Brigate rosse: sei anni di sequestri e delitti di Vincenzo Tessandori

Brigate rosse: sei anni di sequestri e delitti Brigate rosse: sei anni di sequestri e delitti Genova, 9 giugno. Due colpi di pistola alla nuca il mattino del 17 giugno 1974 a Padova, nella sede del msi freddano Graziano Giralucc! e Giuseppe Mazzola. Sembra un delitto dalla storia banale, Invece è un'esecuzione. I missini sono stati « giustiziati * dalle « Brigate rosse ». Un incidente sul lavoro, faranno sapere in seguito i brigatisti. Le uccisioni non erano state programmate nell'azione, condotta forse in modo affrettato. Ma ci sono state e l'organizzazione le rivendica con un comunicato che esce a sorpresa 24 ore dopo. E' il salto del fosso, sia pure titubante, incerto e forse, almeno in quel momento, non voluto. Da allora il colore della lotta armata si tinge di sangue. Le « Brigate rosse » hanno imboccato, in quel mattino di fine primavera, una strada dalla quale non sembra più possibile tornare indietro. Sono lontani, quasi appartenessero ad un'altra era, i tempi delle azioni dimostrative; dei sequestri di dirigenti, di quando I confini della lotta già da anni predicata apparivano circoscritti dai muri della fabbrica, del quartiere. Le Bierre nascono sui banchi delle Università, a Trento, dove nel 1966 viene fondato un Istituto superiore di studi sociologici. Saranno anni intensi, un'esperienza culturale e psicologica oltreché politica, unica forse al mondo. Poi, un gruppo, si stacca dall'ateneo, si sposterà a Milano. Nascerà il Comitato politico metropolitano, poi sinistra proletaria, nuova resistenza. Infine viene decisa nel dicembre del 1969 la clandestinità, presupposto indispensabile per la lotta armata. Ci sono le prime azioni, il lancio, nel settembre del '70, di due bombe molotov contro la saracinesca del garage di un dirigente della Sit-Siemens, l'ing. Leoni. Seguirà l'incendio della pista di collaudo della Pirelli, a Lainate: vanno a fuoco tre camion, incendiati con bidoni di benzina, in quella notte del 21 gennaio 1971. Segue una nuova fase, generalmente indicata sotto l'etichetta « Mordi e fuggi ». Sequestri di persona, rapidi « processi proletari », con sentenze generalmente benevoli. Ci saranno più tardi, anche gli espropri, cioè le rapine in banca. Il 3 marzo 1973, per strada, viene catturato Hidalgo Macca- rini, dirigente della Sit-Siemens. Breve viaggio su un furgone, un pugno al viso al momento di scattare la foto, le manette, il cartello Irridente, la liberazione. Dieci giorni più tardi, Irruzione nella sede missina di Cesano Boscone, Il segretario viene incatenato, gli schedari asportati. Segue la cattura di Bruno Labate, sindacalista della Cisnal, avvenuta a Torino il 12 febbraio '73. Labate è portato in un box, interrogato per ore, poi messo alla gogna, cioè rapato come un « collaborazionista », infine lasciato incatenato davanti a un cancello di Mirafiori. Ancora un sequestro, a Milano, nei primi giorni dell'estate. Michele Mincuzzi, Ingegnere dell'Alfa Romeo di Arese, è catturato da un nucleo armato di brigatisti. E' il tardo pomeriggio del 27 giugno. L'uomo, che ha in tasca lo stipendio, teme una rapina, reagisce ed è colpito con violenza al volto, poi caricato su un furgone. « Non è stato un processo », dirà più tardi. Nei suoi confronti i brigatisti si comportano con cortesia. Con Mincuzzi si chiude questo periodo; a dicembre la nuova azione dei brigatisti getta Torino nello sgomento. All'alba del 10, un lunedì, il direttore del personale Gruppo automobili, cav. Ettore Amerio, è catturato da un nucleo armato. Sarà per otto giorni prigioniero dei bri¬ gatisti, processato, quindi liberato. Dopo la fabbrica, lo Stato, che deve essere inteso come « Stato borghese ». « Portare l'attacco al cuore dello Stato » è l'obiettivo dichiarato dai brigatisti, e « trasformare la crisi di regime in lotta armata per il comunismo » è la strategia che intendono applicare. E' guerra aperta, ormai. E' il 14 aprile del 1974, viene sequestrato a Genova il magistrato Mario Sossi. Trentacinque giorni di prigionia, il Paese con il fiato sospeso, le istituzioni che vacillano, l'impressione di una debolezza sconfortante degli apparati statali. Finisce l'« affare Sossi », e finisce con la liberazione del giudice dopo ricatti allo Stato, minacce di morte. Cominciano gli arresti dei brigatisti rossi. Renato Curcio e Alberto Franceschinì sono catturati in settembre a Pinerolo. Ha fatto scattare la trappola un ex frate, Silvano Girotto, impiegato come « agente provocatore » dal carabinieri. Curcio scapperà, in modo clamoroso, dal carcere di Casale Monferrato il 18 febbraio successivo. A Robbiano della Mediglia, presso Milano, il 14 ottobre '74 è scoperta una « base rossa »: sono arrestati tre brigatisti; per catturare l'ultimo c'è sparatoria. Un maresciallo, Felice Maritano, cade ucciso. Il giovane, Roberto Ognibene, vent'anni, di Reggio Emilia, rimane ferito. Ci sono poi altri assalti, i ferimenti di uomini politici, di dirigenti industriali. Viene colpito alle gambe l'avvocato milanese Massimo De Carolis, allora capogruppo democristiano. Un anno fa, il 4 giugno, è rapito a Canelli l'industriale Vittorio Vallarino Gancia. Stavolta i brigatisti compiono l'azione in incognito, per la liberazione pretendono riscatto. Ma l'azione fallisce, c'è scontro a fuoco in una cascina, Margherita [- Mara ») Cagol e l'appuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso rimangono uccisi. In gennaio viene ripreso Curcio, e con lui finiscono in carcere quattro compagni. Più tardi tocca a Giorgio Semeria finire fra le mani dei carabinieri del Nucleo speciale. Le Brigate rosse sembrano, se non sgominate, almeno colpite duramente. Ma, si diceva ancora stasera, rimane intatta la • colonna » di Genova. Vincenzo Tessandori Renato Curcio