Anche Pernice, un «padrino» disinvolto, ciarliero nega tutto, esattamente come gli altri impalati di Vincenzo Tessandori

Anche Pernice, un «padrino» disinvolto, ciarliero nega tutto, esattamente come gli altri impalati Milano: sfilata di fantasmi al processo «anonima sequestri» Anche Pernice, un «padrino» disinvolto, ciarliero nega tutto, esattamente come gli altri impalati "La mia conoscenza con Liggio è stata del tutto occasionale — ha detto ai giudici —. Si era soltanto interessato ai quadri che aveva dipinto mia sorella" - Un personaggio che l'accusa non è riuscita a mettere perfettamente in luce (Dal nostro inviato speciale) Milano, 21 maggio. «Lei, signor Pernice, è accusato di associazione per delinquere e concorso nel rapimento Torielli. Intende parlare?». La voce del presidente del tribunale, Angelo Salvini, è forte, altrettanto decisa la risposta dell'imputato: «Sì, senz'altro». Entra cosi nel processo all'anonima sequestri, o meglio alla mafia al Nord, un personaggio, che l'accusa non è ancora riuscita a mettere in luce perfettamente ma che considera importante «almeno» quanto Luciano Liggio, forse quanto prete Coppola. E' stato padrino del figlio dell'ex-«primula rossa», e, sottolinea il p.m. Caizzi, «in questo procedimento resta sullo sfondo; ma è persino facile preconizzare che non resterà a lungo in tale posizione». Quando lo arrestano, in Riviera, i carabinieri gli trovano cinque milioni: parte del riscatto pagato per la liberazione dell'impresario edile Angelo Malabarba. Dunque un altro «padrino», ma si dice, p'ù intelligente, più colto, più scaltro di Liggio, e forse anche più prudente. Quale ruolo ricopra esattamente in seno all'onorata società sfugge ancora, benché paia muoversi non alla base, ma nel vero e proprio gotha, dove ruotano le grandi fami¬ glie mafiose, i Badalamenti, i Coppola, forse i Taormina, soltanto incidentalmente, pare, Liggio. Di sé tenta di dare un'immagine rassicurante. Buona educazione, cultura, parlata disinvolta, aspetto rispettabile più assoluto. Dicono che somigli all'attore Lino Ventura in realtà ricorda un Gigi Riva invecchiato. Non nega l'amicizia con Liggio, ma precisa di aver ignorato l'identità dell'uomo. «Mi disse di chiamarsi Antonio Ferruggia». La conoscenza? «Occasionale». E spiega: «Avevo un negozio di elettrodomestici, a Catania, e alle pareti erano appesi i quadri dipinti da mia sorella Cinzia, che insegna attualmente in un liceo scientifico a Catania. Ignoro se avesse già visto i quadri in qualche mostra, in ogni modo mi invitò ad andare a Milano, dove potevano essere fatte delle mostre». La proposta piacque a Pernice: «Venni al Nord per fare un'indagine di mercato, per vedere se era possibile vendere quei quadri, prendere contatti coi mercanti d'arte, valutare concretamente l'arte pittorica di mia sorella. Gli elettrodomestici, campo nel quale avevo lavorato per 15 anni, non davano sufficienti garanzie di sviluppo, per via degli scioperi negli stabilimenti, la crisi». L'amicizia si approfondiva, Pernice diventa padrino del figlio di Liggio, e il legame non è ccsuale, anche se stamani ha precisato: «Non capisco perché Ferruggia mi abbia chiesto quella cosa. Però non mi sono posto domande, per me non era un problema anzi, non avendo figli, quello poteva essere per me un motivo di gioia». Nell'inchiesta finisce perché si scopre che nel febbraio 1975 acquista a Trezzano sul Naviglio, che sembra diventata una specie di Corleone del Nord, una villa in via Galilei. Dice l'accusa: | «Prezzo 41 milioni complessivi, di cui 20 corrisposti in banconote da 10 mila». Inol¬ tre, a Catania, a nome di un'amica, Giulia Mendola, compra un appartamento per 25 milioni. Gli investimenti non sono casuali, sostengono gli inquirenti, ma è il sistema per «riciclare» il denaro del rapimento Torielli. L'acquisto di quella villa a Trezzano, secondo il giudice istruttore Turone, «dimostra l'esistenza di rilevanti rapporti di collaborazione fra Nello Pernice da un lato, e Francesco Guzzardi e Giuseppe dulia dall'altro». Applicando, anche se in modo meno rozzo di altri, la tecnica di negare tutto, per prima cosa l'evidenza, Pernice ha dichiarato di non aver conosciuto Ciulla, di aver pagato la villa 31 milioni in tutto, di non saper niente di due assegni da cinque milioni versati al costruttore Pietro Bayslak, a saldo dell'acquisto, assegni a firma di Francesco Polizzotto e Giovanna Li vigni, già denunciati per favoreggiamento. Su quei due assegni c'è stata battaglia. Fino al momento in cui è intervenuto Francesco Guzzardi il quale ha detto che, quasi certamente, quello era denaro suo, e con ciò ha tentato di porgere una mano per alleggerire la posizione di Pernice all'improvviso diventata fragile. Il dibattimento riprende lunedì. In aula saranno ascoltati i nastri delle intercettazioni telefoniche soprattutto fra Giuseppe Pullara e Liggio chiamato «zu Antonio». Poi verranno ascoltati i Pullara Ezio e nipote, che secondo l'accusa hanno avuto un ruo lo non periferico nell'organiz zazione del sequestro di Luigi Rossi di Montelera. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Catania, Corleone, Milano, Taormina, Trezzano Sul Naviglio