Dove la terra più trema non si rifaranno le case di Giuseppe Mayda

Dove la terra più trema non si rifaranno le case Provvedimenti e tenaci speranze nel Friuli Dove la terra più trema non si rifaranno le case (Dal nostro inviato speciale) Udine, 5 giugno. Sulla collina, ai piedi dello strapiombo del monte Brancot, c'è la chiesa dedicata a S. Margherita; il tetto è sfondato e una rondine sfreccia fra le navate; fuori, nel piccolo cimitero, il terremoto ha sconvolto le tombe, sradicato le lapidi, abbattuto le croci. Più sotto c'era la scuola elementare «Diaz» e, accanto, l'asilo, la Banca del Veneto, il municipio, la sala da ballo, la cabina dell'Enel, la biblioteca: ora sono soltanto macerie. Del monumento ai caduti è rimasta la targa di marmo: « Qui sul Tagliamento — c'è scritto — la 63* divisione, nell'autunno 1917, arrestò per 6 giorni l'incalzare del nemico che aveva violato il suolo della Patria ». Su ciascuna delle 36 case ancora in piedi è affisso un cartello giallo: « Edificio pericolante, ingresso vietato »; dai cumuli di sassi, di travi, di muri sbrecciati spuntano il vestitino rosso di una bimba, due sedie, un ombrello, una damigiana, una madia; negli orti, fra le villette ridotte a mucchi di calcinacci, appare Una gallina, solo segno di vita. Il sole splende nel grande silenzio del paese ormai morto; al di là del fiume spicca lo sperone roccioso di Osoppo col vecchio forte distrutto dal sismo. Questa è, oggi, Trasaghis (3089 abitanti, 21 morti, 215 feriti) adagiata con le sue frazioni di Braulins, Peonis, Alesso e Avasinis lungo la sponda nord del Tagliamento e che ha perduto il 90% delle abitazioni. E' il primo dei due paesi del Friuli e della Carnia (l'altro è Forgaria) che non potrà essere ricostruito dove era perché i geologi ritengono che il massiccio del Brancot, dopo il terremoto che lo ha spaccato in due alla sommità e lungo uno dei fianchi, costituisca una costante minaccia mortale con le sue frane di macigni. Ad un mese dalla catastrofe, la «sentenza» che condanna Trasaghis e Forgaria è il primo dato certo da cui procedere nell'opera di ricostruzione. La «carta geologica», che sta per essere resa nota ufficialmente, ricalcherebbe grosso modo quella già elaborata dai professori Gasparini, Grandoni. Caputo, Finetti, Cassini, Beandone, Martinis, Cercignani e Barberi per conto del Consiglio nazionale delle ricerche e indica le zone del Friuli che devono essere sottoposte a rigorosi vincoli costruttivi antisismici. A grandi linee, la «carta» esclude dalla qualifica di «zona sismica di prima categoria» soltanto una parte del Tarvisiano, la Alta Carnia e la Bassa Friulana; in tutto il resto del territorio — compreso in un'area di forma vagamente rettangolare, con una superficie di 3100 kmq e che, ai quattro angoli, ha i comuni di Brugnera, Claut, Resia e Manzano — c'è la potenziale possibilità che si verifichi un terremoto « pari o superiore all'8° della scala Mercalli », cioè un sismo distruttivo. E' su questo documento — che in sostanza dice dove non si potrà edificare, quali paesi abbandonare e quali invece dovranno adottare, per i nuovi edifici, le norme antisismiche relative all'altezza degli stabili e al tipo delle fondamenta — che il commissario del governo, Zamberletti, e la Regione hanno fissato le tre fasi della ricostruzione: 1) leggi e norme tecniche per riparare le case; 2) passaggio a strutture stabili con un piano di prefabbricati; 3) ricostruzione vera e propria dopo una verifica della ricettività e con la consulenza della commissione geologica. Queste le fasi; quali i tempi? «Prevedo che il Friuli e la Carnia potranno riavere il loro antico volto entro quattro anni — risponde l'on. Zamberletti — ma se si lavora con le energie impiegate in questo primo mese, se si lavora, tanto per intenderci, come a Gemona, allora io credo che basteranno anche due anni soltanto». L'ottimismo sui tempi relativamente veloci della ricostruzione è dato soprattutto dalla legge regionale — che adesso è all'approvazione del governo — varata per ripristinare rapidamente, anche in termini di settimane, tutte le case possibili. Le cifre più aggiornate sui danni del terremoto indicano in oltre 90 mila gli alloggi distrutti, inabitabili o lesionati; la Regione conta di recuperarne il 50 per cento. «Abbiamo proposto una legge — dice l'aw. .Antonio Comelli, presidente della giunta regionale — che scavalca burocrazia e intoppi, che va incontro ai sinistrati nel modo più generoso e più tempestivo. Riattare 45 mila abitazioni significa aver risolto quasi metà del problema alloggi». La legge, vero e proprio strumento-cardine della ricostruzione, stabilisce che gli edifici «non irrimediabilmente danneggiati» e definiti «recuperabili» da un accertamento sommario possano essere riattati con un'anticipazione del 50 per cento della spesa fino ad un massimo di 10 milioni e la liquidazione del residuo a completamento dei lavori: l'art. 6 sanziona che l'autorizzazione ai lavori concessa dal sindaco equivale a licenza edilizia. Le stesse rapide procedure sono previste nei settori produttivi con un disegno di legge destinato agli interventi in conto capitale e in conto interessi per l'industria, il commercio e il turismo, l'artigianato e l'agricoltura. Nuove leggi «Entro il 20 giugno — spiega l'aw. Comelli — sarà approvata la legge sulla riparazione e la