Getty III, fotomodello di riviste porno adesso ricorda poco del suo rapimento di Silvana Mazzocchi
Getty III, fotomodello di riviste porno adesso ricorda poco del suo rapimento Vivace dibattito al processo a Lagonegro al "clan dei calabresi,, Getty III, fotomodello di riviste porno adesso ricorda poco del suo rapimento "In tutti questi anni ho solo cercato di dimenticare" ha detto - Un avvocato esibisce in aula un periodico che lo ritrae nudo assieme a una donna - "Sono io — dice il giovane — le foto mi sono state rubate. Quella donna è mia moglie" (Dal nostro inviato speciale) Lagonegro, 20 maggio. Con Paul Getty III è tornato nell'aula del processo il fantasma del sospetto di «rapimento simulato» che già nel 1973, all'epoca dei fatti, s'insinuò nelle cronache del sequestro del nipote dell'uomo più ricco del mondo. Il ragazzo, allora sedicenne, povero e scapestrato, frequentava amici poco raccomandabili, non studiava, non lavorava, si diceva facesse uso di droga. Carico di debiti (non pagava nemmeno il ristorante, ha ricordato il presidente del tribunale), avrebbe potuto benissimo mettere in atto quello che qualche volta era stato il tema di scherzose conversazioni in famiglia: un finto rapimento da far pagare al nonno, ricchissimo, ma avaro. Questa, in sintesi, l'accusa che, paradossalmente, è stata contestata per circa due ore alla parte lesa. Paul Getty III ha deposto in veste di testimone esprimendosi in pessimo italiano o, nei momenti di maggior tensione, in inglese, aiutato da un traduttore d'ufficio. Continui gli attacchi dei difensori degli imputati del «clan dei calabresi» alla sbarra; in testa l'avvocato di Sa¬ verio Mammoliti, il capo-bastone latitante, ritenuto «l'organizzatore materiale del sequestro». Deboli gli interventi del legale della famiglia Getty, Giovanni Iacovoni. Gli avvocati del «clan» hanno tentato di dimostrare la «simulazione», maturata negli ambienti della Roma «scapigliata e immorale». Prima di Paul Getty è toccato a sua madre, Gail Harris. Emozionata, rossa in volto, la donna ha cercato di rispondere con calma alle domande del presidente. — Sapevate che vostro figlio non lavorava, frequentava i locali notturni, si drogava? «Paul faceva il pittore, sapevo che ogni tanto andava in qualche locale, ma non mi risulta si drogasse». Dopo dieci minuti di pausa, entra Paul Getty. «Fui rapito il 9 luglio, in via del Mascherone, dopo le due di notte — comincia a ricordare il ragazzo a voce bassa. E' pallido, nonostante abbia atteso questo giorno sulla spiaggia di Napoli —. Erano in tre, forse in quattro». Presidente: Cerchi di ricordare meglio. Dopo i fatti, lei fu così preciso... Getty: «Mi caricarono su una "Citroen" bianca e fui fatto distendere tra le due file di sedili. Non ricordo alto perché mi colpirono alla testa, forse con il calcio di una pistola, e io persi i sensi. Quando rinvenni, non vidi nulla perché avevo i cerotti sugli occhi». Presidente: Due cerotti o uno solo? Getty (ironico): «Ho due occhi, signor presidente ». In aula, tra gli avvocati, comincia la gazzarra: «Ha detto due», protestano. Ma c'è il registratore e presto è tutto chiarito. Un unico cerotto chiudeva gli occhi del rapito. «Quando arrivammo, era giorno — riprende Getty —. Fui tirato fuori dalla macchina. Un uomo mi teneva per ì polsi, un altro per i piedi. Vidi soltanto, attraverso il cerotto, che quello che mi stava dietro era a volto scoperto. Mi sembra fosse quello che poi riconobbi sulle foto mostratemi dalla polizia per Saverio Mammoliti». Il difensore dell'imputato «Primula rossa» interrompe: «Agli atti c'è la deposizione di Getty che dice di riconoscere Mammoliti solo all'ottanta per cento». «Prima sì, ma in seguito — fa notare il presidente—. nei successivi interrogatori, Getty sembrò più sicuro del riconoscimento.. Insomma, allora, qual è la verità? ». «Quella che dico ora — balbetta Paul Getty —. Riconob bi Mammoliti nella fotografia, ma sono sicuro solo all'ottanta per cento». La difesa di Saro Mammoliti, trionfante, chiede di verbalizzare. «Sia più preciso, Getty — lo sollecita il presidente —. Lei, appena liberato, raccontò tante cose: ricordava di avere visto fiumi, valli, strade; raccontò di avere visto la neve, di avere bevuto a una fontana, di essere stato in alcune caverne durante i suoi trasferimenti, parlò della sua paura quando le tagliarono l'orecchio». Per un attimo, Paul Getty III si porta una mano sull'orecchio destro mutilato (fu tagliato quattro mesi dopo il rapimento e fu spedito in un pacchetto a un quotidiano romano, allo scopo di sollecitare il pagamento del riscatto: un miliardo e 700 milioni). «Non mi ricordo più — dice Getty —. Dopo la mia liberazione, nessuno mi invitò a rivisitare i luoghi perché li riconoscessi». Poi mormora: «In tutti questi anni ho cercato solo di dimenticare». A questo punto l'avvocato Spaltro, difensore dell'imputato Giuseppe Lamanna, esibisce al tribunale un numero di una rivista porno, che provoca tra gli avvocati mormorii, risatine e commenti di tipo goliardico. «A pagina 8 — dice l'avvocato — ci sono al¬ cune foto di Paul Getty con una donna, nudi» «Siete voi? — chiede il presidente —. E' vero che facevate il fotomodello?». Paul Getty si spazientisce: «Cosa c'entra questo scanda- I lo? — dice in inglese —. Sì, sono io. Ne ho molte di queste foto. La donna che è con me è mia moglie. Le abbiamo scattate con la Polaroid e le avevo in casa. Le avrà rubate qualche sciacallo, tanto è vero che qualche mese fa le vidi anche a Londra, su un numero di "Playboy" italiano che nemmeno comprai». Il pubblico ministero Ciro Raiola si oppone: «Queste foto sono del 1976 e il rapimento è del 1973, torniamo ai fatti ». «Da quanto tempo eravate andato via da casa quando vi rapirono?», chiede il presidente. «Da un mese circa», risponde Getty. «E perché la sera del sequestro lei, Getty, tornava a casa di notte a piedi, da solo, nonostante qualche tempo prima ci fosse stato un episodio di aggressione che avrebbe dovuto farla essere più prudente?», chiede un avvocato. «Abitavo troppo vicino perprendere un taxi», risponde Getty, ormai spazientito. «Bene, ha detto tutto? E1 tranquillo con la sua coscienza?», conclude il presidente «Sì», risponde Getty. «Allora può andare». Silvana Mazzocchi
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