Commossa esortazione di Paolo VI alla gente "forte e buona,, del Friuli di Filippo Pucci

Commossa esortazione di Paolo VI alla gente "forte e buona,, del Friuli Commossa esortazione di Paolo VI alla gente "forte e buona,, del Friuli Città del Vaticano, 9 mag. «Niente disperazione, niente cecità del fato, cosiddetta!» è stata l'esortazione che Paolo VI ha oggi rivolto alla «gente forte e buona» del Friuli. «La nostra incapacità a dare una spiegazione che rientri negli schemi della nostra breve e miope logica, non annulla — ha detto dalla finestra dello studio, parlando a circa ventimila persone presenti in piazza San Pietro — la nostra superiore fiducia nella misteriosa, ma sempre provvida e paterna presenza della bontà divina, che sa risolvere a nostro vantaggio anche le più gravi e incomprensibili sciagure». Lutti e rovine sono di dimensioni tragiche, tali che «sembrano superare ogni misura e rifiutare ogni con¬ forto», Paolo VI ha affermato di «comprendere e raccogliere in silenzio riverente il grido ineffabile di questa acerbissima pena». Le notizie che giungono dal Friuli «precipitano anche sopra di noi come quelle di una rovina comune», ha aggiunto. Ha ricordato che vi sono altre calamità nel mondo, citando quelle del Libano, del Guatemala, dell'Estremo Orlent'\ dell'Etiopia e «di tanti altri punti della terra sofferente» per affermare con facile accostamento dettato dalla circostanza che il suo cuore «è come un sismografo nel quale si ripercuotono tutte le vibrazioni dell'umana passione». E' però maggiormente sensibile alla tragedia della «nostra Carnia» più vicina: «E' il nostro prossimo che piange, ebbene — ha esclamato con voce commossa — piangiamo insieme!». La sciagura comincia a far scoprire «qualche bene e non mediocre, sia anche nel male che ci colpisce». Il primo è la solidarietà per cid il dolore si fa comunitario e «nel nostro abituale disinteresse e nelle nostre contese egoiste ci fa sperimentare uno sconoscili- to amore, ci sentiamo fratel- li, diventiamo cristiani». Ed inoltre impariamo a vincere il male nel bene, cioè a far scaturire energie positive di bene dalla stessa sventura che ci affligge. Paolo VI ha citato una frase di San Paolo: «Quando sono infermo allora divento forte», per applicarla alla gente del Friuli e per dichiararla altresì «de¬ o a e e i o e a - gna del nostro popolo e della nostra civiltà cristiana, della nostra gioventù specialmente che conosce la prodigiósa fecondità del sacrificio l'austera bellezza del dolore idealizzato». Per la tragedia del Friuli Paolo VI ha completamente trascurato di fare accenno alla giornata delle vocazioni sacerdotali che oggi si celebra nel mondo cattolico. Il l- I punto dolente della Chiesa d e r i a a o pli e¬ cattolica moderna è passato così in secondo ordine di fronte alla sciagura che ha colpito l'Italia. E così è avvenuto nelle chiese, ove le prediche domenicali ed i riti sacri sono stati dedicati, per disposizione della Conferenza episcopale italiana, alla spiegazione in chiave religiosa della catastrofe e alla rac¬ colta di offerte per aiutare le popolazioni colpite. Anche la Radio Vaticana ha parlato dell'urgenza dei soccorsi e di iniziative «che non trascurino la prospettiva della ricostruzione». Ha avuto un certo tono polemico: «Una ricostruzione però — ha precisato — che non si perda in parole e ipotesi fumose, ma che divenga presto realtà. La lezione che proviene da un'altra terra povera, la Sicilia, è ancora troppo scottante per tutti. E le conclusioni che possono trarsi da questa lezione è preoccupazione e motivo di dubbio in tanti cittadini che, spontaneamente, con dedizione che sa nascere solo nelle ore più gravi, hanno offerto e offrono la propria cooperazione». Filippo Pucci

Persone citate: Paolo Vi