Gimondi ha vinto il Giro del cuore

Gimondi ha vinto il Giro del cuore Felice supera nettamente De Muynck nella cronometro vinta da Bruyere Gimondi ha vinto il Giro del cuore Il belga innervosito da un contrattempo in partenza Le ferite subite venerdì e una netta inferiorità lo hanno condannato - L'apoteosi dopo la semitappa pomeridiana (1° Tinchella) in piazza del Duomo a Milano (Dal nostro Inviato speciale) Milano, 12 giugno. C'è chi ride e chi piange di gioia, chi grida e chi trema, chi abbraccia tutti senza conoscere nessuno e chi se ne sta in un angolo, intontito da tanto caos, paralizzato dall'emozione. Ha vinto Gimondi, sembra che abbiano vinto tutti, piazza del Duomo è invasa, oggi è festa e domani anche, e lunedi nelle fabbriche e nei bar si parlerà ancora di lui, che a trentaquattro anni ha messo tutti in fila, come un maestro con i bambini. Ouel belga di cui molti storpiano ancora il nome era come un incubo, ma ora De Muynck è uno sconfitto, nessuno pensa più a lui. Forse è l'ultimo miracolo di Gimondi, sicuramente il più grosso. Ma la gente non vuol pensare che sia l'ultimo, Gimondi non finirà mai di stupire, Gimondi è una specie di bandiera, i tifosi vogliono godersi la festa, fanno a pugni per toccarlo, per poter raccontare di avergli parlato. Gimondi è diventato un campione soffrendo, senza mai arrendersi, anche se a volte contro Merckx sembrava un don Chisciotte contro i mulini a vento; ha insegnato a soffrire agli altri; è partito dal nulla ed è arrivato in alto grazie alle sue gambe, ma soprattutto grazie ad una volontà che non si arrestava contro nulla e contro nessuno. Ha dimostrato che tutto è difficile ma nulla è impossibile, perché quando credi di essere vuoto dentro, hai invece ancora un po' di energia e sei un uomo vero se riesci a trovarla, e a tirarla fuori. Gimondi è l'idolo della povera gente, che da lui ha imparato a non rassegnarsi mai. Era povero, Gimondi. Sua madre era la postina del paese, Sedrina, poche case sperdute nel Bergamasco. Due camere al terzo piano di una vecchia casa e la cucina al primo, niente riscaldamento, niente bagno: d'estate mamma Gimondi metteva un grande mastello d'acqua ad intiepidire al sole, nel cortile, e II bagno era quello. Felice faceva il camionista, non aveva ancora la patente e allora viaggiava soprattutto di notte sperando di farla franca: caricava ghiaia in un cava vicina al suo paese, aveva due panini in tasca perché le notti sul camion sono lunghe. Adesso ha la Porsche, si è comprato un vecchio castello e lo sta restaurando, ha guadagnato in dodici anni di professionismo più di mezzo miliardo, ha trentaquattro anni ma ha ancora voglia di soffrire In bicicletta e di insegnare al giovani. Stamattina il suo ritardo in classifica, rispetto a De Muynck. Era di venticinque secondi; e subito dietro Gimondi c'era Bertoglio, che aveva corso il Giro rimanendo quasi sempre nell'ombra, senza mai dare una pedalata più del necessario. Più di quattromila chilometri non erano bastati a stabilire chi fosse il più forte, ci voleva il fotofinish: una «cronometro» di ventotto chilometri, una lunghissima volata col cuore in gola. Il cuore diceva Gimondi la logica, forse, diceva De Mynck, un gregario diventato campione per strada. Campione vero. Ma De Muynck, caduto ieri in discesa, ha ferite al volto, i polsi doloranti, anche una spalla gli fa male. Si presenta alla partenza con un cerotto alla fronte e con un diavolo per capello. Non pensa più a quello stupido spettatore che giorni fa gli ha offerto una borraccia piena d'aceto, né a quel teppista che lo ha colpito con un pugno, scegliendo il modo peggiore di dimostrare il suo amore per Gimondi. Pensa a Criblori, il suo direttore sportivo, che dovrebbe essere lì con lui, e non c'è. Un tifoso gli chiede l'autografo, lui scarabocchia qualcosa e poi scaglia via la biro, con un gesto di stizza: 'Sono solo — dice con rabbia —, In mezz'ora mi gioco II giro d'Italia e mi hanno lasciato solo: Torriani si fa dare due ruote di scorta, non si può permettere che De Muynck perda il Giro per una stupida foratura. Poi invita De Bruyne a salire in macchina con lui, per dargli una mano in caso di bisogno. L'« ammiraglia > della Brooklyn non arriva, neppure la seconda vettura c'è e allora II meccanico Bettinelli ed il massaggiatore Davo salvono su un'auto privata con una bici di riserva, seguono la