"Col rapimento Getty proprio non c' entro"
"Col rapimento Getty proprio non c' entro" Il processo di Lagonegro "Col rapimento Getty proprio non c' entro" Questa la risposta di rito degli imputati, che appartengono quasi tutti al "clan" calabrese (Dal nostro inviato speciale) Lagonegro, 18 maggio. Quarta udienza per il processo contro i presunti rapitori di Paul Getty III, sequestrato a Roma nel '73 e rilasciato cinque mesi dopo mutilato dell'orecchio sinistro dietro pagamento di un riscatto di un miliardo e settecento milioni. Dopo l'interrogatorio di Pietro Selli, Giuseppe Lamanna e Pasquale Mammoliti che avevano risposto venerdì scorso alle domande dei giudici, oggi è stata la volta di Antonio Femia e di Domenico Barbino. Tutti sono considerati membri del «clan dei calabresi», un'organizzazione che oltre ad essere molto attiva nell'«anonima sequestri», ha fatto parlare di sé anche per i legami con il mondo della droga. Antonio Femia, 61 anni, calabrese di Locri, già detenuto in precedenza perché implicato in un traffico di stupefacenti, deve rispondere in questo giudizio di associazione per delinquere, sequestro di persona, lesioni gravissime, detenzione e spaccio di armi e droga. Piccolo, bruno, tranquillo, Femia ha risposto alle domande del presidente del tribunale, Ernesto Raffaele. «Ho conosciuto Saro Mammoliti (ritenuto l'organizzatore esecutivo del sequestro Getty n.d.r.) — ha detto —; me lo presentò come fratello Nino Mammoliti che io incontrai nel carcere di Sulmona dove io fui per un certo periodo detenuto a causa di una faccenda di droga. Poi ci rivedemmo, io, Saro Mammoliti, Domenico Barbino e un'altra persona ». Qualche giorno dopo quell'incontro la polizia eseguì una perquisizione nell'abitazione di Femia e vi trovò una banconota «sporca» da 50 mila lire proveniente dal sequestro Getty. A fare la «spiata» era stata proprio «quella persona» che frequentava Saro Mammoliti che era in realtà un agente del «Narcotic Boureau» americano infiltratosi nel giro romano dei « clan » spacciandosi come un grosso trafficante di stupefacenti. «La banconota c'era è vero — ha ammesso Femia — ma 10 con il rapimento di questo Getty non c'entro per niente». E' stata quindi la volta di Domenico Barbino, 29 anni, ex barelliere che fu riconosciuto dal funzionario della Mobile Viscione mentre prelevava uno dei tre sacchi di denaro la notte in cui fu pagato 11 riscatto. L'interrogatorio è andato avanti per tre ore e mezza. La versione dei fatti ripetuta in aula da Barbino è stata contraddittoria così come già lo furono i racconti resi al giudice. Ha negato ogni addebito e ha detto d'aver conosciuto Saro Mammoliti per caso. s. m.
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