Saccucci: ridotte le accuse di Silvana Mazzocchi

Saccucci: ridotte le accuse Primo atto del giudice durante l'inchiesta Saccucci: ridotte le accuse Il deputato missino non dovrà più rispondere di omicidio volontario, ma solamente di reati minori - Critiche dal pei al modo "settoriale" con cui sono state condotte finora le indagini Roma, 9 giugno. Sandro Saccucci non è più ricercato per l'omicidio del giovane comunista Luigi Di Rosa, ucciso a Sezze venerdì 28 maggio da un commando fascista che faceva da scorta al deputato missino. Nel nuovo mandato di cattura, emesso ieri dal giudice istruttore di Latina Ottavio Archidiacono, a Sandro Saccucci non viene più contestato il «concorso in omicidio volontario» per la morte del giovane, né la sua partecipazione agli incidenti avvenuti in piazza «Ferro di cavallo» dove Di Rosa fu ucciso e dove rimase ferito un altro giovane: Antonio Spirito. Sandro Saccucci, in pratica, dovrà rispondere, se mai verrà arrestato, soltanto dei reati minori che già gli erano stati contestati (insieme all'omicidio volontario) prima dal sostituto procuratore Alfonso De Paolis e dalla Camera dei deputati. E' stato questo il primo atto del giudice istruttore che ieri mattina ha ereditato le 400 pagine del processo per i fatti di Sezze Romano. Glieli aveva trasmessi, poco prima delle 11, De Paolis nel formalizzare l'inchiesta. La fretta con la quale il magistrato aveva passato il fascicolo al collega dell'ufficio istruzione aveva insinuato in più d'uno il sospetto che De Paolis non intendesse assumersi la responsabilità di stendere il nuovo mandato di cattura contro Saccucci subito dopo l'autorizzazione a procedere per l'arresto che la Camera avrebbe deciso nel pomeriggio. « Questa nuova impostazione dell'accusa è completamente errata dal punto di vista giuridico — ha commentato l'avvocato Vino Maraz- zita, uno dei legali di parte civile — in quanto i fatti fin qui accertati non consentono l'abolizione del reato. Anche la Camera, nel concedere l'autorizzazione all'arresto, ha valutato la gravità dei reati e soprattutto le responsabilità, morali o materiali, che Saccucci ha per l'uccisione del giovane Di Rosa ». Il giudice istruttore Archidiacono questa mattina ha ricominciato l'attività istruttoria. Ha interrogato di nuovo Benito Allatta, figlio di Pietro Allatta, il nazista in carcere perché ritenuto tra gli uccisori di Luigi Di Rosa. L'interrogatorio del ragazzo era diretto a stabilire le presunte responsabilità di un parlamentare missino, il cui nome sarebbe contenuto negli atti del processo, insieme ad una nuova richiesta di autorizzazione a procedere. Benito Allatta avrebbe confermato al giudice istruttore che la notte de 28 maggio, il parlamentare si sarebbe recato in casa sua ad Aprilia (una cittadina tra Latina e Roma) per decidere con suo padre la linea difensiva da tenere. « Gli avvenimenti di Sezze Romano e l'uccisione di Luigi Di Rosa non devono essere considerati come un episodio isolato, ma come il frutto di un disegno provocatorio di portata ben più vasta », hanno affermato in un incontro con i giornalisti i responsabili della Federazione comunista di Latina e gli avvocati della difesa per le famiglie di Luigi Di Rosa e di Antonio Spirito. «Al contrario l'inchiesta giudiziaria su quanto è successo a Sezze il 28 maggio, è stata portata avanti finora in maniera settoriale. E' stata un'indagine carente e per molti aspetti criticabile ». Nell'esporre il suo parere sull'istruttoria di Latina, Paolo Ciofi. segretario regionale per il pei, ha illustrato un « dossier-controinchiesta» curato dalla federazione comunista di Latina sugli incidenti di Sezze Romano. Secondo il documento sarebbero state almeno venticinque le persone che il 28 maggio hanno partecipato alla spedizione missina culminata con l'uccisione del giovane Di Rosa. « Dalle testimonianze raccolte — si legge nel dossier — risulta che ha sparare a Sezze non sono stati soltanto Sandro Saccucci e Pietro Allatta, ma almeno altre due persone; che in piazza Quattro Novembre e nei vicoli di Sezze, le persone armate erano molto più numerose di quelle che risultano dagli atti processuali e che, infine, esistono precise responsabilità nel comportamento delle forze dell'ordine ». Nella posizione del maresciallo del Sid Francesco Troccia, sono intervenuti gli avvocati di parte civile: « La sua presenza nel Paese — hanno detto i legali — e soprattutto la sua partecipazione ad ogni fase degli incidenti e della fuga di Saccucci da Sezze, toglie ogni carattere di occasionalità all'intera vicenda ». Paolo Ciofi ha chiesto in proposito, che il ministro della Difesa risponda agli interrogativi sollevati sulla partecipazione dell'ufficiale del Sid ai fatti di Sezze Romano. Silvana Mazzocchi