La vittoria della «linea dura» dopo il rilascio del Molinari di Remo Lugli

La vittoria della «linea dura» dopo il rilascio del Molinari Il giudice aveva fatto bloccare il riscatto La vittoria della «linea dura» dopo il rilascio del Molinari A Milano - Il commerciante, 64 anni, era stato rapito nel marzo scorso Il magistrato, dott. Pomarici, dice: "La nostra strada è risultata giusta" I drammatici giorni di prigionia nel racconto del figlio del sequestrato (Dal nostro inviato speciale) Milano, 4 maggio. Il rilascio da parte dei banditi, avvenuto ieri sera, di Raffaele Molinari, 64 anni, commerciante in rottami di ferro, che era stato rapito 1*8 marzo scorso, costituisce una nuova vittoria di Federico Pomarici, il sostituto procuratore che ha instaurato a Milano la « linea dura » contro i rapimenti di persona sequestrando il denaro destinato al pagamento del riscatto. Il primo sequestro di questo genere avvenne il 18 marzo: 400 milioni che ì familiari di Carlo Alberghini tenevano pronti per consegnarli ai carcerieri. Quel giorno erano nelle mani dei banditi cinque sequestrati. E' trascorso un lungo periodo di silenzio e d'ansia per la sorte di quegli sventurati, mentre sulla vicenda si snodava un'accesa polemica anche negli stessi ambienti della magistratura. Poi, il 18 aprile, la notte di Pasqua, i banditi hanno rilasciato Alberto Villa che era in prigionia dal 6 febbraio. Pomarici aveva fatto sequestrare ai suoi congiunti (che già avevano sborsato un miliardo) 250 milioni di lire. Il 22 aprile i carabinieri, a Baggio, hanno fatto irruzione nella prigione in cui era trattenuto l'Alberghini e l'hanno liberato. Per lui non era ancora stata versata una lira, appunto per l'impossibilità materiale causata dalle forze dell'ordine. Ecco ora libero il terzo sequestrato, il Molinari, dopo che per lui i congiunti hanno effettuato un versamento di gran lunga inferiore a quello richiesto, 65 milioni, e dopo che i carabinieri ne avevano sequestrati 70. Il dott. Pomarici non nasconde la propria soddisfazione; dice: «E' la conferma che la strada scelta è quella giusta. Le paure del primo giorno, quando da più parti si temeva che i banditi avrebbero potuto reagire in maniera tragica, erano infondate, come noi pensavamo. Perché i sequestratori sono abbastanza intelligenti per capire che è meglio accontentarsi di poco o di niente piuttosto che commettere un delitto più grave, non remunerativo, e che comporta addirittura la pena dell'ergastolo. E', questo, l'unico metodo per guarire questa piaga terribile dei sequestri ». Raffaele Molinari è stato molto provato da questa terribile vicenda, è calato dieci chili, è ancora sotto choc e, soprattutto, ha paura. Oggi non se l'è sentita di affrontare l'incontro con i giornalisti, ha mandato al posto suo, nello studio dell'avvocato Franco Rizzo che aveva condotto le trattative, uno dei figli, Renzo, 36 anni, che la sera del sequestro gli stava a fianco quando due banditi gli puntarono contro un mitra e lo trascinarono su una auto. Renzo Molinari ha rac contato qualcosa di quello che il padre ha riferito dopo il ritorno in famiglia. Il commerciante Molinari è stato tenuto sempre bendato con cerotti e incappuc ciato, legato con catene a una brandina, nei primi tempi anche con le mani incerottate. Gli hanno fatto cambiare due o tre celle facendolo viaggiare, nei trasferimenti, dentro il bagagliaio di una auto. I carcerieri non parlavano quasi mai, quando avevano bisogno di ottenere da lui la prova che era ancora in vita gli sottoponevano un foglio scritto con le domande poste dalla famiglia e solo in quelle occasioni gli scoprivano un occhio perché potesse rispondere per iscritto. «Ha patito freddo: per coperta aveva il suo cappotto — racconta il figlio — non si è mai potuto spogliare. Non gli hanno