È morto Aalto, un classico di Marziano Bernardi

È morto Aalto, un classico L'ARCHITETTO FINLANDESE AVEVA 78 ANNI È morto Aalto, un classico Helsinki, 12 maggio. Il famoso architetto finlandese Alvar Aalto è morto la notte scorsa nell'ospedale Meilahti dove era stato ricoverato circa un mese fa (ma lo si è appreso soltanto oggi) in seguito a disturbi alle coronarie. Aveva 78 anni. In patria, la sua ultima realizzazione è stato il nuovo piano regolatore di Helsinki con la « Finlandia House» nella quale si è svolta l'anno scorso la Conferenza per la sicurezza europea. (Ap) Scomparso nel 1959 Frank Lloyd Wright, il maestro dell'architettura organica, spariti nel '53 Erich Mendelsohn, nel '65 Le Corbusier, nel '69 Walter Gropius, il fondatore della Bauhaus, e Mies van der Rohe, il più celebre architetto della generazione post-razionalista restava Hugo Alvar Henrik Aalto, nato a Kuortana nella Finlandia centroorientale il 3 febbraio 1898, morto ieri ad Helsinki, definito, a quanto si dice, «un genio» da Wright che nel 1939 aveva visitato la sala finlandese dell'esposizione di New York. Bruno Zevi, nella quinta edizione uscita l'anno scorso da Einaudi della sua meritamente famosa Storia dell'architettura moderna, enuclea dalla vastissima opera di Aalto le caratteristiche fondamentali. Modestia comunicativa; e cita un esempio di persuasione, esercitata con l'intelligenza, nell'impianto architettonico reticente e schivo, fiducioso nel proprio valore estetico. Tecnologia della ! fruizione; consistente nell'ela Iborazione di un approccio I nuovo per ogni caso concreto, come per l'illuminazione della sala di lettura della biblioteca di Viipuri, dove invece di aprire finestre nelle pareti è applicato un sistema per ottenere un chiarore garbato ed uniforme, inserendo nel soffitto una miriade di conoidi che rifrangono i raggi solari e li trasmettono a luce indiretta. Solerzia nei particolari d'uso: «per Aalto un particolare è valido esteticamente nella misura in cui persuade chi l'adopera; in altri termini, l'armonia non riguarda l'oggetto architettonico da contemplare, ma la fruibilità». Aderenza ai processi industriali: per cui i mobili di Aalto sono progettati in vista di una produzione massiva. Libertà dalla sintassi cubista, e rifiuto di ogni atteggiamento moralistico: «Se un'ala della villa Mairea chiede un rivestimento ligneo, Aalto è pronto ad attuarlo anche celando la gabbia di cemento armato, ciò che per i razionalisti costituirebbe quasi uno scandalo ». Nuova coscienza degli spazi interni, che capovolge il metodo dei razionalisti privilegiando lo spazio: «E in ciò va individuato il suo apporto rivoluzionario, la discriminante sostanziale tra approccio funzionalista e organico». Questa di Zevi, architetto, storico e critico dell'architettura, uomo del mestiere, è analisi per « addetti ai lavori ». In termini meno specialistici, anni fa (e già Aalto aveva varcato la sessantina) Frederick Gutheim in una monografìa pubblicata da « Il Saggiatore » definiva lo stile del maestro finlandese un contrappunto architettonico, rilevando il suo equilibrio tra il ve 3hio e il nuovo, la sua fusione degli elementi architettonici con l'amore per la natura: « La sua attività, eminentemente pratica, non è mai divenuta mero funzionalismo; nei suoi edifici vi è emozione al di là del sentimentalismo e della fantasia, al di là del capriccio. La sua comprensione della natura parte dall'uomo e ritorna all'uomo ». Soprattutto si è sempre ritrovato in lui lo spirito della sua terra, fin nei materiali poveri ch'essa offriva. Ci sembra che questo giudizio s'intoni con la magnifica pagina che il compianto amico Piovene scriveva su Aalto per « La Stampa » sei anni fa. Lo rappresentava « di statura piuttosto bassa; sembra diviso tra due età, quella del corpo giovanile, d'uomo che sa ancora nuotare per ore, e quella del volto segnato da una rete fitta di rughe, con occhi azzurri vivacissimi. Sorprendono le mani, piccole, come inerti quando stanno in riposo, improvvisamente nervose e animate quando si muovono sugli oggetti del lavoro ». Nell'atelier lungo, bianco e disegnato a mezzaluna, Piovene interrogava l'architetto. Insieme guardavano le maquettes di edifici in progetto o in via di costruzione in diverse parti del mondo: uno per il nuovo centro di Helsinki, un altro per l'Iran, un altro ancora per un monastero di domenicani nell'Oregon. Ma Aalto non era andato negli Stati Uniti per l'inaugurazione: «Ha lavorato in America? Per poco tempo, e poi in America non potrebbe vivere. Che cosa gli piace? L'Europa». Rispondeva pacato a una domanda dello scrittore sull'architettura di oggi: troppa teoria; quando cresce la teo¬ ria, la fantasia decresce. Che ne pensava di Wright e degli americani? «Gli americani sono o conformisti o stravaganti, e Wright era uno stravagante». Forse pensava alla «Casa sulla cascata»; e aveva ragione. Piovene magistralmente precisava: «Nell'architettura moderna e finlandese, Aalto è un classico, se s'intende per classicismo una contrarietà ad ogni ipertrofia o estremismo d'una tendenza, la volontà di portarsi in un giusto punto intermedio, equilibrando in dosi ben misurate razionalismo e fantasia, tradizione e invenzione». E questa contemperanza è riconosciuta anche da Leonardo Benevolo quando accenna al calore, alla ricchezza, alla cordialità della progettazione di Aalto per il sanatorio di Paimio, suo primo capolavoro (Storia dell'architettura moderna, Bari, Laterza, 1971). Forse da ciò dipende che i suoi risultati più convincenti si trovino nell'edilizia domestica: «Gli organismi sono geometricamente semplici e raccolti ma animati dalla varietà delle rifiniture, dai materiali spesso impiegati a contrasto fra loro, dai dislivelli, dalla straordinaria continuità tra architettura e arredamento». Ne vedemmo esempi nella bella mostra di architettura finlandese, tenutasi a Torino nel 1973. E Benevolo conclude: «Quasi sempre il suo incomparabile talento supplisce all'incompleto controllo razionale». Aalto ha lavorato soprattutto nel suo Paese, ma stupende testimonianze del suo talento sono anche in Svezia, Danimarca, Francia, Germania, Estonia, e negli Stati Uniti. Marziano Bernardi