"Abbiamo pianto i morti adesso pensiamo ai vivi,,

"Abbiamo pianto i morti adesso pensiamo ai vivi,, "Abbiamo pianto i morti adesso pensiamo ai vivi,, (Dal nostro inviato speciale) Udine, 17 maggio. Altri 151 milioni dei nostri lettori sono giunti nei paesi che stanno rinascendo dalle macerie. In parte sono stati portati a Gemona (40 milioni), Venzone (30 milioni) e Artegna (pure 30 milioni) che già avevano avuto un primo aiuto, rispettivamente di 40, 20 e 10 milioni; il resto della somma distribuita oggi è stato suddiviso fra Trasaghis (21 milioni), Bordano (20 milioni) e Amaro (10 milioni) dove non ci era stato ancora possibile portare la solidarietà che migliaia di persone hanno testimoniato attraverso La Stampa. Una cosa è da dire subito: il denaro cade in terreni fertili. Viene messo a frutto subito. 'Questi soldi ci danno coraggio e speranza — ha commentato un sindaco —, le famiglie più colpite avranno un aiuto più immediato'. In ogni paese — da quello che ha avuto più lutti a quello dove si lamentano soltanto danni materiali — si sta lavorando per alleviare il disagio degli abitanti costretti nelle tendopoli. Attorno ai centri di raccolta si montano i servizi, si fa scuola, si riuniscono i consigli comunali. Ma soprattutto si comincia a curare le ferite; si cerca di rimettere in piedi le case. E' quasi una sfida alla natura che in pochi attimi ha sfigurato il volto che il Friuli si era dato attraverso la fatica di cento generazioni. 'Fra quattro mesi, cinque al massimo, arriveranno le prime gelate. Non possiamo chiedere alla gente di aspettarle in tenda». Ecco perché, secondo Mario Di Bartolomei, vicesindaco di Artegna, «è importante lavorare subito e bene». Dice: «C/ siamo contati, abbiamo pianto I morti, ma adesso pensiamo al vivi. Mettiamo a frutto le ricchezze che abbiamo, cioè carpentieri e muratori. Dal Friuli questi lavoratori sono andati sempre nel mondo a costruire case, chiese e fabbriche; ora lavoreranno per i loro paesi». Il guaio è che mancano mattoni, tegole, ponteggi, calce, cemento. Questo allarma i sindaci. Ogni giorno hanno incontri per guardare da vicino i loro problemi e cercare una soluzione. La carenza di materiale da costruzione rischia di frustrare la volontà di ripresa. Gli appelli che vengono lanciati da ogni comune dicono proprio questo: non abbandonateci adesso. 'Abbiamo viveri, coperte e letti a sufficienza — conferma Di Bartolomei —, è tanta anche la buona volontà, ma è tutto inutile se ci manca il cemento: Restiamo ad Artegna per citare uno degli episodi di solidarietà nati in questi giorni. Ieri due rappresentanti di Cortemilia, comune delle Langhe, accompagnati dal cronista de La Stampa, hanno consegnato al sindaco Luigi Brollo sette milioni raccolti fra i con¬ cittadini. «E' sfaro un gesto spontaneo di amicizia', hanno spiegato. Perché Artegna? 'Noi avremmo voluto aiutare tutto il Friuli. Abbiamo scelto questo paese perché ci ricorda il nostro: hanno entrambi quasi tremila abitanti, sono tutti e due intorno al 260 metri sul livello del mare, ma ciò che è più stupefacente. Il accomuna lo stesso profilo geografico». Dopo le strette di mano e gli abbracci, un brindisi con dolcetto che aveva viaggiato per una notte ne! bagagliaio di una -128», ma che ha dimostrato di non aver perso l'allegria. E' stata una festa breve, ma non la sola, ieri, tra le tendopoli. Quasi a dimostrare la volontà di tornare a vivere si sono celebrati matrimoni e battesimi; la gente è andata a messa intorno agli altari costruiti sotto le