Una signora timida in un palazzo di re di Clara Grifoni

Una signora timida in un palazzo di re Una signora timida in un palazzo di re "Qui, dice donna Ida, ogni cosa mette in soggezione le prime volte; poi ci si abitua,, - Qualche baldacchino di meno, per camminare più leggeri Roma, giugno. Alto, impettito nella livrea turchina e di un'imponenza tremenda, quasi da ambasciatore, il camorler? Panile m'introduce nel salotto privato della signora Einaudi. Non guarda me, guarda attraverso di me, con uno stile che ventidue anni di servizio sotto la monarchia hanno reso impeccabile, ma ! raggelante per 1 non iniziati, i «Qui — mi dice più tardi don-j na Ida — ogni cosa mette in soggezione le prime volte. Poi, ci si abitua». SI è certo abituata, la Signo- ra del Quirinale, al solenni vai- letti. al saluto scattante del co- razzierl, ai molti ori e dama- schl, alle centinaia di sale del- lo sterminato palazzo; ma, per quanto la riguarda, continua a farsi servire dalla sua vecchia cameriera Concessa e vive in due stanze, camera e salotto; del salotto, In cui ha profuso oggetti personali, un magnifico pendolo Luigi XIV, dei tappeti e alcuni sopramoblll, pre¬ dilige un angolo sotto la flne stra, con un tavolinetto rosso lacca e due poltrone di raso giallo, nelle quali sediamo a parlare, io formulando ogni tanto una domanda e la slgno ra, con bel garbo eludendola. « Creda — sembran dirmi i suol occhi chiarissimi, che dàn no nell'azzurro, nel verde e nel grigio, come l'acqua di mare — non c'è proprio niente da sapere. Mi vede? Sono una donna semplice e timida». Cosi appare, difatti, una donna timida, composta e leggiadra sotto 1 capelli grigi ondulati; le linee del viso ancora morbide, la fronte liscia; persino lo sfiorire, in lei, è cosi delicato da abbellirla. Veste un abito blu con la gonna a pieghine, il corpetto aderente e un'ampia scollatura da cui sporge, a mitigarne l'azzardo, una punta di merletto. Porta un filo di perle intorno al collo e un grosso turchese legato all'antica nell'anulare sinistro. « Le interessa visitare l'appartamento? » mi chiede la signora, alzandosi con uno scatto giovanile e diviene all'Improvviso . molto loquace, come capita al timidi quando cercano di sviar l'attenzione da se stessi. Ma non c'è molto da visitare. La Palazzina di cui Elena e Vittorio fecero il loro nido di sposi novelli, comprende due piani che furono rammodernati sin dai tempi di De Nicola (il quale com'è noto, si guardò dal mettervi piede); ma gli Einaudi ne occupano uno solo, il primo, « ch'è anche troppo » a sentir donna Ida. Quando venne ad abitarvi pianse tanto di nascosto e dopo giorni ancora non si ritrovava tra 1 meandri dell'appartamento; poi il suo occhio esperto si posò sull'arredo, quei mobili così ricchi, cosi insostenibilmente dorati (e, alcuni, cosi palesemente falsi) e un bisogno tutto femmi nile d'Innovazioni la strappò alla malinconia. Subito emigrarono canterani, stipi e baldacchini, a smorzare il fasto delle sale troppo arredate, e finalmente donna Ida trovò sopportabile la regal dimora che, per sette anni, doveva diventare casa sua. Al giardino ci pensa lei TI giardino del Quirinale è silenzioso. Dal cielo spiove una luce elettrizzante, ma i pini, i palmizi, i luttri praticelli, 1 vialetti ghialati, si adagiano in una pace statica, fuori del tempo come nel sogni. E' un giardino trjste. Nelle aiuole non v'era un solo fiore prima che donna Ida provvedesse a piantarvi, di sua mano, quattrocento rosai e numerose azalee: di sua mano, badate, nonostante