Per il calvario di Cristina rischiano I'ergastolo in 15

Per il calvario di Cristina rischiano I'ergastolo in 15 Novara; conclusa l'istruttoria con 21 rinvìi a giudizio Per il calvario di Cristina rischiano I'ergastolo in 15 Forse a ottobre il processo - La diciottenne, figlia d'un industriale, fu rapita il 1 luglio '75 a Eupilio, presso Como - Il cadavere trovato nella discarica di Galliate un mese dopo - Il padre è morto di dolore (Dal nostro inviato speciale) Novara, 8 giugno. L'istruttoria sulla tragica vicenda di Cristina Mazzotti è conclusa. Quindici persone rischiano l'ergastolo. La requisitoria del giudice Paolo Ruggero è stata depositata in cancelleria e adesso toccherà al dottor Francesco Caroselli stabilire la data del processo. Forse sarà in autunno, a ottobre. Non esiste a Novara un'aula della corte d'assise capace di ospitare tanti imputati, i loro difensori, il pubblico. Le udienze si terranno nella palestra della «Casa del popolo», dove ha sede anche la questura. Nell'istruttoria, gli imputati erano 24, poi due sono stati prosciolti e non si presenteranno neppure come testimoni. Nel rinvio a giudizio, il giudice ne ha scagionato un terzo. Sul banco degli imputati saliranno in 21: 15 con le accuse più gravi, che vanno dall'omicidio volontario aggravato alla violenza privata al sequestro di persona all'occultamento di cadavere; gli altri sei per reati minori: ricettazione, favoreggiamento, falso. Imputazioni diverse ma direttamente o indirettamente un'altra responsabilità li accomuna tutti: quella morale. I nomi dei 15: Sebastiano Spadaro (latitante), Giuseppe Milan, Giuliano Angelini, Loredana Petroncini, Francesco Gaetano, Libero Ballinari (detenuto in Svizzera), Gianni Geroldi, Achille Gaetano, Luigi Gnemmi, Rosa Cristiano, Vittorio Carpino, Alberto Menzaghi, Bruno Abramo, Antonino Giacobbe e Francesco Gattini (anche quest'ultimo latitante). Gli altri sei: Peppino Falvo, Giovanni Talarico, Francesco Russello, Alberto Rosea, Ugo Scalerzo, Vittorio Passafari, tutti a piede libero. La vicenda che ha fatto inorridire per la sua brutalità, inizia il 1 luglio dello scorso anno a Eupilio, vicino a Como. Cristina Mazzotti, 18 anni, è rapita mentre rincasa in compagnia di Carlo Galli ed Emanuele Luisari. I banditi la portano nella cascina di Castelletto Ticino, che Giuliano Angelini ha affittato per nascondere i sequestrati. La giovane è calata in un cunicolo di due metri di lato per 1,45 d'altezza, che riceve aria da un tubo di plastica. Sopra di lei si chiude la botola che la isola da ogni rumore. Dev'essere stato spaventoso per Cristina vivere in quelle condizioni, nel buio e nel silenzio più assoluto. Forse impazzisce per il terrore e i suoi carcerieri sono costretti a iniettarle calmanti, crearle un sonno artificiale, unica pausa alla sua angoscia. Ma non lo fanno per pietà: vogliono che la ragazza non subisca alterazioni mentali, che sia sempre lucida per farle domande che esigono una precisa risposta da trasmettere poi alla sua fa¬ miglia quale prova della sua vitalità. Intanto che Cristina languisce là sotto, i banditi si mettono in contatto con i suoi genitori e chiedono il primo riscatto: 5 miliardi. Il padre della ragazza non ha tanto denaro, teme di non riuscire a salvare la figlia ed è colto da malore. Il primo di una lunga serie che poi lo porteranno alla tomba. Le trattative con i rapitori le manda avanti l'avvocato Solinari. Ogni giorno i banditi telefonano, la Sip riesce a localizzare l'apparecchio da dove parlano, in una cabina di Varese. La polizia tende la rete e 1*11 luglio uno dei messaggeri telefonici è identificato per Sebastiano Spadaro, che poi si allontana in auto con Giuseppe Mila. Il primo passo è fatto, gli inquirenti devono agire con estrema cautela se vogliono arrivare alla prigione della ragazza. Restano in attesa che si verifichi l'occasione propizia per catturare in un colpo solo tutta la banda e salvare l'ostaggio. Quest'ultima eventualità però non avviene. I banditi sono all'erta, forse si sono accorti di essere seguiti o, come le belve, fiutano il pericolo e interrompono i contatti con i Mazzotti, restano tranquilli. La polizia li tiene d'occhio a distanza, non è ancora arrivato il momento per tirare la rete. Il 20 luglio riprendono le telefonate, questa volta la banda è meno esigente sulla somma del riscatto e nove giorni dopo si accorda: un miliardo e 50 milioni. I Mazzotti pagano il giorno 1 agosto. Sono convinti che poche, ma lunghe ore, li separino ancora dalla figlia. Vivono momenti d'angoscia, ogni volta che qualcuno bussa alla porta si sentono scoppiare il cuore per l'emozione: «E' lei». No, Cristina è già morta e sepolta sotto un mucchio d'immondizie. Cristina resta a Castelletto Ticino fino al 28 luglio e alla sua custodia si sono alternati Ballinari, Angelini, Geroldi, Petroncini e la Cristiano. Quando lascia la cella, dev'essere ormai distrutta nel fisico e nella mente. La trasferiscono a Galliate, in casa della Cristiano ed al gruppetto di carcerieri si aggiunge Abramo. Ma questo nuovo rifugio non è sicuro perché al 31 troppe persone vanno a bus¬ sare la porta dell'alloggio: prima un carabiniere che porta un avviso, poi il padrone dello stabile che vuole discutere sul canone dell'affitto, poi un'amica della Cristiano che vuole a tutti i costi entrare nell'alloggio per fare «quattro chiacchiere». Nel pomeriggio arrivano Ballinari e Menzaghi, che decidono di trasferire l'ostaggio altrove. Per fare star tranquilla Cristina, le somministrano gocce di tranquillanti, le iniettano nelle vene liquidi vari, le fanno ingoiare pastiglie. Cristina ha ancora la forza di scrivere un messaggio alla famiglia. L'ultimo. Alle 2,30, muore. Libero Ballinari sostiene di averle praticato la respirazione bocca a bocca per rianimarla, e Giuliano Angelini dice che quando Cristina è stata portata fuori dall'alloggio «si reggeva sulle sue gambe». A questo punto sorge una domanda angosciosa: quando l'hanno sepolta alla discarica del Varallino di Galliate, era ancora viva? Possono essere stati così crudeli con lei? Non lo si saprà mai. Ormai i rapitori hanno incassato e la banda si scioglie: Angelini, Petroncini e Geroldi vanno a Lamezia Terme, in Calabria, per riscuotere la loro parte di denaro 104 milioni. S'incontrano con Antonio Giacobbe, noto boss mafioso, che ha diretto tutta l'operazione del sequestro e tenuti i contatti con gli uomini che agivano al Nord, tra questi il latitante Francesco Gattini e Achille Gaetano. Poi l'intervento della polizia, l'arresto di quasi tutti i criminali e delle persone che hanno avuto a che fare con loro. Al dramma dei Mazzotti si aggiunge un'altra tragedia: la morte del padre di Cristina, ucciso dal dolore. Aldo Popaìz Giuseppe Milan Bruno Abramo Francesco Gaetano Vittorio Carpino Luigi Gnemtni Cristina Mazzotti (Tel.)