Donne corteggiate dai partiti di Liliana Madeo

Donne corteggiate dai partiti Donne corteggiate dai partiti Le femministe non costituiscono un movimento unito dal punto di vista elettorale - Tutte, comunque, sono contro i modi tradizionali (anche della sinistra) di affrontare i loro problemi Roma, 25 maggio. Non la tempesta ma un grosso fermento scuote l'«a.ltra metà del cielo». E' la prossima scadenza elettorale che accende il dibattito all'interno del movimento delle donne, e stimola un confronto sul rapporto donne-partiti, femminismo-istituzioni, potere-rivoluzione. Se ne discute sui giornali, nei collettivi femministi, nelle Università. C'è chi fa appello a una generica unità delle donne (è stata ventilata addirittura l'idea di un «partito delle donne»;,- c'è chi ancora una volta chiede alle donne di delegare questo o quel partito alla difesa delle proprie istanze. A Roma il 9 maggio doveva svolgersi un convegno sulle elezioni. L'organizzazione era affidata al Crac (Comitato romano aborto contraccezione), di cui fanno parte tutti i gruppi femministi della capitale — ad eccezione del «Movimento di liberazione della donna», federato al partito radicale — oltre a 19 collettivi autonomi di quartiere, il «Coordinamento delle studentesse medie e universitarie». Ma il Crac ha disdetto l'appuntamento. In un comunicato afferma: «La pretesa della nostra possibile indicazione di voto sulle elezioni è mistificante in quanto non riconosciamo a nessun partito o organizzazione politica la capacità di esprimere i nostri contenuti femministi. Non vediamo quindi perché il Crac, che è nato come coordinamento dei collettivi femministi sul pro¬ blema dell'aborto e della contraccezione, possa essere delegato a discutere e a proporre una indicazione di lista unitaria». La questione-voto nell'ambito del femminismo è rimasia ugualmente aperta. Nelle discussioni sull'argomento, viene rilevato come il Paese abbia scoperto «il pianeta donna», ha scoperto la maturità dell'elettorato femminile, la sua inquietudine, la richiesta di nuovi servizi e di diversi rapporti interpersonali, la sua insofferenza per i modi tradizionali — anche della sinistra storica — dì affrontare ì problemi che riguardano le donne. E viene sottolineato come i partiti adesso gareggino nel recitare il mea culpa, esibendo attestati di buona volontà: nella caccia al voto femminile — si dice — nessuno vuole sfigurare, ed ecco l'autocritica per l'ingiustificata e troppo lunga esclusione delle donne dalla vita politica attiva, la promessa di una maggiore attenzione ai problemi femminili. In tutte queste «manovre» il movimento femminista vede il rischio della strumentalizzazione, il pericolo che la ricchezza dei contenuti espressi dalle donne venga dirottata verso parziali — e in quanto tali perdenti — obbiettivi. Le posizioni che emergono non sono omogenee. Ci sono tuttavia alcune linee unitarie: la volontà dì vivere in prima persona, da soggetti politici, l'occasione delle elezioni; la decretata fine della delega concessa al maschio e al politico di professione; la consapevolezza che l'oppressione della donna ha radici specifiche, che non si riducono all'oppressione delle strutture socio-economiche; la convinzione di essere portatrici di valori propri che soltanto le donne attraverso una loro lotta possono affermare. Per tutti i gruppi femministi è inoltre chiaro che: la scadenza elettorale è estranea alla logica e ai tempi del movimento: « Il Parlamento è un'istituzione in cui si è sempre rappresentato il potere maschile oltre che borghese, che è un'istituzione ferocemente patriarcale»; non tocca alle donne mettersi in corsa per la conquista del potere e tale ottica — tipicamente maschile — è da respinger..' c da condannare: In conclusione, per chi voteranno le femministe? Non ci sono problemi per le militanti nel «Movimento di liberazione della donna», che sarà rappresentato nelle liste del partito radicale. Più articolata è invece la situazione generale. Le femministe di «Lotta continua» avevano avanzato una proposta operativa concreta: «La presenza autonoma di femministe all'interno di un'unica lista rivoluzionaria», ma hanno ricevuto dalle compagne militanti nelle altre organizzazioni della nuova sinistra una risposta tutt'altro che compatta. «Deve essere ben chiaro — hanno detto le femministe di "Avanguardia operaia" — che non vediamo oggi nessun partito che possa rappresentare il nostro movimento e in cui il movimento si possa identificare: non vogliamo essere "donne oggetto" nelle liste elettorali». Dal Manifesto Yasmine Ergas ha replicato: «Le compagne che ci chiedono di schierarci per il cartello elettorale della sinistra extraparlamentare debbono prendere atto che il movimento femminista non è emanazione della sinistra extraparlamentare, ma ha al suo interno donne che fanno riferimento ad un arco più vasto di forze politiche di cui — va da sé — nessuna le rappresenta adeguatamente». Per quante vìvono la «schizofrenia» della doppia militanza, come femministe e come aderenti al programma di un'organizzazione politica, il problema è quello di non rimanere escluse da un ipotizzato rinnovamento generale della società, e di «rafforzare quegli strumenti di potere e di controllo che la nostra pratica ci ha già fatto individuare, per evitare di essere schiacciate o sacrificate ancora una volta nel difficile gioco degli equilibri che un eventuale governo delle sinistre si troverà ad affrontare». Voceranno insomma per il partito o il cartello di partiti in cui vedono «aperto uno spazio autonomo anche per il movimento delle donne». Afa sarà sempre un voto gravato da forti dubbi e ipoteche: nessuna delle candidate femministe, in quanto tale, ad esempio, è entrata in lista. Sia per quante vivono la doppia militanza sia per tutte le altre femministe, l'affermazione centrale è questa: «Siamo femministe». Il che significa: «Puntiamo a un rivolgimento radicale dei ruoli e degli assetti sociali. Possiamo contare essenzialmente, almeno per ora, sulle nostre forze. E vogliamo continuare a far politica in modo "nostro", cioè partendo dai nostri contenuti, i nostri bisogni, i nostri obbiettivi. La cosa che più ci sta a cuore è, in questa fase, costruire un rapporto quanto più unitario possibile fra le donne, per una maggiore espansione ed autonomia del movimento stesso ». Liliana Madeo

Persone citate: Donne, Yasmine Ergas

Luoghi citati: Roma