mai consentito di lavarsi nemmeno le mani, soltunto una volta gli hanno dato uno straccio imbevuto di acqua perché potesse attenua re il bruciore che gli causa vano i cerotti sulla fronte t sulle tempie ». Una banda di gente sicura, preparata. All'inizio ave vano chiesto un riscatto di tre miliardi, una quota assurda. E infatti Raffaele Molinari ha raccontato che quando seppe di quella richiesta disse ai suoi carcerieri: « Se questa è la vostra pretesa potete spararmi su bito alla testa perché i miei figli non vi potranno mai consegnare quella somma. E in questo caso vi prego, non seppellitemi, gettate da qualche parte il mio corpo e poi telefonate perché mi vengano a prendere». La richiesta si è poi abbas sata a 800 milioni, a 300 infine a 135. Dice il figlio Renzo: «Avevano capito che quello era proprio il limite massimo al quale potevamo arrivare. Il denaro era già pronto, suddiviso in due parti, una di 70 milioni e l'altra di 65. I settanta sono stati sequestrati dai carabinieri: erano nascosti in una vecchia bilancia nella mansarda della abitazione di mio fratello Franco». Smarrimento; non si sapeva più cosa fare: «D'altra parte loro avevano interrotto tutti i contatti. Poi, dopo lunga attesa, ci hanno riagganciati di nuovo, servendosi di un numero telefonico ricavato dall'agendina di mio padre. Così ci è stato possibile effettuare il versamento della somma che ci era rimasta, i 65 milioni». Il denaro è stato pagato venerdì scorso, a Milano, lasciando la borsa che lo conteneva in un certo posto. La liberazione del prigioniero sarebbe dovuta avvenire in giornata. Ma in città c'era molta tensione per l'uccisione del consigliere missino Pedenovi e poi per la morte di Gaetano Amoroso, il giovane di sinistra che era stato accoltellato dai neofascisti. C'erano in giro molte forze dell'ordine, era comprensibile che i banditi avrebbero avuto paura a girare con il sequestrato in auto. L'attesa, snervante per i familiari, s'è protratta fino a ieri sera. Alle 22,15 i sequestratori hanno telefonato di¬ cendo che lo avevano rilasciato all'Ortica, in viale Lazio. Immediata corsa dei congiunti in quella zona, ma vana. Si è capito dopo il perché: Molinari era stato liberato in viale Lazio, ma a Segrate. Aveva gli occhi incerottati, prima gli avevano fatto bere una bevanda amara, contenente evidentemente un soporifero; era stanco, stordito. Ha camminato per un paio di chilometri, poi si è seduto sotto un traliccio. Alla mezza ha potuto parlare con un automobilista, un appuntato di polizia che stava tornando a casa, così è stato portato al comando della polizia ferroviaria di Segrate dove più tardi ha potuto abbracciare i figli. Il dott. Pomarici era stato avvertito domenica mattina dalla famiglia Molinari dell'avvenuto pagamento dei 65 milioni ed egli si era limitato a prenderne atto; aveva soltanto aggiunto che si riservava di considerare se era stato commesso un reato. Ieri sera, a liberazione avvenuta, il dott. Pomarici è stato subito avvertito ed egli si è dimostrato felice di come erano andate le cose. Ha detto: « Il delitto non deve pagare, già mi soddisfa il fatto che abbia pagato poco ». Dice l'aw. Rizzo: « Il dott. Pomarici sul piano umano ha sofferto e soffre quanto i familiari dei sequestrati. E' sempre stato lasciato solo, gli si è scaricata addosso una responsabilità che doveva essere assunta dallo Stato in sede legislativa ». Conseguenze penali per la famiglia non ce ne dovrebbero essere perché i familiari hanno agito per stato di necessità. Soltanto se il magistrato venisse a sapere che il denaro è stato consegnato da persone estranee alla famiglia queste potrebbero essere perseguite per favoreggiamento personale. Remo Lugli Milano. Il commerciante Raffaele Molinari (Tel. De Bellis)

Luoghi citati: Milano, Segrate