, l'Fbi vuole i fascicoli A Milano e Napoli le centrali italiane della rete di bin Laden Guido Ruotoio ROMA L'Fbi si accinge a chiedere gli atti delle inchieste aperte contro le cellule europee del network del terrorismo islamico di Osama bin Laden. Per il momento, l'intelligence americana ha sollecitato Eurojust, la Superprocura europea, a fornire un elenco di magistrati titolari, nei vari paesi, delle inchieste che si occupano del terrorismo islamico. Italia, Germania, Francia, Belgio, Inghilterra, Spagna: sono in questi paesi che hanno operato, negli ultimi anni, gli uomini di Bin Laden e di altre organizzazioni integraliste, soprattutto algerine ed egiziane. I fermi effettuati ieri ad Amburgo conferme¬ rebbero l'ipotesi degli investigatori americani secondo cui anche in Europa il gruppo di kamikaze di New York e Washington ha avuto una significativa base logistica d'appoggio. Milano e Napoli, negli ultimi anni, sono diventate le capitali italiane del terrorismo islamico. Le inchieste delle Procure delle due città hanno documentato come queste cellule, dislocate in vari paesi europei, sono in realtà coordinate tra loro. L'Europa, finora - anche se con alcune eccezioni: le bombe di Parigi, del 1995 -, è stata considerata una immensa retrovia per quelle cellule terroristiche impegnate in prima linea a organizzare attentati terroristici nei loro paesi, prima l'Algeria e poi la Cecenia, e a pianificare le loro strategie d'attacco contro «i nemici dell'Islam», l'Occidente. Quando Roma fu svegliata da un terribile boato, il 10 aprile scorso, al Viminale si materializzò il fantasma di Osama bin Laden. La bomba che aveva squarciato il portone dello lai, l'Istituto Affari Internazionali - fino a quando non arrivò la rivendicazione da parte del Nucleo d'Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria, una sigla terroristica italiana - per gli esperti dell'Antiterrorismo, poteva essere un segnale, una vendetta, una rappresaglia del terrorismo islamico. Sei giorni prima dell'attentato di via Brunetti, infatti, a Milano furono arrestati i componenti della cellula ita- liana di bin Laden, legata al «Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento», l'organizzazione dell'emiro Hassan Hattab che secondo i Servizi americani stava preparando (agli inizi di gennaio) un attentato alla ambasciata degli Stati Uniti. Grazie a quelle indagini, alle intercettazioni ambientali e al lavoro di intelligence, fu sventato, nel Natale scor¬ so, un attentato a Strasburgo, sede del Parlamento Europeo: la polizia tedesca arrestò cinque terroristi che dovevano imbottire di esplosivo e chiodi una pentola a pressione. E sempre grazie al lavoro investigativo di Milano, il 22 giugno scorso, a Madrid, è stato arrestato il responsabile operativo della rete europea di bin Laden, Mohamed Besakhria, alias «Meliani». L'indagine, coordinata dal pm milanese Stefano Dambruoso e dal procuratore di Busto Arsizio, Giuseppe Bettarino, era riuscita a smantellare una struttura operativa: dietro il paravento di una società di servizi forniva documenti che attestavano un'attività lavorativa per far ottenere permessi di soggiorno, reclutava «mercenari» da mandare ad addestrare nei campi paramilitari in Afghanistan e aveva rapporti con altri gruppi tedeschi e inglesi. Uno degli arrestati, Adel Ben Soltane, fu «sorpreso in compagnia di Naseen Al Sakkaf», uno yemenita che fu bloccato in Canada per detenzione di armi e di documenti falsi. Proprio in questi giorni la Procura della Repubblica di Napoli ha concluso le indagini preliminari di un'inchiesta nella quale vi erano 22 persone indagate (16 furono anche arrestate), ritenute appartenenti alla «filiale italiana» della organizzazione terroristica algerina «Takfir Wal Hidijra» che fa capo a Senousi Sofiane, Moktari Fathe, Selmani Abdelghani e Darib Nourdine. Questa stes¬ sa organizzazione era attiva anche in Canada e, alla fine del 1999, gli americani arrestarono un suo esponente, legato all'imam di Napoli, entrato negli Stati Uniti con un'auto carica di esplosivo. In quella indagine Tu coinvolta anche una cittadina italiana, Lucia Garofalo. Secondo gli investigatori napoletani, questa «rete è stata costituita per fornire asilo e riparo logistico ai membri del movimento provenienti dall'Algeria e da altri Paesi comunitari»: «La cellula italiana - sostengono gli inquirenti - opera prevalentemente a Napoli, Milano e nel Veneto ed è in costante collegamento con analoghi gruppi operanti in Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Germania e Inghilterra». I magistrati italiani hanno smantellato alcune cellule II continente è la retrovia per reclutare gli uomini