La tregua di Domenico Bartoli

La tregua La tregua (Dal nostro corrispondente) Parigi, 21 giugno. La Conferenza di Parigi è stata forse la più importante del dopoguerra da Potsdam in qua. Potsdam segnò, nell'agosto '45, il massimo punto dell'espansione sovietica in Europa. Parigi, dopo quattro anni di spinte e controspinte, stabilisce in modo chiaro che la Russia non può andare al di là dei confini di Potsdam e di Yalta, e che, anzi, deve subire un certo riflusso. Questo riflusso è provato dalla rinuncia al meccanismo di controllo quadripartito in Germania, col quale Stalin pensava di poter stendere la mano fino ioni lugo Biave in Carinzia, che rende definitiva la rottura con Tito e perciò apre la Jugoslavia alle influenze occidentali. Perchè e come si è giunti a un mutamento, non radicale ma certo sostanziale, della situazione del '45? Le ragioni generali risultano dalle cronache quotidiane. La prova di forza iniziata nel '47, o forse addirittura nel '45, ha avuto un esito negativo per la Russia e Stalin ha cercato una tregua. Il momento più drammatico della prova di forza fu l'assedio di Berlino, e infatti nel documento diramato ieri la Russia si impegna a non riprendere il blocco, riconoscendo con ciò apertamente la sua sconfitta in quella battaglia. Ma ci sono altre ragioni più precise. La U. R. 8. S. ha bisogno, per sè e per i suoi satelliti e per la zona in Germania, di commerciare con l'Occidente. E' probabile, inoltre, che Stalin tema i rischi di un inasprimento della guerra fredda. Per tutte e due queste ragioni ha voluto venire a patti. Qui è avvenuta una momentanea coincidenza di interessi. Anche l'Occidente ha bisogno di commerciare con l'Est; anch'esso teme un inasprimento del contrasto e il pericolo di una guerra aperta. Questa coincidenza, limitata e occasionale, di interessi ha avuto come eaito l'accordo altrettanto limitato e occasionale di Parigi. Sul piano storico il conflitto continua e non può terminare senza la prevalenza dell'uno o dell'altro sistema, ma le due parti si sono accordate per diminuirne l'asprezza. E' chiaro che tanto i russi quanto gli occidentali sperano di trarre dalla tregua maggiore vantaggio dell'avversario. I russi sperano nella crisi economica in America (è ormai un luogo comune), contano nella fatalità della catastrofe capitalistica ; e gli occidentali credono di poter ristabilire la prosperità e la potenza dell'Europa occidentale per tenere definitivamente in scacco l'avversario Ma è più interessante vedere come si è giunti alla tregua. Le ragioni e gli scopi di un accordo sono sempre materia discutibile: i modi che si sono seguiti per raggiungerlo sono, invece, chiari ed evidenti. L'iniziativa è venuta dalla Russia: l'offensiva di pace, i telegrammi di Stalin e tutte le altre mosse.degli ultimi mesi avevano lo scopo di arrivare.a una conferenza quadripartita. Qui a Parigi il mutamento di condotta è risultato ancora più nettamente. Il linguaggio di Viscinski, questa volta, è stato insolitamente corretto e, anzi, gentile. Il delegato sovietico ha ceduto alle tentazioni della propaganda solo quando vedeva che non c'era possibilità di accordo su un punto determinato; e ha subito aderito alla proposta di tenere sedute segrete, unico mézzo serio per negoziare un compromesso: il fallimento della diplomazia pubblica e declamatoria non potrebbe essere provato in modo più completo. In complesso, la parte di Viscinski è stata secondaria. Seguendo da vicino i lavori si aveva costantemente la impressione che gli occidentali trattassero con un negoziatore lontanissimo, inafferrabile, rappresentato al tavolo della conferenza da un personaggio privo di qualunque potere deliberativo. Ieri, come ho riferito, l'imbarazzante situazione, è culminata in un episodio incredibile. Si è visto Viscinski chiedere, con evidente ansietà, che fosse sospesa la pubblicazione del documento da lui approvato una ora prima e già comunicato a tutti i giornalisti del mondo, per riaprire il dibattito su un punto secondario. Ma anche questo era un segno dell'importanza che Mosca attribuisce a tutti i particolari della trattativa. Chi fosse il vero negoziatore non sappiamo : forse Molotov, forse Stalin stesso. Non era certamente'il ministro degli esteri responsabile. Ora si tratta di applicare gli accordi. Per l'Austria la cosa è abbastanza semplice; entro l'anno il trattato dovrebbe essere concluso e lo sgombero delle truppe deciso. Ma per il modus vivendi per Berlino e per gli scambi commerciali fra le due Germanie le difficoltà cominciano ora. Lo sciopero dei ferrovieri di Bellino, intricatissimo episodio della guerra fredda e insieme dello spirito,SSB»siao>divivolt8i del proletariato tedesco, blocca ancora il traffico della capitale con l'Ovest. Di qui si deve cominciare se si vuole arrivare a un effettivo modus vivendi: sarà il primo passo. Per il resto nessuno può farsi illusioni: ìe due Germanie restano divise, e Berlino anche. Nulla fa prevedere vicino un mutamento di questa situazione che il documento di Parigi, rompendo con Potsdam, consacra di fatto. Domenico Bartoli IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Persone citate: Molotov, Stalin