montagne raccogliendosi tra i ruderi. Poi ha ripreso a lavorare. Una notte di riposo e oggi di nuovo a rimboccarsi le maniche. Si scava, si spala, si montano cucine da campo e servizi. Occorre materiale sanitario, sono necessari scaffali metallici e frigoriferi per conservare i cibi. I sindaci e i capi tendopoli allungano di ora in ora l'elenco delle necessità immediate. «Face/amo dì tutto per soddisfarle — dice un assessore —, la gente sta uscendo adesso dallo choc e si rende conto a poco a poco di ciò che ha perduto. Per questo dobbiamo evitare che il disagio aumenti ». A Gemona funzionano di nuovo le banche. Ne sono state aperte tre a bordo di roulottes. Nelle tendopoli si fa anche scuola; funzionano anche due asili. I tecnici preparano i piani d'intervento per recuperare subito le case che si possono salvare e restituire al paese II suo volto. I superstiti intanto si contano. Ottomila persone sono presenti nei vari campi, oltre tremila sono sfollate. «/ morti sono forse più degli oltre trecento ufficialmente accertati: teme l'assessore Londero, mentre davanti a lui la gente fa la coda per rifarsi i documenti. Molti richiedono la carta d'identità, altri si informano sulle procedure per ottenere il passaporto e andare all'estero a lavorare. A Venzone il sindaco Antonio Sacchetti, tra uno spostamento e l'altro attraverso le tendopoli, si incontra con gli ingegneri ai quali ha affidato la ricostruzione del paese. 'Prima faremo le case, poi Interverremo nel centro storico in cui la gente potrà rivedere il volto della vecchia Venzone'. Si potrà recuperare? Loris Sormanl, archi¬ tetto, è vagamente ottimista, anche se non si nasconde difficoltà. «/ problemi maggiori riguardano il Duomo e il campanile — afferma —, ritengo invece che le mura possano essere revisionate senza difficoltà». A Bordano, 1078 abitanti, il 94 per cento delle case non è più recuperabile. Il paese sorge ai piedi del monte S. Simeone, da molti ritenuto l'epicentro del terremoto che ha sconvolto il Friuli. La gente vive d'emigrazione. La sua maggior ricchezza sta nelle braccia e nella volontà di ricostruire 'Ci mancano gli aiuti — dice un consigliere comunale —, speriamo che il vostro sia il primo di una serie che ci permetta di rimettere in piedi almeno le case». Trasaghis, 3092 abitanti, 18 mor ti, il 99 per cento delle case inutilizzabile. 'Erano costruite in larga parte con materiale antisismico — osserva il segretario comunale —, ma non è bastato. Abbiamo perduto anche il nuovo municipio per II quale avevamo speso oltre duecento milioni». La gente anche qui vive d'emigrazione. I soli lavoratori stagionali all'estero sono oltre ottocento. Molti hanno già anticipato il loro pellegrinaggio lontano da casa per mettere insieme il denaro con cui rifarsi un tetto, magari ancora una volta sotto il Brancot, la montagna che domina il lago dei Tre Comuni e che per diverse notti sembrava volersi sbriciolare sotto le continue aggressioni del terremoto. Ora non frana più. La gente spera in un armistizio duraturo. Ultima tappa, Amaro, primo paese della Canna, a destra della strada che sale a Tolmezzo, di fronte alla vallata del Tagliamelito. Gli abitanti sono mille, più dell'80 per cento delle case e inutilizzabile. Dopo giorni di paura la gente oggi è ritornata per le strade. Si riparano muri e tetti. Qui come ovunque si vuole girare pagina in fretta. Renato Romanelli

Persone citate: Amaro, Antonio Sacchetti, Di Bartolomei, Londero, Loris Sormanl, Luigi Brollo, Mario Di Bartolomei, Renato Romanelli