Gli "uomini di Ford" vogliono la testa di K
Gli "uomini di Ford" vogliono la testa di K Gli "uomini di Ford" vogliono la testa di K (Dal nostro corrispondente) Washington, 6 maggio. La inattesa resurrezione della candidatura di Ronald Reagan sta minacciando Henry Kissìnger: a una riunione di leaders repubblicani, svoltasi ieri alla Casa Bianca, un gruppo di parlamentari ha suggerito a Gerald Ford di sbarazzarsi del segretario di Stato, per togliere a Reagan uno dei suoi bersagli maggiori. L'invito « non ha suscitato reazioni particolari presso il Presidente » ha detto il senatore repubblicano Griffln, che era presente al vertice di partito, ma le pressioni su Ford stanno crescendo. Secondo la Washington Post di stamani, i parlamentari dello Stato del Michigan, da cui proviene Ford (e dove avrà luogo il 18 prossimo uno scontro forse decisivo tra Reagan e il Presidente) hanno unanimemente invitato la Casa Bianca se non proprio a « licenziare » Kissìnger, almeno a far capire che se Ford vincerà le elezioni sostituirà subito il segretario di Stato. A giudizio dei leaders repubblicani, Kissìnger si sta trasformando in un problema per Ford, anziché in un alleato. Il tipo dì campagna condotta da Reagan, imperniata su qualunquìstiche allusioni alla resa americana di fronte all'Urss e alla « strategìa delle concessioni unilaterali » che Kissìnger avrebbe applicato nei suoi anni come consigliere di Nixon e poi come segretario di Stato, appare diffìcile da controbattere. Essa è un abile miscuglio di problemi reali (la crescita internazionale dell'Unione Sovietica), la prospettiva di nuove crisi locali (Panama), la crisi del sistema di sicurezza europeo e l'eurocomunismo, con elementi del tutto irrazionali, come la presunta vulnerabilità americana ad un « attacco » sovietico. Ma, quali che siano le radici della «strategia» di Reagan, il fatto che il suo bluff di estrema destra stia dando frutti (egli ha oggi più delegati di Ford) mette Kissìnger in una posizione assai difficile e Ford in condizioni forse ancor peggiori. Nella sua veste di stratega assoluto della politica estera statunitense degli ultimi 7 anni, Kissìnger è facilmente accusabile di ogni insuccesso (e l'estrema personalizzazione da lui stesso voluta lo rende ancor più esposto) mentre la complessità dei problemi diplomatici non facilita una risposta a Reagan sui suoi stessi toni. Ford, che per ora «non reagisce» agli inviti di «dimissionare» Kissìnger, è preso in un dilemma insolubile: se accoglierà i consigli che vogliono Kissìnger fuori dal Dipartimento di Stato si esporrà all'accusa di mettere a repentaglio la diplomazia americana per salvarsi elettoralmente, e se manterrà Kissìnger al proprio posto continuerà ad offrire a Reagan materiale di propaganda. I democratici, perfettamente coscienti di questa contraddizione, stanno abilmente manifestando un «affetto» del tutto inconsueto per il segretario dì Stato. La commissione esteri del Senato, dominata dai democratici, ha ieri elogiato i risultati della missione africana di Kissìnger e stamani il Senato intero ha votato per il proseguimento dei negoziati Salt con l'Urss. Dunque i democratici stanno appoggiando il segretario di Stato, per dare dimostrazioni dì «senso di responsabilità» e insieme dare a Reagan nuovo spazio per le sue irrazionali polemiche contro Ford. Il risultato di queste manovre è una grande confusione nel campo di Ford. Il Presidente ha tentato inutilmente la strada della polemica spicciola, accusando la scorsa settimana Reagan di tacere alla Nazione la propria situazione fiscale e tacciandolo di « incompetenza » in politica estera: e gli elettori gli hanno dato torto, bocciandolo clamorosamente in Georgia, Alabama e Indiana. Vittorio Zucconi Henry Kissìnger
Luoghi citati: Alabama, Georgia, Indiana, Michigan, Panama, Unione Sovietica, Urss, Washington
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