E' morto Bruno Fonzi
E' morto Bruno Fonzi Lo scrittore aveva 62 anni E' morto Bruno Fonzi Stroncato al Policlinico di Milano da un'emorragia cerebrale Milano, 5 giugno. E' morto nel policlinico di Milano, per emorragia cerebrale, lo scrittore Bruno Fonzi. Aveva 62 anni, era nato a Macerata. (Ansa) S'era visto Bruno Fonzi a Torino quindici giorni fa, alla presentazione del romanzo di un comune amico al Circolo della Stampa. Era sereno. Aveva pubblicato da poco Equivoci e malintesi, i racconti che coprono un arco di trent'anni e compongono un volume variatissimo di contenuti e di toni. E la possibile impressione di un immalinconito bilancio veniva rettificata e temperata, oltreché dall'età ancor giovane, dal suo impegnarsi giovanilmente a lavorare per un nuovo editore, a Milano. Anche se ne parlava con distacco, col suo gentile scetticismo. Bruno Fonzi scrittore. Quei suoi racconti contesi tra asciutta ironia e presaga malinconia, che muovono dalle sonnolente campagne marchigiane e approdano alle « scene di vita cittadina », alla delineazione di un inferno piccolo borghese, dove la complicità con le sopraffazioni del fascismo non riesce a redimersi, nel dopoguerra, con la celebrazione dei riti del « miracolo economico ». « Camicia nera », « Il peccatore », « I pianti della liberazione », « Primi caldi » sono alcuni titoli che, nella misura a lui congeniale del racconto lungo, mettono in luce la capacità di Fonzi di aderire alla realtà, tagliandola insieme di sbieco, proiettando su di essa la luce di un civile risentimento. Si pensa alla presenza diffusa del sesso, quale medium in cui si stagliano e si giudicano i comportamenti umani, si pensa al « sapore agrodolce dell'età ingrata», così insistito in Fonzi, che famigliarizza con gli impeti e i tremori dell'adolescenza, di un'età ancora indistinta e quindi potenzialmente aperta e libera. Forse qui si troveranno gli acquisti più sicuri di Fonzi, la resa della sua concreta e amara intelligenza. Ma non bisognerà dimenticare, al di là del faticoso Ten¬ nis del 1973, II maligno, del 1964, un romanzo ammaliato e ammaliante che rivela dal fondo di un'arcaica e appenninica Italia rivisitata, le ascendenze « libertine » e illuministiche di Fonzi. Ma un posto cospicuo nella cultura italiana del dopoguerra spetta al Fonzi traduttore. Dopo avere collaborato al Mondo di Pannunzio, fu redattore della casa editrice Einaudi a Torino, città dei suoi studi. Erano gli anni postpavesiani, con Calvino, con Natalia Ginzburg. Fonzi diventò consulente per la letteratura inglese e americana, affinò le sue qualità di traduttore, ne fece a poco a poco la sua professione esclusiva. Ricordo come martirizzò le pagine delle Confessioni di Nat Turner di Styron, nel tentativo, pressoché disperato, di rendere con un equivalente dialettale lo slang dei negri del Sud che occupa tanta parte di quel romanzo. Ma ben altre prove aveva superato, traducendo impeccabilmente migliaia e migliaia di pagine da Boswell a Hemingway, da Twain a O'Neill (tutto il teatro) a Faulkner, a Singer. L'ultima sua fatica avrà luce postuma, sono I libri della mia vita di Henry Miller, un altro autore che gli fu caro. Un titolo che sembra sigillare emblematicamente un'esistenza segnata dalla passione dominante della letteratura. 1. m.
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