Varalli venne ucciso per "odio di parte"

Varalli venne ucciso per "odio di parte" La requisitoria del magistrato Varalli venne ucciso per "odio di parte" Milano, 4 maggio. (o. r.) Il sostituto procuratore Alessandrini ha depositato oggi la requisitoria sull'uccisione di Claudio Varalli, lo studente lavoratore di 18 anni, aderente alla sinistra extraparlamentare, assassinato a colpi di rivoltella, la sera del 16 aprile dello scorso anno, in piazza Cavour, da un giovane di estrema destra, Antonio Braggion, di 22 anni, latitante. Il magistrato ha chiesto il rinvio a giudizio «per i reati di omicidio e tentato omicidio continuato, porto e detenzione di arma comune da sparo ». Un amico dell'omicida, Mario Barone (che lo avrebbe soccorso, ospitato e medicato, rifiutando di rispondere, in seguito, alle domande degli inquirenti che volevano sapere dove l'assas sino fosse scappato), dovrà rispondere di favoreggiamento. Nel documento, il magistrato confuta la tesi, sostenuta dal Braggion in una lettera al direttore di un settimanale di estrema destra, secondo cui egli si trovò costretto a sparare per difendersi dal gruppo di extraparlamentari di sinistra che gli avevano circondato la macchina: «una trentina di persone che impugnavano pesan¬ ti chiavi inglesi e sbarre di ferro ». Nella medesima missiva, il Braggion si dichiara «un simpatizzante di destra», subito dopo puntualizzando « senza precedenti penali ». Ribadisce di avere sparato « alla cieca », per salvarsi la vita, una ricostruzione che porterebbe alla legittima difesa. In base anche all'esame delle testimonianze, il dottor Alessandrini dimostra che non esistono i presupposti giuridici per la configurazione di simile tesi. In particolare il magistrato osserva che Braggion, « sebbene accerchiato e percosso », nemmeno tentò di «avviare il motore ed allontanarsi: cosa che gli sarebbe stata facilmente possibile, e che non poteva considerarsi un atto di viltà, visto il numero degli antagonisti». Invece, Braggion salì in vettura, e impugnò subito la pistola, ben deciso a sparare « per sfogare contro i suoi avversari, che gliene avevano dato il pretesto, il suo odio di parte ». «In verità il fatto più allarmante di tutta questa vicenda », prosegue il documento «è che Braggion andasse in giro portando una pistola in macchina» anche quando era diretto al bar con amici; come ha spiegato lo stesso imputato.

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