Panatta vale Wimbledon

Panatta vale Wimbledon Un terzo successo sarebbe un miracolo, ma... Panatta vale Wimbledon Un tennis classico dove la potenza si unisce a tocchi delicati e precisi - Tenuta atletica e saldezza di nervi hanno completato il campione - Dagli altri italiani a Parigi un bilancio positivo (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 14 giugno. ■Se continua a giocare così può vincere anche a Wimbledon- ammetteva sincero Jaime Fillol, forte giocatore cileno, mentre Panatta dominava Borg. E' un Panatta che ha capovolto ogni classificazione, ogni metro di valutazione. Oggi gioca il tennis più bello, più spettacolare, fatto di potenza accoppiata alla classe, al tocco. Il suo servizio è dirompente, gli permette di conquistare diversi punti anche sulla terra rossa, ma nello stesso tempo non disdegna i colpi da giocoliere della racchetta, drop-shot che cadono leggeri come una piuma non appena oltrepassata la rete, irraggiungibili anche per corridori foili come sono Dibbs e Solomon. Solo così si spiega il suo duplice successo consecutivo di Roma e Parigi. Sul successo del Foro Italico c'erano le ombre delle undici palle-gara annullate a Warwick in un drammatico primo turno, c'era poi il «pasticciaccio» del ritiro di Solomon nei «quarti» di finale. Ombre che qualcuno non voleva completamente fugate dalla spettacolare prova sostenuta contro Newcombe in semifinale e dalla lotta ingaggiata contro l'argentino Vilas in finale. Restava sul successo di Panatta l'alea di un risultato propiziato, pur con indiscutibili meriti, dal fattore campo favorevole, dal pubblico romano, dai giudici. Il «bis» a Parigi taglia corto ogni polemica. Un successo senza ombre, senza dubbi di sorta, il successo del campione più forte fra quelli in gara. Un solo momento di thrilling nel primo tur¬ no contro Hutka quando si è trattato di riprendere confidenza con la racchetta dopo tre giorni di riposo. Poi è stata un'apoteosi, fra gli applausi di un pubblico che lo ha sempre amato, anche in passato, ma questa volta lo ha eletto proprio beniamino, non fosse altro per il fatto di aver vendicato Francois Jauffret battendo Bjorn Borg, e per avere poi nobilitato l'albo d'oro della manifestazione impedendo che due giocatori volenterosi, combattivi, ma tecnica- mente poco belli a vedersi come Dibbs e Solomon vi iscrivessero il proprio nome. Con Panatta ha vinto la tradizione, il vero tennis, quello che all'efficienza e potenza fisica sa accoppiare in giusta misura talento e classe. Sul rendimento di Panatta c'era l'ombra della tenuta. A Roma si gioca al limite di due set su tre anche se senza giorni di riposo. A Parigi Adriano, pur con un calendario ben distribuito e addirittura due giorni di riposo prima dello sforzo finale consecutivo con semifinali e finali, ha dimostrato di sapere reggere anche agli incontri al limite dei cinque set. E' segno che quest'anno ha svolto una adeguata preparazione fisica, che la sua alimentazione è corretta, tanto che non gli mancano mai le energie anche se non è mai stato così tirato ed asc'utto nel fisico. Soprattutto però Adriano ha saputo raggiungere un perfetto equilibrio psico-fisico e ormai deve solo abituarsi a fare il callo allo stress da finale. Sia a Roma che a Parigi gli unici accenni di nervosismo, l'unico stato di agitazione, lo ha mostrato prima contro Vilas, poi contro Solomon. Un completo autocontrollo, impensabile che potesse essere raggiunto da Panatta, se si ripensa alle gare di Coppa Davis con la Jugoslavia a Zagabria, alle incredibili sconfitte proprio a Parigi contro Jauffret e soprattutto Dominguez. Ora Adriano parte nel pomeriggio per Nottingham dove preparerà Wimbledon. Seppure provato da una serie record di vittorie inaugurata con la Coppa Davis a Bologna e proseguita poi con i tornei di Roma e Parigi, avrà un vantaggio considerevole sulla superficie erbosa dove il suo servizio risulterà ancora più micidiale e la brevità degli scambi e l'imootenza delle volée lo avvantaggeranno ulteriormente senza sovraccaricarlo di fatica e di tossine. Ma nel successo parigino di Panatta non bisogna dimenticare la positiva prova di Corrado Barazzutti che ha superato ben tre turni prima di arrendersi a Vilas, contro il quale non ha ancora una volta saputo trovare la giusta mossa contraria. Delusione, invece per Bertolucci incappato nella sete di rivincita del belga Mignot che, eliminato nelle qualificazioni, e poi ripescato, ha superato tre turni prima di arrendersi al messicano Ramirez. Positiva l'esperienza parigina anche per Gianni Ocleppo che entrato in tabellone dopo la dura trafila delle qualificazioni si è arreso solo al quinto set contro l'americano Sherwood Stewart, quello stesso Stewart che poi a fianco di McNair doveva aggiudicarsi il successo nel doppio contro Gottfried e Ramirez. Lo stesso discorso fatto per • Ocleppo vale anche per il più anziano Mimi Di Domenico che dopo le qualificazioni ha superato il primo turno, prima di imbattersi, anche lui senza successo, contro Stewart. In campo femminile la migliore italiana è stata la genovese Antonella Rosa che ha superato due turni prima di perdere negli ottavi contro la giovane cecoslovacca Marsikova, rivelazione di Roma. Daniela Marzano si è fermata subito, essendo incappata nella tedesca Helga Masthoff. Subito fuori invece Maria Nasuelli che pure ora abita a Parigi. Le note positive per il settore femminile vengono dal torneo juniores dove Manuela Zoni ha raggiunto la finale e Monica Bertolucci è giunta nei quarti. Entrambe sono state battute dall'Inglese Tyler. Disertato dagli italiani il torneo juniores maschile. Ambrosiano Milano e Virtus Bologna hanno preferito la Coppa Croce per Risi e Rinaldini invece di una valida esperienza internazionale. Quando verranno proibiti i campionati nazionali a squadre per i giocatori di interesse nazionale sarà sempre troppo tardi. Rino Cacioppo WmÈ I I Parigi. Per Adriano Panatta si aprono le porte di Wimbledon