Gli indizi aumentano per il prof. D'Ovidio di Guido Guidi
Gli indizi aumentano per il prof. D'Ovidio Per lo scandalo Lockheed Gli indizi aumentano per il prof. D'Ovidio Ma resta in libertà - Scarcerato Cacciapuoti Roma. 5 maggio. Antonio Lefebvre D'Ovidio, professore di diritto della navigazione, avvocato di fama internazionale, abile nella professione e negli affari, accusato di avere costretto (concussione) « in concorso con alcuni funzionari dello Stato ancora ignoti », la Lockheed a pagare una tangente per vendere i suoi aerei « Hercules » al ministero della Difesa non dovrebbe aver nulla da temere, almeno per il momento: non corre alcun rischio di tornare in carcere. Dopo avere discusso un intero pomeriggio, oggi, la Commissione inquirente ha concluso che forse non esistono motivi giuridici validi per revocare la libertà provvisoria che il sostituto procuratore della Repubblica di Roma, Ilario Martella, gli aveva concesso dopo averlo arrestato a fine marzo. In ogni modo, una decisione definitiva verrà presa soltanto martedì quando la commissione tornerà a riunirsi. Due terzi dei 20 commissari, se avessero obbedito al loro istinto, avrebbero firmato subito un nuovo ordine di cattura. Il commento che, questa notte, s'è lasciato sfuggire un deputato, alla fine di una giornata particolarmente faticosa, era stato molto eloquente per indicare lo stato d'animo generale: «Abbiamo quasi raggiunto la certezza che questo Antonio Lefebvre D'Ovidio sia stato davvero l'organizzatore e la mente di tutto lo scandalo». « Ma — ha commentato questa sera uno dei commissari — esiste un codice di procedura che regola la nostra attività e noi siamo tenuti a rispettarlo». Ieri, prima che alle 8 di sera cominciasse l'interrogatorio di Antonio Lefebvre D'Ovidio, il suo difensore, prof. Giuliano Vassalli, intuendo (e non era davvero difficile) i propositi della commissione aveva ricordato, appunto, a tutti, l'esistenza di questo codice. La legge, infatti, stabilisce che può essere revocata la libertà provvisoria soltanto quando l'imputato al quale era stata concessa ha violato gli obblighi che, eventualmente, gli sono stati imposti dal magistrato con il provvedimento o tenti di fuggire. Inoltre, la Cassazione, interpretando la legge, ha specificato meglio (negli ultimi trent'anni non ha mai modificato questo suo concetto) che «la revoca del benefìcio deve essere determinata da circostanze non soltanto nuove, ma, altresì, di tale rilevanza da rendere incompatibile lo stato di libertà dell'imputato con il regolare svolgimento dell'istruttoria». Dalla fine di marzo ad oggi Antonio Lefebvre D'Ovidio ha violato gli obblighi impostigli dal dott. Martella, o ha tentato di fuggire? Sono emerse, sopratutto c.urante le ultime indagini, « circostanze nuove » e molto rilevanti? Senatori e deputati, oggi, per almeno quattro ore hanno cercato di trovare una risposta affermativa a questi quesiti: ma, sia pure con molte perplessità, sono giunti a conclusioni negative. Comunque si sono presi una settimana di tempo per riflettere meglio. Questo però non li ha indotti a modificare il concetto che s'erano fatti stanotte dopo avere interrogato per quasi cinque ore l'illustre professore universitario. «Siamo sempre più convinti che abbiamo fatto — è stato il commento generale — molti passi innanzi e che siamo arrivati ad un passo dalla verità ». Antonio Lefebvre D'Ovidio si è battuto — dicono — in modo tecnicamente perfetto ieri dinanzi alla commissione: è stato abile, suadente, preciso. Ha seguito la traccia già indicata durante i suoi primi due interrogatori di fronte al magistrato ordinario: «Ho fatto sempre e soltanto l'avvocato, non mi sono mai interessato della « operazione Hercules», ho dato in prestito a mio fratello i locali dello studio ». Questo ultimo chiarimento ha risolto un problema ohe sembrava, sino a ieri, senza soluzione. Risulta, attraverso numerosi documenti, ohe gli americani della « Lockheed » quando decisero di avviare degli affari in Italia si rivolsero ad «un senatore» per un consiglio e fu loro suggerito di avere un rappresentante a Roma e fu fatto loro un nome: Antonio Lefebvre D'Ovidio. Ma chi era questo «senatore»? «Si chiama Girolamo Messeri » ha specificato ieri il professore. « Esauriente, esauriente » ha detto questa notte il prof. Vassalli parlando dell'interrogatorio di Lefebvre appena concluso. Per la commissione, il giudizio, invece, è fondamentalmente diverso: «Abbiamo la certezza — questo il parere di uno dei commissari — che attraverso il professore sia passato tutto il danaro della "Lockheed". Si tratta soltanto di accertare se questo danaro è finito nei suoi conti correnti o se, invece, è stato dirottato verso altre direzioni». Questa certezza (o quasi certezza) passa attraverso una società (« Contrade ») che ha la sede legale a Schaan, nel Liechtenstein. Attraverso questa società sono arrivati a Roma quei 320 mila dollari che il prof. Lefebvre ha consegnato a Renato Cacciapuoti per acquistare quel quadro (falso) di Rembrandt. Agli inquirenti è apparso abbastanza inquietante il fatto che questa società sia legata ad un'altra società la quale risulta proprietaria del terreno sulla via Cassia dove Antonio Lefebvre ha costruito la sua villa di 59 stanze. In apparenza non è molto, ma ai commissari sembra abbastanza. Un personaggio sembra essere uscito definitivamente da questa vicenda dopo una brutta avventura durata quattro giorni: Renato Cacciapuoti che, stanotte, è tornato a casa. La Commissione si è ricreduta su di lui: lo ha scarcerato per mancanza di indizi dopo averlo tenuto per quattro giorni a « Regina Coeli ». Ma sembra che ieri, prima d'essere liberato, abbia detto che esiste una ragazza giamaicana in grado di fornire la chiave di tutto: era a conoscenza di quanto avveniva nello studio Lefebvre in via del Nuoto. La Commissione ha dato incarico alla Guardia di Finanza di cercare questa possibile « supertestimone »: ma soltanto per scrupolo. Guido Guidi
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