La maturità è in pericolo di Benedetto Marzullo

La maturità è in pericolo Mancano i commissari La maturità è in pericolo Il 40% dei docenti rifiuta la nomina: trattamento economico indecoroso Gli esami di «maturità» rischiano di incepparsi. Notizie d'agenzia informano che gran parte dei presidenti, dei commissari faticosamente nominati dal superiore Ministero, rifiutano la nomina. Accampano pretesti, ovviamente, non rischiano l'insubordinazione. Con una media eccezionale, quest'anno: il 40% sembra, con punte largamente superiori. Ai provveditorati l'arduo compito di rimpiazzarli, in pochissimi giorni, alla men peggio. L'ottusa macchina verrà certamente rabberciata: ulteriore improvvisazione, patente inattendibilità finiranno di squalificarla. A giudicare 335 mila giovani sono chiamati 35 mila do. centi, divisi in 5500 commissioni. Sono tutte esterne, come è nolo: un vero esercito, bruscamente sparpagliato per isole e penisola. Con sistemazioni di emergenza, salvo i pochi fortunati, che si rassegnino a rimanere in sede. Il costo dell'impresa è ignoto: nessun ministro ha mai saputo precisarlo, teme forse di dichiararlo. Qualche decina di miliardi, tra spese e spesucce, si può tuttavia ipotizzare. Una somma forse attraente per i magri bilanci professorii. Almeno otto anni fa, quando oltre alla «normale» trasferta, venne istituita un'integrazione forfettaria, a quei tempi non disprezzabile: 200 mila lire per i signori presidenti, 120 mila lire per i gregari. Lorde, si intende. Non sono mancati correttivi: le miserabili trasferte sono salite, assicurano un minimo di 5760 lire al giorno, un massimo (per un anziano professore d'università) di 15 mila. Alla diaria avranno tuttavia diritto soltanto quelli che si recano oltre gli SO chilometri dalla propria sede. Al di sotto vengono rimborsati a ore, con una tariffa che le preziosissime colf non invidierebbcro. L'appannaggio, per chi non viaggia o viaggia poco (non supera cioè le fatidiche 50 miglia), viene infine diminuito di un terzo. La massiccia svalutazione ha fatto il resto. Il rifiuto di quest'anno non sorprende: l'indisponibilità è divenuta sempre più vistosa, sostanzialmente dispettosa. Partecipare alle commissioni d'esame, per quanto balorde, è un obbligo: farle comunque funzionare un coscienzioso dovere, rimetterci di tasca, attendere anche un anno, per la magra liquidazione, costituisce una pretesa difficilmente tollerabile. La ragione finanziaria, goffamente accompagnata da consorterie corporative, rischia tuttavia il semplice discredito. Nella maggior parte degli insegnanti, altra e più esasperata ragione deve essere scattata. Se indecoroso è il trattamento, del tutto immotivati ormai risultano siffatti riti. La maturità viene dispensata quasi al 100%, persino la metà dei privatisti ne viene gratificata. Un'operazione, astrusa in apparenza, in realtà priva di contenuti, di finalità convincenti. Non giudica, non vaglia, non qualifica, non orienta: un gratuito cerimoniale, con sporadici quanto offensivi imprevisti. Un esercizio puramente autoritario, secondo fragili, non più che mistificatorie parvenze di legittimità. Qualche anno fa, persistendo la kermesse, rifiutandosi i responsabili di modificare, sostanzialmente trasformare lo sconcertante apparato, ci auguravamo un diniego collettivo di quanti, esecutori o vittime, ne vengono coinvolti. Non era un invito alla disobbedienza (a quei tempi prematura), ma una paradossale, impertinente ammonizione. Il grippaggio si è verificato, ma strisciante. La protesta è dura, ma dissimulata, pateticamente. Non resta che motivarla, francamente, coralmente: come si addice a dignitosi cittadini. Benedetto Marzullo