L'America corre ad arruolarsi di Lorenzo Soria

L'America corre ad arruolarsi L'America corre ad arruolarsi Volontari in coda «per difendere il Paese» I militari ipotizzano l'usò di truppe a terra Lorenzo Soria LOS ANGELES I dipendenti militari e civili del Pentagono sopravvissuti all'attacco dell'aereo-bomba sono tornati al lavoro, in mezzo alle macerie di una delle cinque ali del palazzo simbolo dello strapotere militare Usa. L'America si sente in guerra e il segretario alla difesa Donald Rumsfeld, nell' accoglierli, è stato chiaro: «Abbiamo di fronte nemici potenti e tremendi - ha detto -, nemici che intendiamo distruggere». Come e quando, ovviamente, non è stato detto, ma leggendo tra le righe delle dichiarazioni di Rumsfeld, del presidente Bush e del segretario di Stato Colin Powell si capisce che la risposta immediata è stata scartata. Gli Stati Uniti starebbero invece mettendo a punto piani per un'azione «su più versanti» e che potrebbe includere l'uso di commandos a terra. «C'è molta pressione - ha dichiarato Brent Scowcroft, il National security adviser di Bush padre ai tempi della Guerra del Golfo - perché venga effettuata un'azione in tempi brevissimi e ritengo che questo sarebbe anche il desiderio del presidente. Ma bisogna essere certi di ciò che si fa, per non correre il rischio di apparire ridicoli». Il riferimento è alla risposta di Bill Clinton quando, nel '98, in seguito agli attentati alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania, venne ordinato il lancio di varie dozzine di missili Tomahawk diretti verso i presunti rifugi di Osama bin Laden in Afghanistan e verso una fabbrica di medicinali in Sudan. Bin Laden ne uscì indenne, mentre il bombardamento in Sudan si rivelò un fiasco dal punto di vista dell' immagine. Anche alla luce di quell'episodio, l'amministrazione Bush è dunque determinata a condurre un'operazione militare che non sia solo di semplice rappresaglia, ma che possa raggiungere con successo l'obiettivo di colpire i suoi nemici alle radici. Considerata la mobilità del terroristi, si tratta di una missione molto complessa. In un libro di appunti che porta sempre con sé, Rumsfeld ha annotato una frase del Generale Dwight Eisenhower che recita: «Se un problema non può essere risolto, allargalo». Da qui l'ipotesi, avanzata da qualcuno nell'amministrazione, di bombardare l'Afghanistan, il Pakistan o altri Paesi del golfo. Tecnicamente, per il presidente Bush non sarebbe un problema. Può fare ricorso ai B-2 della base di Diego Garcia, nell'Oceano Indiano, oltre a quelli della base di Whiteman, in grado di arrivare in volo dal Missouri. Nel Golfo Persico ha poi a disposizione due portaerei, la «Cari Vinson» e la «Enterprise». Ma tra gli strateghi militari, in contatto continuo con la Casa Bianca, sta maturando la convinzione che gli attacchi dall'aria non basterebbero e che occorrerebbe inviare truppe di terra. Un compito che potrebbe essere coordinato dal Comando centrale a Tampa, in Florida, la cui responsabilità include il Medio Oriente e l'Asia meridionale e centrale. E' però dai tempi del Vietnam che le forze armate Usa sono riluttanti a correre il rischio di perdere vite umane mandando uomini a terra. La missione nel Golfo e l'intervento nei Balcani, non a caso, sono stati condotti mettendo in primo piano questa priorità. Cosa ne direbbero adesso i cittadini degli Stati Uniti? Stando ai sondaggi, l'84 per cento degli americani è a favore della risposta militare e una conferma viene soprattutto dai giovani che affollano gli uffici di reclutamento. Le forze armate Usa sono composte esclusivamente di volontari e per trovare nuove reclute sono state costrette per anni a condurre costose e spesso inutili campagne di marketing. Ma dopo martedì tutto è cambiato.