E' definitiva l'assoluzione dei clinici
E' definitiva l'assoluzione dei clinici Si chiude la vicenda E' definitiva l'assoluzione dei clinici La sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha respinto ieri 1 ricorsi avanzati nel dicembre del '74 dal sostituto procuratore generale di Torino, Carlo Buscaglino e dal procuratore generale, Carlo Reviglio della Vencria contro la sentenza emessa dalla corte di appello che aveva assolto i clinici torinesi dai reati di peculato e falso ideologico. La Cassazione, Invece ha accolto 11 ricorso a carico del prof. Faustino Brunetti solo per 11 reato di falso Ideologico (In primo grado era stato condannato a 9 mesi) ordinando che si celebri un nuovo processo per questa Imputazione. Con questa sentenza, la suprema corte ha assolto dal reato di peculato perché « il fatto non sussiste » gli scomparsi professori Giulio Cesare Dogliottl e Bernardo Roccia, inoltre i professori Alberto Mldana e Faustino Brunetti. In breve, i precedenti. Il 12 dicembre '73 il tribunale di Torino aveva condannato su una ventina di clinici e amministratori imputati quattro cattedrattici. Per 11 prof. Dogliottl la pena era stata di 4 anni e 8 mesi e 400 mila lire di multa per peculato continuato e aggravato al danni della Università. Per lo stesso reato il professor Bernardo Roccia aveva avuto 4 anni e due mesi e 350 mila lire di multa. Al prof. Alberto Mldana la corte aveva assegnato 3 anni e sei mesi e 300 mila lire di multa per il peculato più cinque mesi per Interesse privato in atti d'ufficio. Il tribunale condannò il prof. Faustino Brunetti a 3 anni e 4 mesi e 300 mila lire di multa per peculato, più nove mesi per falso ideologico. La corte assolse, con la stessa sentenza, tutti gli altri Imputati per che «il fatto non costituisce rea to ». I quattro cattedrattici ricor sero in appelo contro il giudizio Il 24 dicembre del '74, la corte d'appello di Torino li assolse «perché il fatto non sussiste». Il procuratore generale Reviglio della Venerla e il suo sostituto Carlo Buscaglino ricorsero In Cassazione contro la sentenza. Ieri la suprema corte ha dato ragione al giudizio di secondo grado (con l'eccezione, già ricordata, del falso ideologico addebitato al prof Brunetti). Con la sua sentenza la Cassazione ha in sostanza stabilito che non può esistere il reato di peculato perché il danaro che i clinici erano stati accusati di aver usato personalmente, non è da considerarsi pubblico, ma privato. Si conclude cosi la clamorosa vicenda giudiziaria del clinici torinesi. Incominciata nel '70, l'Inchiesta del sostituto procuratore della Repubblica, dott. Vladiml ro Zagrebelsky, cercò di far luce su un intrico di leggi, convenzioni, «leggine» e circolari che da anni regolavano, sia pur In modo confuso e contraddittorio, i rapporti tra università, cllniche e ospedali. E la sua conclusione fu: i clinici, poiché non versarono, in tutto o in parte, i proventi alla cassa dell'Ateneo, hanno commesso peculato per appropriazione. Ma la corte d'appello — e ieri, In maniera definitiva, la Cassazione — ha capovolto la tesi del sostituto procuratore, ed ha affermato: manca una norma precisa che imponesse ai clinici di versare i soldi all'Università. Il peculato non esiste; 1 cattedratici hanno sempre agito nella legalità. I professori Mldana e Brunetti, quindi, non dovranno restituire neppure una lira, dal momento che non si sono resi responsabili di alcun reato. Il discorso è diverso — in linea teorica — per 1 colleghi che il tribunale mandò assolti con la formula « il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo ». In altre parole, l'Università, attraverso la Corte del Conti, potrebbe iniziare un'azione di recupero delle somme che i clinici si sarebbero trattenuti in buona fede. Ma è pur vero che l'assoluzione con formula « il fatto non sussiste », confermata per Mldana e Brunetti, rende assai improbabile la possibilità, dal punto di vista giuridico, che tutti gli altri colleghl siano costretti a restituire 1 soldi. I difensori che hanno assistito 1 clinici in Cassazione sono gli avvocati Chiusano, Accatino, Gallo e Zaccone di Torino; Giannini e Angelucci di Roma.
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