SINDACATI : Autonomia dai partiti

SINDACATI : Autonomia dai partiti LIBERA OPINIONE SINDACATI : Autonomia dai partiti Lo scioglimento anticipato del Parlamento sanziona, in via definitiva, l'incapacità del governo e del quadro politico che ha dominato l'ultima legislatura a dare risposte positive ai problemi della crisi ed alla esigenza di cambiamento maturata nella società italiana. L'ottimismo espresso dall'on. Moro nel suo discorso alle Camere sulla situazione economica — ottimismo che ricalca quello del ministro del Tesoro prima del 15 giugno 1975 — oltre ad essere privo di riferimento alla reale condizione del Paese indica che le ragioni strutturali della crisi ed il mutamento dei rapporti con i paesi produttori di petrolio, con la fine dell'energia a basso costo, non hanno suggerito ai dirigenti della democrazia cristiana nessuna indicazione sulla esigenza di un mutamento profondo della politica economica, della qualità dei consumi e dell'apparato produttivo. Ciò significa l'assenza di una strategia economica che punti ad un riequilibrio della condizione del Paese, attraverso la eliminazione dei redditi improduttivi e l'aiuto e lo stimolo di quella parte della società su cui può e deve basarsi la ripresa ed il superamento della crisi. Si tratta di scelte, che non possono essere indolori e che presuppongono una precisa volontà politica, un forte ancoraggio con la parte più sana della popolazione ed il rifiuto di ogni sistema di potere basato sul sottogoverno, sul favoritismo e la speculazione. Il ritorno all'equilibrio degli Anni 50-60 è ormai impossibile. Di questo debbono essere convinti il padronato e le forze moderate. Gli automatismi inseriti dal sindacato all'interno del sistema (adeguamento delle pensioni al costo vita ed ai mutamenti salariali, scala mobile, garanzia del salario per i lavoratori delle aziende in crisi) e la sua capacità contrattuale (controllo della forza lavoro, iniziativa nella fabbrica e nella società) non permettono più l'uso della inflazione come strumento di riequilibrio dei redditi a danno dei lavoratori e dei costi e ricavi. Da ciò la esigenza per il Paese di trovare la soluzione dei suoi problemi con una spinta in avanti, puntando all'allargamento della produzione e della produttività, alla ricerca di nuove tecnologie e settori di sviluppo, rapportando a tale obiettivo tutti i suoi sforzi. Perché ciò avvenga è necessario che alle disponibilità del sindacato ad assumersi responsabilità crescenti nella direzione della società e dell'apparato produttivo corrisponda un quadro politico nuovo, capace di offrire una ipotesi di sviluppo programmato che aggredisca le ragioni della crisi, offra nuove convenienze agli operatori economici, soprattutto ai piccoli e medi imprenditori, e faciliti la riconversione dell'apparato produttivo. Le grandi masse popolari sono disponibili ad una politica di austerità e di sacrifìci, ma si domandano perché e per che cosa essa debba servire. Solo un quadro politico che dimostri di dare risposte chiare e coerenti a tali domande può realizzare quella grande ripresa di tensione morale e politica che può portare il Paese fuori dalla crisi. Occorre dimostrare, e non solo ai lavoratori, di avere la volontà politica e la capacità di governo necessaria a colpire le zone di parassitismo, le evasioni fiscali, la speculazione e, nel contempo, di avere un disegno organico di sostegno dei redditi da lavoro e da impresa e per lo sviluppo delle strutture sociali e civili in contrapposto al consumismo individuale. E' un compito non facile e non breve. I partiti, che sono i protagonisti della campagna elettorale per la elezione del nuovo Parlamento, hanno davanti a loro quest'insieme di problemi e con essi devono misurarsi di fronte ai lavoratori ed alla opinione pubblica. Il sindacato unitario che riconosce ed esalta il ruolo primario dei partiti nella vita democratica del nostro Paese intende chiarire che il suo auspicio di un nuovo e più valido quadro politico non vuole essere un intervento sulle formule di governo o la richiesta di emarginazione di nessuna grande forza politica. Quel che noi vogliamo è che i gruppi che operano per il cambiamento prevalgano sui singoli partiti, nel Parlamento, negli enti locali e nel Paese. Si formi cioè un grande schieramento riformatore che diventi espressione politica della grande aggregazione che la federazione Cgil, Cisl e Uil ha determinato a livello di società, e sia in condizione di vincere le resistenze conservatrici e moderate imprimendo un corso nuovo e più avanzato alla nostra crescita democratica. L'azione tesa alla conclusione celere dei grandi contratti dell'industria e del pubblico impiego è l'espressione dell'intendimento del sindacato a togliere dal terreno del confronto politico questi elementi contingenti per far sì che il dibattito elettorale, l'impegno dei partiti e dello stesso sindacato nella campagna elettorale avvenga sui problemi nodali della società italiana. Per questa stessa ragione respingiamo ogni tentativo di drammatizzazione del clima politico. Le provocazioni, le violenze, gli assassinii sono i mezzi con i quali intendono agire coloro che hanno paura della discussione dei problemi reali, della forza e della proposta politica del movimento dei lavoratori e delle forze riformatrici, i mezzi di chi spera nella paura e nella confusione per restaurare i vecchi rapporti di potere e le vecchie scelte di sviluppo. La consapevolezza dei lavoratori in questo senso è apparsa chiara con la loro disponibilità ad assumere un ruolo attivo nella vigilanza delle fabbriche contro gli attentati. Noi siamo consapevoli che un mutamento sostanziale dell'equilibrio politico come quello da noi sostenuto comporta per il movimento sindacale la assunzione di ulteriori e più gravose responsabilità. Alla possibilità di avere la società italiana impegnata in un esaltante disegno riformatore non può che corrispondere una volontà del sindacato tesa a realizzare un più alto livello di sviluppo della produzione e della produttività e quindi di una operatività coerente nella fabbrica e nel Paese con tale obiettivo. I risultati ottenuti nei contratti per l'informazione e la discussione degli investimenti e l'occupazione possono e devono diventare uno strumento per muoversi in tale direzione. Assumere questo nuovo atteggiamento non significa dare, da parte del sindacato, nessuna delega ad un partito o ad uno schieramento di partiti. La nostra autonomia, il diritto di partecipazione, di contrattazione e di dissenso sui problemi della condizione dei lavoratori e dello sviluppo sono il risultato delle grandi lotte dal 1968 ad oggi. Essi sono un patrimonio inalienabile che rende diverso ed originale il nostro movimento, dà ricchezza ed articolazione alla nostra democrazia, garantisce la proposta autonoma del sindacato, la sua funzione di controllo e di verifica dal basso dei comportamenti del quadro politico e del padronato, assicura la organizzazione positiva del consenso delle grandi masse popolari. Quanto è avvenuto in questi giorni con lo scioglimento del Parlamento non è solo un punto di svolta che investe le forze politiche. Esso è anche il risultato della pressione e della proposta del sindacato per un nuovo corso della vita della società italiana. Siamo pronti a coglierne tutte le conseguenze positive, a combatterne le eventuali contraddizioni, ad assumerci tutte le responsabilità che il nuovo comporta. Ruggero Ravenna Segretario confederale Uil

Persone citate: Ruggero Ravenna