La milizia di Golda di Ferdinando Vegas

La milizia di Golda Straordinaria esperienza umana della Meir La milizia di Golda Golda Meir: « La mia vita », Ed. Mondadori, pag. 435, lire 6500. Lunga, nello spazio e nel tempo, è stata la via percorsa dalla figlia di Moshe Yitzhak Mabovitch, un povero falegname ebreo, sino a diventare primo ministro dello Stato di Israele: dalla natia Kiev a Pinsk, sempre nella Russia zarista, a Milwaukee e Denver, in quell'America che per gli immigranti ebrei era la Goldene Medineh (la « terra dell'oro », in yiddish), all'aspra terra da dissodare del kibbutz di Merhavia, infine, ascendendo grado a grado le cariche sindacali e politiche, al palazzo di governo a Gerusalemme. Ora, andatasene a casa, come dice lei stessa, da un paio d'anni, giunta alla soglia dell'ottantina, colei che — sposatasi in America nel 1917 con Morris Meyerson — è divenuta in Israele Golda Meir stende con queste memorie un resoconto ed un bilancio d'una vita « largamente positiva », lungo un tragitto segnato da « straordinari eventi ». Straordinaria è infatti, anzitutto, la stessa parabola personale dell'autrice, alla quale certamente nessuno avrebbe predetto, mentre bambina tremava, a Kiev, nel timore d'un pogrom, che un giorno lontano sarebbe stata alla testa del governo d'uno Stato realizzato dagli ebrei nell'avita patria di Sion. E altrettanto straordinaria è anche la vicenda generale, della quale la Meir è stata partecipe ed in parte protagonista, della resurrezione, dopo due millenni di diaspora, d'uno Stato ebraico, appunto quello che avevano sognato prima e poi praticamente voluto i sionisti. Il sionismo, ecco l'idea che, accolta dalla Meir sin dai più giovani anni, divenne la sua fede, la forza animatrice di tutta la sua vita, con un'adesione completa, una vera e propria immedesimazione. Il sionismo, d'altra parte, non era una generica dottrina di riscatto nazionale, ma comportava altresì, come componente intrinseca, una concezione socialista, di tipo laborista. Non a caso, quindi, la milizia della Meir nel sionismo si estrinsecò con la sua partecipazione tanto all'Histadrut (la Federazione generale ebraica del lavoro) quanto al Mapai (il partito laborista): un impegno generoso e dinamico, incessante, nei più diversi settori, che ha dato cospicui frutti pubblici, ma ha inciso molto duramente sulla vita privata dell'autrice, come ella stessa ammette. Tralasciando la dimensione privata, pure umanamente toccante, il nostro interesse non può non concentrarsi su quella pubblica, particolarmente nel periodo dalla costituzione dello Stato di Israele alla fine della carriera politica della Meir. Ritornano così in queste pagine episodi noti, ma qui narrati in prima persona dalla protagonista stessa: l'incontro clandestino della Meir, travestita da araba, con re Abdullah di Giordania, alla vigilia della proclamazione di Israele, che non portò ad alcun risultato; il breve periodo, tra il 1948 ed il 1949, in cui la Meir fu il primo ambasciatore di Israele nella Unione Sovietica, con le commoventi dimostrazioni degli ebrei locali; e così via, sino al lungo periodo, il decennio 1956-66, in cui l'autrice fu ministro degli Esteri, ed ai cinque anni, 1969-74, che la i videro alla testa del governo. Non diremmo che da queste pagine, per quanto riguarda le relazioni internazionali di Israele, le guerre con gli arabi e le conseguenti trattative per ristabilire la pace, emergano elementi di novità tali da modificare o almeno arricchire notevolmente quanto già si conosce in argomento. L'interesse delle memorie della Meir sta però, come sempre nelle autobiografie, su un altro piano, quello della testimonianza diretta, che servirà da fonte ai futuri storici, ed insieme quello, per così dire, della « ritrattistica » dei diversi personaggi incontrati. Dall'insieme dell'opera, in conclusione, appare un tipo umano complesso, forse non affascinante, ma certamente di grande spicco: una donna fermamente convinta di doversi realizzare nella direzione prescelta, anche a costo di forzare gli altri, persino i più intimi, anche al prezzo doloroso cui s'è accennato; una donna materna, verso i propri figli e tutti i figli di Israele, eppure decisa a condurre quella politica che le sembra giusta e necessaria, pure se sarà pagata da lutti e dolori. Ferdinando Vegas