Diventa spettacolo il comizio alla tv

Diventa spettacolo il comizio alla tv Diventa spettacolo il comizio alla tv Chi guarda la televisione è inevitabilmente "spettatore", chi agisce è "attore" - Si può creare oppure distruggere un "mito" I dirigenti dei partiti e gli esperti non hanno dubh.. la televisione è il mezzo più efficace per la propaganda elettorale. I digiuni di Palmella drammatizzano questa certezza. Le motivazioni psicologiche a favore della tesi sono numerose e note. In primo luogo (argomento forse banale ma non irrilevante) la comodità del « comizio a domicilio ». Il successo della televisione è fondato, anche, sulla pigrizia o, in termini più positivi, sulla possibilità di stare in casa senza dover rinunciare a « guardar fuori », a fare esperienze. Le esperienze televisive non possiedono, ovviamente, lo stesso grado d'intensità delle esperienze reali: sono meno coinvolgenti, meno vive ma, proprio per questo, più rassicuranti. Cosi anche il dibattito politico, i cui contenuti sono particolarmente gravi in un momento di scelte difficili, viene « addomesticato ». E gli uomini politici, portatori di un messaggio che è inquietante perché compromette il nostro futuro, perdono le sembianze di esseri irraggiungibili e incomprensibili, per diventare più umani, più vicini, qualche volta perfino amici. Ciò che appare in televisione, qualunque ne sia il contenuto o 10 scopo, diventa naturalmente spettacolo. Non è necessario che intervengano particolari accorgimenti scenici o di regìa o che 11 fine spettacolare venga dichiarato o che la rappresentazione venga arricchita di valori estetici; il fatto stesso di apparire sullo schermo rende spettacolo ogni cosa: il film, la commedia, il telegiornale, i risultati del Totocalcio. Tribuna Elettorale è « spetta- colo » indipendentemente dalle messe in scena, dalle cure indirizzate a donargli questo carattere. La breve comparsa sul teleschermo di un uomo politico, che pur si limiti a fare serie e misurate dichiarazioni, è spettacolo. Coloro che vivono l'esperienza dello spettacolo assumono necessariamente dei ruoli: chi guarda è, inevitabilmente, uno « spettatore »; chi agisce è, inevitabilmente, un « attore ». Di fronte alla realtà dello spettacolo il ruolo di spettatori assorbe o confonde quello di elettori e il ruolo di attore supera e annulla quello di uomo politico. Il cittadino-spettatore non può fare a meno di esigere dall'attore-politico divertimento, recitazione, abile e convinta, di un ruolo, immedesimazione nella parte, capacità di rendere una atmosfera, di commuovere, di interessare, di eccitare. Lo spettatore è esigente e curioso, sensibile a dettagli che gli sfuggono o non lo interessano in altre circostanze. All'interno dello spettacolo televisivo lo colpiscono aspetti dell'uomo politico che fuori non vedeva o trascurava: qui, nello spettacolo, contano la faccia, il gesto, il vestito. L'uomo politico, a sua volta, avverte, consciamente o inconsciamente, la propria condizione di attore. Si sente cioè « alla ribalta », protagonista di una esibizione. I conflitti esibizionistici collegati alla recitazione spiegano il panico dell'uomo politico abituato a dominare la realtà, uso al comando e al potere, improvvisamente imbarazzato e inquietato dalla telecamera che gli testimonia la sua attuale condizione di attore. Spiegano l'atteggiamento dell'extraparlamentare che ha vissuto scamiciato, urlante e incalzante le manifestazioni di piazza e che ora appare sui teleschermi intimidito, composto, controllato nel suo vestito « buono » e grigio. Lo spettatore chiede all'attore prestazioni spettacolari, non politiche e si ritiene soddisfatto o deluso solo dalla riuscita delle prime. Lo spettacolo televisivo crea i divi o distrugge i miti. Uomini politici che erano contornati da un'aura di nobiltà, di dignità, di prestigio intangibile si frantumano nel ravvicinato contatto televisivo; crollano, si svuotano per una piega « antipatica » del labbro, per uno sguardo « sbagliato », per un gestire irritante. Al contrario, uomini oscuri o mediocri nelle idee e nelle imprese affascinano, piacciono, prendono un posto consistente nell'immaginazione e nel cuore. La televisione, tra l'altro, per la vicinanza dello schermo e per la tranquillità dell'ambiente dove viene vissuta, favorisce un'attenzione intensa, una curiosità impietosa, l'osservazione acuta e precisa dei dettagli. Inoltre, anni di esercizio televisivo ed il livello qualitativo dei nostri registi, scenografi, attori hanno reso il telespettatore italiano smaliziato, raffinato, pronto a cogliere e a capire le finezze espressive, i significati della rappresentazione. Lo sguardo, la mano, la cravatta, il tessuto dell'abito, il taglio dei capelli, la mimica che denota incertezza, esitazione o aggressività, non sfuggono allo spettatore. Parlano insieme o contro le parole; le contraddicono o le confermano; smascherano gli inganni intenzionali e quelli inconsapevoli; rivelano intera e autentica l'immagine dell'uomo politico e, con lui, del partito. Gianni Tibaldi

Persone citate: Gianni Tibaldi