Il PG: il delitto Lavorini fu "politico" o sessuale? di Filiberto Dani

Il PG: il delitto Lavorini fu "politico" o sessuale? In appello, la relazione dell'accusa Il PG: il delitto Lavorini fu "politico" o sessuale? Due tesi si scontrano, con indizi, prove, sospetti - Forse l'interrogatorio degli imputati potrà chiarire la tragica vicenda del ragazzo ucciso misteriosamente sulla spiaggia di Viareggio (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 4 maggio. Tre ore abbondanti di relazione oggi, altrettante, se non di più, in programma per domani: il giudice a latere del processo d'appello per la morte di Ermanno Lavorini riepiloga la tormentata vicenda giudiziaria, sette anni di lavoro condensati in un fascicolo alto due metri, un'esposizione densa degli indizi, dei sospetti e delle prove. Ma la verità, questo il succo del lungo discorso appena iniziato, stenta a farsi strada Chi, in definitiva, risponderà di fronte alla giustizia, e in che misura, della tragica fine del piccolo Ermanno, rapito a Viareggio il 31 gennaio 1969? La corte d'assise di Pisa — si sa — ha dato l'anno scorso una prima risposta condannando per sequestro di persona, omicidio preterintenzionale e soppressione di cadavere Rodolfo Della Latta (19 anni e 4 mesi) e Marco Baldisseri (15 anni) e assolvendo per insufficienza di prove Pietro Vangioni. Ma è una risposta che ha lasciato molte perplessità perché sulle scarse certezze del processo pisano la pubblica accusa, l'accusa privata e la difesa hanno costruito diversamente le loro tesi. Il nodo da sciogliere, ha rilevato oggi il relatore, è proprio quello della contrapposizione delle tesi. Sono due: la prima è di chi vuol mantenere il «caso Lavorini» nell'ambito di un sordido fatto di cronaca (turpe convegno nella pineta viareggina fra ragazzi e l'adulto Adolfo Meciani e morte accidentale di Ermanno, colpito mentre cercava di fuggire); la seconda è sostenuta da chi è invece convinto che il caso vada inserito in una dimensione politica (rapimento a scopo di estorsione, seguito dall'omicidio volontario, per finanziare le imprese eversive di destra). «Dove sta la verità?», si è chiesto il giudice a latere, | proiettando quindi il quesito sui nomi dei due personaggi- chiave di questo processo: Pietro Vangioni e Adolfo Meciani. Cominciamo da Pietro Vangioni, 27 anni, ex presidente del «Fronte giovanile monarchico» di Viareggio. Ecco cosa dice di lui il Procuratore Generale nei motivi d'appello: «Nel gennaio 1969 la Versilia visse giornate di particolare tensione sociale e politica per via del noto episodio di Capodanno nel locale "La Bussola" di Marina di Pietrasanta. Perfettamente logico, pertanto, che in quel clima, l'intrepido e spavaldo Pietro Vangioni — che attuava manifestazioni clamorose e sognava colpi di Stato — abbia avvertito la necessità, per sé e per il suo gruppo, di incentivare le operazioni e quindi di far denaro anche con il riscatto». Poi: «Pietro Vangioni andò a caccia affannosa di alibi per coprire la sua attività nella giornata del 31 gennaio 1969 e di codesti alibi ne è rimasto in piedi, estremamente vacil¬ lante, uno solo. Attorno all'imputato ruotano persone disposte a mentire con lui (e per lui) per sviare e confondere le indagini: un gruppo dì persone accomunate dalla stessa ideologia politica». Ed ecco Adolfo Meciani, 40 anni, secondo personaggiochiave uscito dalla scena del «caso Lavorini» nel modo più crudele: impiccandosi con le strisce di un lenzuolo nella sua cella del carcere di Don Bosco, a Pisa. Era l'alba dell'8 maggio 1969, morì 47 giorni dopo, il 24 giugno. L'uomo finì in prigione in seguito alle tremende accuse che contro di lui lanciarono Marco Baldisseri, Rodolfo Della Latta e Andrea Benedetti (quest'ultimo rimasto fuori dalla vicenda perché allora non aveva ancora 14 anni): uno gli dette dell'«assassino», gli altri due del «becchino», tutt'e tre del «corruttore». Adolfo Meciani negò disperatamente ma qualcosa, sia pure a denti stretti, dovette ammettere, e cioè di avere tendenze omosessuali e di essersi «incontrato» una volta con Marco Baldisseri. Perché fu tirato dentro al «caso Lavorini»? Nella loro sentenza i giudici pisani (che non hanno creduto alla tesi del rapimento politico) imbastiscono questa spiegazione: «Può darsi che gli autori del rapimento abbiano agito di propria iniziativa, con l'intenzione di presentare Ermanno ad Adolfo Meciani che ne avrebbe tentato ^'iniziazione, pagando ai procacciatori un'adeguata ricompensa. Può darsi invece che fosse stato Adolfo Meciani ad avanzare la generica richiesta di un ragazzo di quel tipo. Trovatisi poi, per circostanze impreviste, con un cadavere tra le braccia, i rapitori si sarebbero visti costretti a ricorrere al destinatario della "pimizia" e questi, a causa della sua doppia vita, sarebbe venuto a trovarsi nell'impossibilità di esimersi dal collaborare». Filiberto Dani Firenze. Ermanno Lavorini

Luoghi citati: Firenze, Pietrasanta, Pisa, Viareggio