ricostruzione delle opere pubbliche colpite più o meno gravemente». Per quanto riguarda invece le case completamente distrutte e quelle che hanno subito danni gravissimi e che tuttavia possono essere recuperate con grossi lavori, è in corso di discussione, al Consiglio regionale, un'altra legge ancora: «Essa è tesa a modificare le procedure in materia urbanistica; in sostanza farà sì che, nei paesi terremotati, siano esecutive le delibere dei Consigli comunali». Ci sono infatti i problemi complessi dei centri storici di Gemona, di Venzone, di Buia, cioè di interi quartieri rasi al suolo e per il destino dei quali è necessaria una scelta immediata. Conclude il presidente: «La gente, subito dopo il disastro, ha detto no alle baracche per quello che potevano significare come rinvio delle ricostruzioni e sì alle tendopoli in via provvisoria e precaria. Ci rendiamo conto che non è possibile mantenere la popolazione sotto le tende fino all'autunno». Di qui la decisione di recuperare subito tutti gli alloggi, di suggerire, e se del caso imporre, la coabitazione, di promuovere la fornitura e l'installazione di prefabbricati che, spiega Comelli, «rimarranno poi di proprietà dei Comuni e potranno servire, specie nei paesi di montagna, come locali turistici o essere adibiti a colonie e a servizi sociali». Il problema più assillante rimane infatti quello dell'alloggio. L'ultima settimana di maggio, con una cruda ripresa di pioggia e di freddo (il 27 è di nuovo nevicato a Tarvisio, a Tolmezzo e a Chiusaforte su quote intorno ai 2000 metri), ha rivelato anzitempo il panorama angoscioso di quello che sarà l'inverno per i disastrati del Friuli e della Carnia se si pensa che il 75 per cento degli abitanti di Artegna, Bordano, Clauzetto, Dogna, Forgaria, Gemona, Moggio, Resia, Resiutta e Trasaghis vivono nelle tende. La gente è orientata spontaneamente, e non soltanto per le minacce del maltempo, ad abbandonare queste sistemazioni provvisorie. L'onorevole Zamberletti indica due dati come sintomi psicologicamente positivi: cinque giorni fa, nella zona terremotata, esistevano 240 tendopoli e stasera erano scese a 191; fra i 75 mila 68 posti occupati nelle tende stamane a mezzogiorno sono state distribuite soltanto 60 mila 411 razioni di viveri. Questo significa, secondo il commissario governativo, che la popolazione sta tornando vicino alle proprie case, per sorvegliarle, per valutare i danni, per tentare di rimetterne in piedi almeno una parte, cioè sta già pensando in termini di un pronto ritorno alla normalità. In questo quadro l'adozione di prefabbricati per sostituire definitivamente le tendopoli viene riconosciuta dagli enti locali come l'unica possibilità di dare, entro settembre, un tetto sicuro alla quasi totalità dei sinistrati. « Accettiamo le strutture prefabbricate — dicono molti sindaci rispondendo all'invito di Zamberletti di indicare le zone adatte ai nuovi insediamenti — a condizione che sia garantita la loro provvisorietà, che gli alloggiamenti sorgano nelle stesse aree in cui l'opera di ricostruzione è in atto e che, in ogni caso, le scelte ultime spettino alla gente e non vengano imposte dall'esterno ».. LTtalstat, ad esempio, ha offerto prefabbricati antisismici pari a 500 aule che possono entrare in funzione entro il 1° ottobre e coprire forse l'intero fabbisogno della popolazione scolastica terremotata: ora la risposta spetta ai sindaci quali portavoce dei loro amministrati. Su questi due pilastri — la legge regionale per riattare le case e l'adozione condizionata dei prefabbricati — poggiano oggi le reali prospettive di una nuova vita in Friuli. Ovunque i Consigli comunali sono al lavoro, si fanno calcoli e previsioni per i tre mesi che dividono dall'autunno. In municipio Abbiamo assistito al Consiglio comunale di Lusevera, presso Tarcento, nell'Alta Valle del Torre, un paese che ha sette frazioni molto sparse e dove le tendopoli sono state colpite più duramente che altrove dalla recente ondata di maltempo (« Siamo una delle zone più piovose dell'Europa — dice il sindaco, Sergio Siliceo —, ogni anno cadono tremila millimetri di pioggia »). La riunione, che doveva stabilire il futuro prossimo della comunità, s'è iniziata a mezzogiorno per concludersi a notte fatta ma al termine era già stato steso un programma di massima. Il capoluogo conta di riparare, grazie alla legge regionale del 26 maggio, 11 case e sistemare così sedici famiglie su 67 che sono senza tetto. Nella frazione Villanova delle Grotte metà degli abitanti, 40 famiglie, sarà alloggiata in 271 case che si possono aggiustare; a Cesaris e Pradielis verranno riattati due edifìci per sette famiglie; a Micottis cinque case accoglieranno 10 delle 33 famiglie della borgata; a Verdonza 18 case possono essere rese agibili, a Pers (13 famiglie) e a Musi (22 famiglie) non si potrà fare nulla perché queste due frazioni sono rase al suolo. In totale 250 famiglie dovranno adattarsi nei prefabbricati. Le decisioni più dolorose dovrà prenderle il sindaco di Trasaghis, Loredano Tomat: il capoluogo e la borgata Braulins sono distrutti; Peonis, Alesso e Avasinis, pur avendo subito gravissimi danni, non sono sotto il terrore del Brancot. « Ce ne andremo di qui soltanto se proprio non si potrà fare diversamente — dice Tomat — forse ricostruiremo lungo il Tagliamento, vicino a Peonis ». Giuseppe Mayda