Maglia Rosa, come se fosse una corsetta paesana, non il Giro d'Italia, Cribiori, intanto, è bloccato a pochi chilometri da Arcore da una fila interminabile di macchine. Forse affitterebbe un elicottero, se potesse, per arrivare in tempo. Ma quando si libera dall'ingorgo De Muynck è già partito mandando al diavolo tutti. Criblori riesce soltanto a seguire Gimondi e lo fa volentieri, perché ha paura che qualche auto o qualche moto possano favorirlo. La « cronometro » viene vinta da Bruyere, un gregario di Merckx (anzi, molto più di un gregario), davanti al danese Marcussen, a Moser, Merckx e Baronchelli. Ma a chi interessa? Il vero duello è tra De Muynck e Gimondi, visto che Bertoglio a metà percorso ha già il tempo peggiore dei tre e continua a perdere terreno. E' una lotta entusiasmante: al primo cronometraggio Gimondi ha recuperato dieci secondi, De Muynck ne ha ancora quindici, cioè duecento metri, o poco più. Il belga è commovente: non ha quasi chiuso occhio, stanotte, per le ferite; è nervoso, perché non sa se in caso di bisogno verrà assistito, non ha certo tempo di voltarsi indietro e controllare. Eppure tiene duro, stringendo i denti e cercando di non pensare al dolore; non riesce neppure a stringere bene il manubrio, i polsi gli fanno male. Gimondi fila a cinquanta orari, i dieci secondi di vantaggio sul belga diventano venti, a sette od otto chilometri dal traguardo sono venticinque. Il Giro d'Italia sta finendo, ma comincia adesso, perché due corridori sono esattamente a pari merito, è come se avessero entrambi la maglia rosa. A sei chilometri dal traguardo quella maglia è passata idealmente sulle spalle di Gimondi, che ha ventinove secondi su De Muynck, cioè quattro ili vantaggio in classifica, quattro piccoli secondi che sembrano niente e sono tutto. Minuti lunghissimi. Perché Gimondi trionfi nel suo terzo Giro d'Italia ne devono passare sei, più ventisei secondi, prima che De Muynck tagli il traguardo, ma Gimondi non ha II cronometro in mano, non sa quanto tempo è già passato, le gambe gli tremano. Guarda sempre in fondo al rettilineo, dice poche parole. Intorno, intanto, il chiasso aumenta, qualcuno comincia a gridare, sono passati sei minuti e De Munyck non si vede ancora, forse è fatta. Passano anche i ventisei secondi, lentissimi, poi ecco un boato, la gente impazzisce. Quando De Mu/nck arriva, si piega sulla bicicletta, riesce a non piangere, ma deve costargli fatica. Sa già di aver perso il Giro, sa che quel boato della gente non era per lui. Gimondi è sesto, Bertoglio undicesimo, De Muynck dodicesimo, ma non sono questi i piazzamenti che contano. Gimondi ha vinto il Giro d'Italia con diciannove secondi su De Muynck, qua- rantanove su Bertoglio, un minuto e sette secondi su Moser, un minuto e trentacinque su Baronchelli. Moser, dopo essersi imposto nella prima • cronometro », perse la maglia rosa per un mal di pancia che gli costò cinquantanove secondi, soltanto otto In meno di quelli che ha di distacco adesso. Senza quel mal di pancia, avrebbe lottato anche lui per la vittoria fino all'ultimo metro. Bisogna dargliene atto. Poi, la conclusione trionfale, nel cuore di Milano, fra due ali enormi di folla. Tutto molto coreografico, tutto molto bello, ma anche tutto molto sbagliato, secondo Cimondl: > Perché far valere per la classifica una prova del genere? Una foratura, una caduta e succede il finimondo ». Per fortuna invece non succede niente, anche se il gruppo vola a più di quarantacinque orari. Scatta Merckx, vuole almeno quest'ultima soddisfazione, la meriterebbe. Ma oggi non si fanno regali, Eddy è ripreso, conclusione allo sprint, dopo 106 chilometri tiratissiml: Simonetti tira la volata a Moser, che esce allo scoperto ai duecento metri; ma alla ruota di Francesco c'è Tinchella, che lo supera e vince. Adesso Tinchella andrà per quattro mesi in ferie, lo hanno trovato positivo per due volte al controllo antidoping, dice che non lo vedremo per un pezzo e allora oggi ha voluto lasciare un buon ricordo di sé. Gimondi viene assediato, spinto, baciato. Dice che correrà anche l'anno prossimo, ormai si è abituato a fare miracoli, ci sta prendendo gusto. Il Giro d'Italia è finito da più di un'ora, Milano sta tornando lentamente normale, ma un gruppo di ragazzi sta ancora urlando il suo nome. Maurizio Caravella è o a Arcore. Gimondi impegnato nella « cronometro » decisiva