Tragedia e sciacalli in Friuli di Giovanni Arpino

Tragedia e sciacalli in Friuli Figure e fatti Tragedia e sciacalli in Friuli «E in me il cuore si torce disperato - per via di tanta pena...», cantò nei millenni l'Ecclesiaste. Sono parole che pochi riescono a ricordare. Ancora una volta, davanti alla tragedia del Friuli, abbiamo assistito ad uno zampillare d'interpretazioni maligne, a un desiderio di scandali che è già atto scandaloso. Non sto parlando del cumulo di informazioni anche macabre, delle immagini tremende fotografate e teletrasmesse, di resoconti dettagliati fino allo spasimo: questo è ancora un «servizio» indispensabile, un modo di partecipare. Parlo invece dei commentatori a tavolino, di quelli che «buttano in politica» anche un sorso di caffè, uno sternuto, che nel fumo presente o assente del Vesuvio non guardano all'animo «naturalmente» sterminatore ma al possibile aggancio polemico, ad un ennesimo trampolino di dialettiche insulse. Persino le ruspe sono state insultate da alcuni «pennini» che evidentemente ignorano cosa sia, produca, sconvolga un terremoto. Il cuore si «torce disperato» per i fratelli della Carnia, così colpiti, ed anche — dobbiamo pur dirlo — per certi commentì indegni. Davanti a una distesa di cadaveri, c'è chi ha congetturato subito in forma politica, c'è chi ha sfruttato le pieghe del vocabolario per discorsi già elettorali. Pochi hanno notato come lo stesso cinismo contemporaneo — catafratto dalle comodità, ferrato dalle angosce collettive, cicatrizzato dai costumi egoistici — abbia stavolta ceduto ad una commozione vera. Il disastro in Friuli insegna qualcosa: che la nostra impassibilità di fronte alla morte altrui può essere vinta, che tanta aridità privata e collettiva è superabile in virtù d'uno slancio nativo, essenziale, che una ormai codificata insensibilità umana si scioglie e dà libero sfogo a sentimenti d'amore. Ma anche questa verità, questa urgenza, questo riscatto non possono essere visti da quei «pennini», tesi a braccare il minimo errore, la ruspa inutilizzata o utilizzata male, decisi a buttare in controversia gesti, parole, intenzioni di chicchessia. Sono da giustificare al cento per cento le parole di quella donna friulana, oggi residente in America, che dice: verso una cifra notevole per i miei fratelli in Carnia, ma questa cifra non deve passare attraverso Roma. Però non è logico, non è decente appoggiarsi a simili testimonianze per proliferazioni polemiche nauseabonde, che trapelano da alcuni giornali (anche importanti) e impestano assai più di un bacillo epidemico. La conoscenza, il rispetto del dolore sono fondamentali strumenti per interpretare il vivere e il morire. Così come la dignità. Gli sciacalli non sono soltanto coloro che rubano tra le macerie, ma anche quelli che intorbidano ogni possibilità di discorso, che vedono fantasmi ovunque senza accorgersi d'essere loro stessi gli spettri del nostro tempo. ★ * Il parlar di politica, ad elezioni ormai avviate, è gioco importante. Lo conducono tutti, tra domande e risposte, il bottegaio e il tassista, il manovratore in tram e il conoscente che ti ferma all'angolo della strada. Il termine «gioco» non vuol certo suonare spregiativamente, anzi. Nel governo e nello scambio di opinioni e argomenti, muovere parole come scacchi non è mai esercizio facile, proprio perché porta ad un superiore «loisir». L'uomo che parla di politica è — anche — un uomo «ludens», che intriga e interpreta se stesso come motore, oggetto-soggetto dell'esistenza. Ecco dunque chi elenca le «paure» dei comunisti: se conquistano il municipio di Roma, governeranno i quartieri periferici con il coprifuoco e le squadre a cavallo? se raggiungono una certa maggioranza, ti obbligheranno ad andare a messa con le bandiere rosse, come è già accaduto durante certe processioni in provincia? Non sono quesiti da poco, anche se possono sembrare qualsiasi. E per i democristiani? Ecco alcuni interrogativi «di base»: lavarsi la faccia non basta; non gli basterà neppure cambiare la maglieria intima; Zaccagnini non fa rima con destini; a fondo con Colombo; Rumor senator senza motor. Ed in via Nizza, a Torino: qualcuno, su un pilastro dei portici, ha scritto con il solito «spray» la solita parola d'ordine: aborto libero. Ma qualche altro, con ispirato pennarello, ha subito aggiunto una coda: Fanfani stopper. * ★ Bisognerebbe redigere un elenco delle persone intollerabili (anche perché intolleranti). E' l'ultimo «dizionario delle idee correnti» possibile, dando per scontato che ogni nome degli «intollerabili» sottintende un'idea o quantomeno una immagine del mondo in cui viviamo. Purtroppo non c'è un Flaubert, non c'è un Diderot, mancano i catalogatori dotati di rigore scientifico e di santa pazienza. Hanno lasciato a noi soltanto degli echi, sciocchi e presuntuosi al di là del lecito. di Giovanni Arpino

Persone citate: Diderot, Fanfani, Flaubert, Rumor, Zaccagnini

Luoghi citati: America, Carnia, Friuli, Roma, Torino