Le Torri sprofondano il Transatlantico no

Le Torri sprofondano il Transatlantico no LA «PICCOLA POLITICA» DI FRONTE ALLA TRAGEDIA AMERICANA Le Torri sprofondano il Transatlantico no Mastella si lamenta di aver dovuto rinviare la festa del Campanile: «Avevamo pure pagato gli stand...». Il ministro Lunardi rassicura i suoi: «In aula reStO Venti minuti nOn di piÙ» AdomatO diSCetta della JUVe retroscena Aldo Catullo ROMA NON è che le Torri gemelle non ci sono più; è che gli stand di Tuscania ci sono ancora, «e li avevamo pure già pagati», lamenta Mastella, costretto a rinviare la festa del Campanile. Lo spettacolo deve continuare; figuriamoci il Transatlantico. Berlusconi è in aula, fuori deputati palermitani discutono sulle candidature delle Comunali, Armao-Siracusa o Musotto-Cocilovo?, il ministro Lunardi tranquillizza i collaboratori: «Sto dentro venti minuti, non di più», il diessino Giulietti non attende tanto, esce a metà dell'intervento del presidente del Consiglio, guadagna la sala giornali, dà mano alla Gazzetta dello Sport, si allontana con la Rosea sotto braccio. Non è che non gli interessi; è che sono cose più grandi di (quasi tutti) loro. Parlamentari sottratti ai collegi o alle vacanze disegnano scenari alla buvette come von Clausewitz nei suoi momenti più belli, «ora tocca a Saddam, poi agli ayatollah», «che fa il Pakistan? e Kabul? che fa Kabul?», Speroni percepita la gravità del momento ci risparmia la cravatta ma non un albertodagiussano all'occhiello lungo una spanna e teorizza ai microfoni di una radio privata «l'inevitabilità della contrapposizione tra mondo occidentale e mondo orientale («ma con questo - chiosa non voglio dire che tutti gli orientali sono kamikaze»). La maggior parte parla d'altro; Adornato sfiora l'argomento, ma per soffermarsi sulla partita annullata della Juve. Forse non è provincialismo, forse è anche un modo per dissimulare l'angoscia, il senso di inadeguatezza, se ne accorge pure il leghista Cè, «le nostre parole sono inadeguate», ed è rassicurante sentire in aula che «la civiltà non può tornare indietro, le conquiste di secoli, il mondo non possono tornare indietro», ma sarebbe ancora più rassicurante se a dirlo fosse un De Gasperi, non Elio Vito. Come sempre, la tragedia restituisce le gedia restituisce le cose alle loro dimensioni, ridefinisce le leadership, ricolloca le gerarchie, il silenzio con cui non solo la sinistra segue il lucidissimo intervento di D'Alema anticipa e vanifica qualsiasi esito del congresso Ds, l'angoscia con cui non solo la destra ascolta Berlusconi segnare la discontinuità con una tradizione di politica estera e schierare l'Italia «in prima fila» segnala che qualcosa è davvero cambiato. Prova a dirlo La Russa, «cambierà qualcosa anche nelle nostre piccole cose», lo ascolta con sussiego il biondo Castagnetti di cui l'altroieri alle 17 e 21, due ore dopo l'attacco all'America, le agenzie battevano ancora la dichiarazione: «La Margherita è una scelta di fondo» (integrata dall'intuizione del professor Parisi in tv da Vespa: «Venticinquemila morti non sono pochi»). Ma no che il Palazzo non cambia, e poi perché Iole Santelh non dovrebbe continuare a baciare affettuosamente sulle guance i colleghi sottosegretari in Transatlantico, e Gabriella Carlucci, borsa argentata con scritta «Hollywood», a fare il suo mestiere, e a organizzare con un collega di Forza Italia «un evento da seiottomila persone»? Il pericolo crea solidarietà, cementa rapporti, Veltroni e Casini aprono insieme il corteo dal Campidoglio al Colosseo, migliaia di persone sfilano in silenzio dietro di loro, Berlusconi nella notte è rimasto solo al Quirinale con Ciampi e i due presidenti si sono sentiti davvero vicini; ma se si sono sentiti impotenti loro, figuratevi l'on. Testoni e l'on. Sanza, rispettivamente nipote e bastone da passeggio di Cossiga, che chiacchierano fitto in un angolo; mentre il diessino Lumia sussurra a Folena «ci hanno fottuto», e probabilmente non sta parlando di Bin Laden. E poi non si sa quasi nulla, ha appena riconosciuto Berlusconi, non il numero dei morti, non le condizioni dei feriti, non la sorte dei turisti italiani; i deputati hanno però appreso che occorrerà «una nuova sessione del G8», e non l'hanno presa bene. Piscitello e Realacci si inquietano per la sorte dei circoli Rutelli. Due colleghi della maggioranza si preoccupano per lo iato tra il Palazzo e la società: «E se arrivasse un aereo-bomba su Montecitorio?»; «In mezza Italia ci sarebbero scene di giubilo come nei Territori occupati». Filippo Mancuso dà il collegamento con Tornasi di Lampedusa e sparge scetticismo: «Chi l'ha detto che tutto è cambiato? Che banalità. Nessun giorno è uguale al precedente». E non è neanche vero che Mastella si preoccupa solo degli stand di Tuscania. «Malo sapete - confida a un capannello - che in America c'ho mia cognata?».