I giornalisti imbavagliati di Mario Pastore

I giornalisti imbavagliati PER LE ELEZIONI, TRADITA LA RIFORMA DELLA RAI I giornalisti imbavagliati La riforma radiotelevisiva ha davvero assorbito tutte le ragioni di polemica sull'op- portunità e la legittimità del monopolio? Per esempio: qua- le risposta sta dando la rifor- mia, ai dubbi sulla compatibi-lità tra giornalismo e dire-zione pubblica della radio e della televisione? Sono due mesi che la riforma è appli-cata al settore dell'informa- zione e il tema si ripropone arricchito di qualche espe- rienza. Avviata la riforma, i partiti si sono trovati di fronte a una prima novità che non avevano previsto. Il nuovo congegno gli ha rivelato un dato che non conoscevano e cioè la professionalità dei giornalisti radiotelevisivi. Sacrificata, in passato, dalle gestioni controllate dall'esecutivo, questa sorta di energia nascosta ha trovato sfogo sin dalle prime battute della nuova gestione, affidata alla direzione e al controllo del Parlamento, tanto da mettere in crisi quelle diagnosi che avevano messo in dubbio la possibilità del nuovo sistema di produrre, rispetto al passato, effetti realmente diversi e positivi. Sta di fatto che, non appena aperte le finestre e fatta circolare un po' d'aria fresca, ecco farsi largo, prima in occasione del congresso socialdemocratico di Firenze, poi di quello democristiano, a Roma, un modo nuovo (per l'Italia) di fare giornalismo con la televisione. Si possono ricordare, senza che peraltro se ne debba menare gran vanto, le riprese di bisticci collettivi, le interviste improvvise e quindi non concordate, i giochi di corridoio portati allo scoperto da impertinenti cineprese. morte della tradizionale «ve lina», vale a dire quei comunicati ufficiali tanto cari ai politici perché assai ricchi di perifrasi quanto scarsi di informazioni, dai quali il croni Si ebbero, in proposito, ap provazioni, riserve, critiche, suggerimenti. Una cosa, però, possiamo oggi ritenere sicu ra: e che cioè la novità non piacque affatto ai diretti ta, teressati. Non solo non piac1 que ai partiti che il caso | destinò a fare da cavie, ma neppure agli altri, ben consa1 pevoli che il metodo nuovo j sarebbe stato prima o poi ap j plicato anche a loro, j Con questo modo diverso j di fare giornalismo con la te- levisione venne decretata nel ; giro di pochi giorni anche la sta televisivo vecchia maniera aveva di rado potuto cavare una notizia degna di tal nome. La fine ingloriosa della velina è avvenuta quando le cineprese e i microfoni hanno cominciato a circolare nei corridoi e nelle anticamere della Roma politica, costringendo protagonisti di primo e secondo piano a scoprirsi sul momento, a pronunciarsi subito, senza troppe mistificanti meditazioni. Pensare, però, che sarebbe potuto durare è stato eccesso di ottimismo. Poteva essere di colpo cambiata la «classe politica» del Paese, scompar- sa la sua diffidenza atavica per la funzione della stampa, liquidato il naturale antago nismo tra potere e informazione? Le risposte sono puntualmente arrivate appena decise le elezioni anticipate. «La ricreazione è finita, giovanotti, in riga, allineati e coperti», ha stabilito il potere politico rivolto ai malcapitati giornalisti dalla legge affidati alla sua tutela. E' cronaca di questi giorni la decisione unanime della Commissione parlamentare di vigilanza sulle radioteletrasmissioni di vietare ai giornalisti radiotelevisivi di occuparsi di ogni avvenimento che abbia attinenza con le elezioni politiche. Ciò che significa come ognuno può capire, che i notiziari radiotelevisivi deb- bano ignorare quanto di vi- vo, vero, reale accade nel Pae- se, risultando evidente che da qui al 20 giugno non vi sarà avvenimento di qualche inte- resse che, in qualche misura, non abbia a che fare con le elezioni o non sia interpretabile come occasione per influenzare gli elettori. E' stato detto che la decisione rispecchia la lettera e | lo spirito della riforma. In ve- ' rità, quel tanto o poco di si-giuncato democratico che la riforma comportava è stato annullato e la sola cosa di cui oggi si deve prendere atto è ! mazione radiotelevisiva in re | girne di monopolio, esprime questi stati d'animo con at | teggiamenti e decisioni con ! seguenti, Ecco perché la questione ! non riguarda solo i giorna- che la riforma è stata affos-sata. Abbiamo avuto la con-ferma che la classe politica, nei confronti dell'informazione non guidata e non controllata, è insofferente, diffidente, arrogante, e che quando può, com'è nel caso dell'infor- listi della tv o della radio. Riguarda tutti i giornalisti, che oggi si trovano in condizioni più fortunate. Riguarda tutti i cittadini, e non solo come utenti del mezzo televisivo, costretti già da qualche giorno a sorbirsi le «Cronache elettorali» e le «Tribune elettorali» che sono il solo prodotto, banale e burocrati- co, che il potere sia capace di sfornare quando presume di gestire in proprio l'informazione. La libertà di ciascuno è la libertà di tutti, e un atto di prepotenza non colpisce soltanto i soggetti contro i quali è diretto. La Commissione parlameli- tare poteva e doveva interve nire per garantire al Paese j che anche in periodo eletto j rale l'informazione televisiva non abbandonasse i binari | della completezza e dell'equi ; librio ed evitasse, soprattutto, i quelli della faziosità. Se c'era qualcosa da correggere, si po teva correggere. Invece la decisione unanime dei partiti ripropone, in termini stavolta assai più seri che in passato, il nodo centrale del discorso: i se cioè sia possibile esercitare 1 correttamente la professione ! giornalistica sotto la tutela i del potere, Mario Pastore ]

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