I "corvi borghesi"

I "corvi borghesi" Cannes: cinema spagnolo poi Viscon ti I "corvi borghesi" (Dal nostro minato speciale) Cannes, 14 maggio. Tra le non molto fitte conoscenze del cinema spagnolo quella del regista Carlos Saura è una delle più cospicue. Il suo ricordo è soprattutto nobilitato dalla Cugina Angelica (1974), uno dei suoi quattro film che sono già stati presentati in questa stessa sede. Intenso e croccante al dente è anche questo Cria cuervos, che si rifa al proverbio spagnolo «alleva corvi e ti beccheranno gli occhi» e che ha rappresentato la Spagna alla testé iniziata rassegna di Cannes. Saura eccelle nello stendere atmosfere casalinghe ammantate di rispettabilità borghese ma viziate dentro, e dove le case e gli abitatori e gli oggetti stessi (specialmente nelle cucine, punto focale dell'ambiente) sembrano stabiliti per sempre, hanno una densità incrostata d'antico. Ma fuori di quest'aura naturalistica che investe di vita propria le buone cose di pessimo gusto, mancano novità di risalto rispetto al cinema di Madrid del «dopo Franco». Né forse si aveva diritto di aspettarle da un regista di 44 anni, già assestato in una sua maniera. Gli occhi asciutti e lucenti della piccola Anna hanno visto, dietro i sipari dell'ipocrisia famigliare, cose che non avrebbero dovuto vedere. Hanno visto il padre ufficiale, avvinto, nella propria camera da letto, poco prima di morire, nelle spire di un'adultera, e hanno visto la madre, infermiccia, lungamente soffrire di gelosia e di vocazione musicale rientrata, e invocare la morte liberatrice. Rimasta orfana, con due sorelle, e affidata alla tutela d'una zia, anche questa si è lasciata cogliere dall'infallibile pupilla della nipote in un momento di debolezza con un parente, anch'esso militare (la qual cosa non è forse senza significato): la mente di Anna, i cui ricordi sono ripercorsi da punti di età differente, si è oscurata, troppo per tempo ha appreso il senso del male. L'unico congiunto ch'ella senta come alleato, e che mostri di saperla altrettanto lunga e forse più sulle magagne di casa, è una vecchia nonna, paralitica e muta, che vive della contemplazione di vecchie fotografie: una sorta di Teresa Raquin edulcorata, che si tiene tutto dentro quietamente. «Non ho mai creduto — dice Saura, autore anche del soggetto e della sceneggiatura — ai pretesi paradisi dell'infanzia. Credo invece che l'infanzia costituisca una tappa durante la quale il terrore notturno, la paura dell'incognito e la solitudine usurpino il luogo di quella gioia di vivere e di quelle curiosità di cui ci parlano i pedagoghi». Anna, come tutte le bambine che non piangono, si è fatta un mondo suo, dove ella s'illude di disporre della vita e della morte degli altri secondo i meriti e i demeriti, mediante un'innocua polverina (bicarbonato di soda?) ch'ella crede un potentissimo veleno. Ne ha offerto una presina anche alla nonna per liberarla dal suo carcere di paralitica, ma la saggia signora ha declinato. La presunta piccola strega riempie del suo vendicativo senso mortuario l'appartamento madrileno sepolto nel verde, che invece, come abbiamo accennato, traspira naturalistica solidità specialmente nella donna di servizio che fa anche da mamma alle orfanelle, una felice figurazione di mulier fOrtis che si riallaccia a una lunga tradizione di letteratura ancillare. La riapertura delle scuole rimuove gl'incubi della fanciulla infelice. Sarebbe facile ma poco pertinente voler enucleare dal quieto racconto di Saura (a volte diluito) una allegoria della Spagna borghese. Siamo, è vero, in un ambiente alla Bunuel, ma senza nessuna delle sue lievitanti trovate che hanno il potere di mutare il reale in surreale. D'altra parte qualcosa il regista ha dovuto concedere al confusismo formalistico di moda. Egli ha operato dentro una fusione di piani temporali, saltando il passato il presente e il futuro senza soluzione di continuità. Non solo la madre morta interviene come madre nell'azione, ma essa prende anche sembianze dell'Anna adolescente e poi donna, cioè cresciuta fino al 1999. Ottima l'interpretazione. Alto governo Saura ha fatto della piccola Ana Torrent la bambina visitata dalle famigliari osses¬ sioni, mentre di Geraldine Chaplin, che è carne e unghia col cinema spagnolo, era da aspettarsi, nella sua triplice parte, la bella puntigliosa prova che ha offerto. Meritano elogio anche gli altri, fra i quali spiccano Conchita Perez, Maite Sanchez Almen- dros, Monica Randall e Florinda Chico. Domani il festival sarà tutto per l'«omaggio» a Luchino Visconti, con la presentazione fuori concorso dell'Innocente, ispirato all'omonimo romanzo di D'Annunzio. Leo Pestelli Anna Torrent e Geraldine Chaplin protagoniste del film di Saura « Cria cuervos »

Luoghi citati: Cannes, Madrid, Spagna