Veltroni: senza Usa niente democrazia nel mondo intero di Federico Geremicca

Veltroni: senza Usa niente democrazia nel mondo intero Veltroni: senza Usa niente democrazia nel mondo intero Il leader ds: «In questa emergenza non lasciamo sola l'America Anche io stavo dalla parte dei vietnamiti, ma che c'entra oggi? Nulla può giustificare né la violenza né gli atti di terrorismo» intervista Federico Geremicca ROMA Ascanso di equivoca, Walter Veltroni espiime il concetto con assoluta nettezza: «Se cade la democrazia americana è assai probabile che cada la democrazia nel mondo intero». E poiché conosce la «sua» sinistra, questa sinistra dagli antichi e non sopiti «istinti antiamericani», aggiunge: «Lo so che qualcuno probabilmente dirà "sì, però, l'America...". E allora chiedo: però cosa? Se ci fossero dei distinguo oggi, sarebbe una pazzia. Anch'io all'epoca della guerra in Vietnam stavo dalla parte dei vietnamiti: ma cosa c'entra questo oggi?». E non basta. Perché il più «americano» dei leader della sinistra italiana (e quante ironie ha dovuto subire per questo...) sposa decisamente una proposta che invece divide i partiti dell'Ulivo: «Personalmente, sono favorevole allo svolgimento in tempi rapidi di un nuovo G8. Sono favorevole, cioè, al fatto che non si lascino gli Stati Uniti da soli. Continuo a pensare che, tanto più in una circostanza di questo genere, sarebbe bene allargarlo, U G8. E che sarebbe bene investire l'Onu. Ma sarebbe importante una reazione che non vedesse l'Occidente in ordine sparso. Sarebbe importante mantenere un dialogo con i paesi arabi e moderati perché ad una cosa non abbiamo interesse: a dividere il mondo secondo religioni, etnie, civiltà». Onorevole Veltroni, ha già avvertito il manifestarsi di , qualche riflesso antimperialista e antiamericano? «Guardi, non voglio nemmeno parlarne. Sarebbe agghiacciante se, di fronte a quanto accaduto, la sinistra si mettesse a discutere di questo. Qui è tutto molto semplice. La capitale di un grande paese democratico viene fatta oggetto di un atto di guerra in tempo di pace. Che c'è da dire? Vogliamo riflettere se fosse opportuno o no che l'attuale animilustrazione americana fosse più attiva in Medio Oriente? D'accordo, facciamolo. Con Clinton c'era una politica vera per i punti di crisi. Ma cosa c'entra con quello che è accaduto? Proviamo a trasferire nella civilissima europa quanto accaduto a Manhattan, e pensiamo a come reagiremmo noi se stessimo a contare ventimila morti romani o londinesi o parigini». Già, ma invece è successo nella «cattiva» America. E' questo che fa la differenza, no? «Se lei mi chiede degli Stati Uniti... beh, le dico che non mi piace la pena di morte, che hanno fatto e fanno degli errori, che ci sono tante cose che non mi convincono. Ma ripeto: che cosa c'entra tutto questo? E' venuto il momento di piantarla con certe storielle sul terrorismo: nessuna forma di terrorismo ha giustificazione. E anche nessuna forma di violenza. Punto. Anzi: io metto sullo stesso piano - politicamente, s'intende - chi pratica la violenza e chi la tollera». Crede che la sinistra italiana, storicamente filo-araba e antiamericana, sia tutta su questa linea? «La stragrande maggioranza sì. Poi, certo, ci sono grandi problemi aperti: ma non c'è terrorismo che possa trarre giustificazione da quei problemi. E poi, quanto all'America... l'altra sera l'ho detto in Consiglio comunale: tra quelle migliaia di morti forse ci sono i figli e i nipoti dei soldati che vennero a liberarci e che sono seppelliti nei cimiteri della Normandia o sotto le croci bianche di Anzio e di Nettuno. Ritrovammo la libertà grazie alla Resistenza e agli americani. Vennero a liberare noi: l'avevamo persa noi la libertà, non ce l'avevano tolta loro». Che impressioni ha tratto dagli spaventosi attentati americani? «Hanno detto: è come a Pearl Harbor. Ma noi non la vedemmo quella tragedia. L'altro giorno, invece, di fronte alla tv abbiamo assistito a un dramma nel suo farsi. Un aereo, un altro aereo, una torre, l'altra torre e poi le evacuazioni, il Pentagono, l'America isolata, che è una contraddizione in termini... Assieme a quelle torri crollavano certezze quasi scontate. Dove ci si poteva sentire più sicuri che al Pentagono? La loro sicurezza era la nostra sicurezza. Ora niente e nessuno è più sicuro. Tutti noi, ora, facciamo giustamente appello al senso di responsabilità americano: ma è facile lanciare appelli stando seduti qui. Loro, in America, contano migliaia di morti: è come un Vietnam tutto assieme, ma nel giro di quattro ore». C'è chi teme una reazione durissima e paventa addirittura rischi di guerra... «E' che le guerre, certe guerre, ci sono già. Nella civilissima Irlanda si lanciano bombe contro i bambini, e poi la Cecenia, la Macedonia, la Bosnia... Da mesi discutiamo dell'impossibilità di tenere vertici internazionali, dell'impossibilità di sedersi per discutere. E' un segnale pessimo. Io direi così: che la pace non è in pericolo, ma mai come in questo momento è stata violata. Vede, a me ed alle mie figlie è rimasta impressa l'immagine di quell'uomo che al cinquantesimo piano di una delle due torri agitava una bandiera bianca. Era un uomo che si arrendeva. Quella bandiera bianca raccontava un mondo nero: e dopo gli aerei kamikaze, la strage, i crolli e le esplosioni, da oggi in poi è con quel mondo che toccherà fare i conti. Ma bisognerà farli usando tutte le armi della pace, senza la quale non dimentichiamolo mai - il genere umano è a rischio». «lo non condivido parte della politica della Casa Bianca, ma in questo momento ciò non significa nulla» «La sinistra? Sarebbe agghiacciante se in questo momento si mettesse a discutere dell'anti-imperialismo» Il sindaco di Roma Walter Veltroni

Persone citate: Clinton, Veltroni, Walter Veltroni