Chi sono i due brigatisti ricercati dagli inquirenti di Paolo Lingua

Chi sono i due brigatisti ricercati dagli inquirenti Chi sono i due brigatisti ricercati dagli inquirenti Giuliano Naria, ex cati nel rapimento operaio dell'Ansaldo e Rocco Micaletto, ex operaio Fiat, impliCasabona - Dopo fulminee apparizioni scompaiono per mesi Genova, 10 giugno. Giuliano Naria, 29 anni, ex operaio dell'Ansaldo Meccanico Nucleare di Genova, è da tempo ricercato in relazione al sequestro del dirigente dell'Ansaldo Vincenzo Casabona. Su di lui pesa l'indizio di essere uno dei killer del procuratore generale La cronaca è avara di fatti salienti che possano, in qualche modo, illustrare il carattere ed il personaggio: tutti questi « brigatisti », se si escludono i personaggi di primo piano come Curcio, appaiono elementi anonimi, sconosciuti, isolati, senza amicizie e lontani da tempo dalle famiglie di origine, sradicati dal tempo e dallo spazio. Compaiono e scompaiono: gli stessi « schedari » della questura e dell'ufficio politico sono ricchi di spazi vuoti. Naria avrebbe lavorato all'Ansaldo Meccanico di Sampierdarena (dove tra l'altro il « brigatista » viveva insieme ai genitori, essendo scapolo) per tre anni come operaio. In questo periodo, secondo quanto s'è appreso, avrebbe accumulato ben 300 giorni di assenza dal lavoro. Le note personali dello stabilimento lo dipingono come un lavoratore pigro, assenteista, turbolento. Impegnato in politica e nel movimento sin dacale non ha mai avuto tessere di partito, né ha mai ricoperto incarichi a livello di base. I compagni di lavoro lo ricoidano come un inesauribile conversatore, che però scompariva inghiottito dalla sua vita privata appena uscito dallo stabilimento. Nessuno lo ricorda con precisione, né si conoscono eventuali gusti od interessi. I vecchi operai, i « duri » dell'Ansaldo Meccanico Nucleare, protagonisti della Resistenza e dell'occupazione nazista, accennano con disprezzo ad « idee confuse e velleitarie ». Un « ometto » da niente. Ecco tutto. Naria, con il cumulo di assenze vistoso che aveva messo insieme venne « indotto » dall'ufficio del personale a « dare volontariamente le dimissioni ». Gli garantivano la liquidazione comunque ed un piccolo premio « extra », purché se ne andasse. Non aveva amicizie, né sostanziali sostegni politici o sindacali all'interno della fabbrica: il suo attivismo politico era « farneticante » per i compagni di lavoro e non produttivo. Dovette andarsene e con una certa sommetta. Il suo nome è saltato fuori a proposito del rapimento del dirigente dell'Ansaldo Vincenzo Casabona, « sequestrato » dalle « Brigate rosse » nell'autunno dell'anno scorso e rilasciato dopo qualche ora dopo un sommario « processo del tribunale del popolo », perché ritenuto colpevole di aver « sfruttato e angariato » i dipendenti dello stabilimento. Gli inquirenti, dopo il fatto, brancolavano nel buio: si cercò di ripercorrere gli episodi salienti della carriera di Casabona all'Ansaldo e si cercò di accertare se ci potevano essere dei dipendenti dell'azienda che potevano covare rancore contro il dirigente. Si accertò allora che al momento delle dimissioni, Naria, agitando la lettera di accettazione della richiesta di cessazione del rapporto di lavoro firmata appunto dal capo del personale, cioè da Casabona, augurò, in tono ironico e minaccioso: « Buona fortuna e buna salute a lei e a tutta la sua famiglia ». Naria era scomparso dalla circolazione: questo fece scattare i primi sospetti. Gli inquirenti mostrarono ad alcuni testimoni del rapimento una serie di foto e Naria venne riconosciuto all'istante senza ombra di dubbio. Da allora sul suo capo pende un ordine di cattura della procura della Repubblica di Genova per sequestro di persona e per costituzione di bande armate allo scopo di sovvertire l'ordinamento dello Stato. Con Naria si trovava nell'operazione «Casabona», Rocco Micaletto, di 30 anni, tarantino, ma sempre vissuto, sia pure da zingaro, in centri del Nord. Micaletto è stato protagonista, nel 1974, della ormai « famosa » rapina a Firenze in piazzale Michelangelo. Venne poi a Torino, dove lavorò come operaio alla Fiat. Di lui si sa soltanto che era certamente a Torino, in via Fea, nel «covo» dove venne arrestato il « colonnello » Maurizio Ferrari. Gli agenti trovarono infatti il suo soprabito appoggiato su un lette e un piatto di minestra ancora tiepido. Micaletto stavn mangiando, riuscì a scomparire prima che sopraggiungesse la polizia. Da allora non se n'è saputo più nulla: ma la sua foto, mostrata assieme a quella di Naria ai testimoni del rapimento Casabona provocò decise conferme. Resta ora da chiarire attraverso quali contatti uomini come Naria e come Micaletto possono essere venuti in rapporto. « Se sapessimo chi è il "mediatore" — ha detto amaramente il capo del nucleo antiterroristico della Liguria, Salvatore Esposito — non saremmo fermi a questo punto delle indagini. Il nesso c'è, ma è complesso poterlo enucleare ». Paolo Lingua

Luoghi citati: Casabona, Firenze, Genova, Liguria, Torino