Psicoanalisi senza maschi
Psicoanalisi senza maschi I PRIMI GRUPPI ITALIANI DI "RADICAL THERAPY 99 Psicoanalisi senza maschi Pratica dell'inconscio, analisi dei sogni omosessuali (femminili), « radicai therapy »: anche in Italia le «entronaute » del femminismo, cioè quelle donne che sentono come vitale l'esigenza di esplorare se stesse, e con strumenti il più possibile alternativi, creano, e moltiplicano, i gruppi di auto-analisi, evolvendo dalla pratica femminista del « piccolo gruppo », indispensabile nella fase iniziale del rapporto donna-donna, ma esposta al rischio di lacerazioni profonde, verso modi meglio organizzati di conoscenza di sé e delle altre. A Roma operano già — nell'ambito dell'Associazione femminista della Maddalena — alcuni gruppi di «radicai therapy»: una tecnica che cerca di rispondere al rifiuto crescente della psicoterapia classica (freudiana, junghiana), basata su un rapporto autoritario, quello dell'analista-dominante con il paziente-dominato: una situazione, questa, in cui la donna che si sottopone al trattamento appare assai più vulnerabile dell'uomo, per le ragioni, già sufficientemente divulgate dalla pubblicistica e dalla militanza femminista, di subalternità «generale» della donna all'uomo. Nella «radicai therapy» non esiste la figura dell'analista come elemento autoritario, istituzionalizzato: non esiste il rapporto a due, ma è tutto un gruppo, in questo caso un gruppo di donne, che insieme «lavorano»: cioè parlano li¬ beramente di sé, in un clima di solidarietà reciproca, garantito dalla «facilitator» o mediatrice: è una donna che ha imparato dalle altre, e insieme alle altre, «come si fa». (Alla Maddalena, la «facilitator» è Stella Amphiteatroff). I testi della «radicai therapy» — una derivazione dell'analisi transazionale — non sono, in principio, femministi: si va da quello scritto da Thomas A. Harris, e pubblicato in italiano col titolo (banalizzante), Io sono ok, tu sei ok, all'altro, più scientifico che divulgativo, di Claude Steiner, Scrip on the people live. Negli Stati Uniti, il Women's Liberation s'è impadronito comunque della tecnica della «radicai therapy», innestandovi i contenuti sovversivi del movimento di liberazione delle donne, ed indicando nella formula «oppressione + presa di coscienza = rabbia», il tracciato lungo il quale si svolge, arricchendosi, l'esperimento della «radicai therapy» al femminile. L'ambiente in cui si raccoglie il gruppo, una volta alla settimana, ha le luci basse, sedie o cuscini disposti a cerchio: al centro, una piccola lavagna dove chi vuole parlare scrive, arrivando, il proprio nome e di quanto tempo ha bisogno: cinque minuti, dieci, venti. La «facilitator» ha spiegato, la prima volta, le regole: ha detto: stamps, pigs, strokes: e la terminologia originaria è sta¬ ta tradotta da tutte insieme, volenterosamente, come in un gioco di infantile, allegra complicità: stamps = bollini. pigs = maiali (culturali), strokes = carezze verbali. Arrivando, ognuna deve dire se ha degli stamps, dei bollini di rancore, accumulato, verso un'altra o altre del gruppo: insieme si chiariscono le ragioni dei risentimenti, oppure le interessate decidono di rivedersi da sole, la mediatrice vigila comunque perché il gruppo non sia turbato dall'esplodere di risse: se tuttavia questo accade, e può accadere, è tutto il gruppo che si autocritica: di solito, la mediatrice è in grado di riconoscere subito, in mezzo alle altre, se c'è l'elemento che si rifiuta alla solidarietà e che deve essere allontanato, perché la regola fondamentale della terapia è che ciascuna donna, all'interno del gruppo, si senta perfettamente al sicuro. Per questo, ogni tornata di «radicai therapy» femminista si conclude con gli strokes: carezze verbali (cioè lodi, ma non complimenti ipocriti), e anche baci, tenerezze, piccoli regali. Quando una ragazza incomincia a parlare la si ascolta in silenzio o la si interrompe, a seconda di quello che lei stessa ha chiesto prima di prendere la parola: nel suo discorso, confessione, testimonianza ecc. I pigs — o maiali culturali (pregiudizi) — vengono individuati, le prime volte, dalla mediatrice: poi tutto il gruppo impara a leggersi dentro, l'una con l'altra, i propri pigs: e gradualmente si lavora insieme per liberarsene. I pigs più tenaci, indelebili, sono quelli relativi ai ruoli: di madre (es. «La donna è soprattutto madre»), di moglie (es. «Nel matrimonio è la donna che deve avere pazienza per due»): ed è incredibile come essi persistano, annidati, mistificati, pur a livelli già alti di presa di coscienza. Nel gruppo di «radicai therapy» accade, ed è un'esperienza, per tutte, di straordinaria carica emotiva, ohe parli di sé una donna che non ha mai osato farlo prima: si scopre che una quantità di donne (una «razza» tradizionalmente accusata di chiacchierare troppo) non ha mai avuto il coraggio di aprire bocca per dire: io. Allora succede che si pianga e si tremi, prima di riuscire a pronunciare quell'io, ed è la solidarietà delle altre (non, ovviamente, la loro compassione) che consola. Emerge, nelle ore di lavoro collettivo, un materiale ricchissimo: come scrive Kate Millett, «l'eruzione che in certi momenti sale alla superficie è un evento comune nei gruppi di presa di coscienza... Un fenomeno che due antropologhe hanno trovato analogo tanto agli spasimi della conversione religiosa quanto all'improvvisa forza di persuasione dello schema imposto dalle ideologie sociali ai popoli che insorgono ». Adele Cambria
Persone citate: Adele Cambria, Claude Steiner, Kate Millett, Thomas A. Harris
Luoghi citati: Italia, Roma, Stati Uniti
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