dodici giardinieri pagati apposta. Perchè va bene che una presidentessa è costretta a sacrificare i propri! gusti: e non può dedicarsi alla cucina come vorrebbe, con tanti cuochi adibiti a quelli che i Savoia chiamavano « servizi di bocca»; e non può andare a far la spesa, perchè ci va il signor Boriarmi, lo chef, col camioncino; e non può occuparsi dei conti, perchè ci pensa l'economo, eccetera; ma il giardino, ah quello è affar suo e nessun protocollo può vietarle di aggirar visi mattino e sera con forbici, zappe e scarpe beatamente fangose. Ho scritto « protocollo », ma forse non va. La moglie del Presidente non ha alcuna funzione rappresentativa e sia la Costituzione che il Cerimoniale la ignorano. Trattandosi poi di una « prima dama della Repubblica» che è anche prima in ordine storico, nemmeno la tradizione può soccorrerla, additandole la via da seguire: donna Ida è l'antenata di se stessa, ruolo estremamente difficile a pensarci, che ogni suo atto può diventar tradizione. Ma forse la signora non ci pensa, occupata com'è a tenersi nell'ombra. « Ecco la biblioteca — dice intanto la mia amabile guida —. Tutti i libri che vede son nuovi, giunti in omaggio negli, ultimi mesi. Non ce n'era neanche uno al Quirinale; o, almeno, non ne abbiamo trovati ». La stanza, piuttosto buia e arredata di modesti scaffali, immette nello studio privato di Einaudi. Egli è li (come sempre nel giorni festivi, quando non si reca con la moglie a Caprarola o a Castelporziano) e siede dietro una scrivania bene in luce, davanti alla finestra aperta. « Luigi, non hai troppa corrente?» chiede la signora. Va a toccargli la fronte, vi posa un fuggevole bacio. « Sa — mi dice poi, con l'aria di scusarsi — lui è troppo assorto e non ha cura di sè. Debbo pensarci io». CI-pensa da quando lo conobbe e, diciottenne, lo sposò, perfettamente conscia che, legarsi a un uomo come quello, significava legarsi ad una scrivania, a dei libri e a parecchio silenzio. Intorno a quella scrivania, che un tempo fu d'abete e oggi è di preziosa radica bionda come tartaruga, la Blgnora cammina da cinquantanni in punta di piedi: «Luigi, è pronta la cena... Luigi, non stancarti troppo... Luigi... ». Poverini, quegli austriaci.. Non si sono mal lasciati un giorno. Anche ora cercano di separarsi il meno possibile, affrontando insieme le « esperienze » del nuovo stato. E, e proposito di esperienze, la signora me ne racconta una che risale al 22 maggio, cioè all'In contro Italia-Austria, disputato a Firenze. Mai, prima di allora, gli Einaudi si erano trovati In uno stadio; mai avevano visto quel tipo di folla, compatta, ruggente e divorlera. « Per quanto ne avessi inteso parlare — dice la signora — mi fece un'impressione enorme. Signori tranquilli e perbene si alzavano a turno, due per volta, si davano un bel po' di botte e tornavano come niente fosse a sedere. Dietro di noi, una torinese faceva: c Oh, mi mi...» e credetti che svenisse. Al contrarlo si alzò, gridando: «Venduto! » e peggio, a un signore che correva per 11 campo, con un fischietto ciondoloni al collo. Verso la fine del primo tempo volarono arance, cuscini, bottiglie di gazzosa: ma era per la gioia che '. nostri avevano fatto tre goals e gli altri nulla. « Poverini, quegli austriaci — dissi afta signora Gronchi, che mi stava accanto — bisognerebbe lasciarne fare qualcuno anche a loro, tanto per mostrarsi ospitali ». Ma lei mi raccomandò che — per amor di Dio — non mi facessi sentire ». I Clara Grifoni 1 La signora Einaudi controlla che tutto sia in ordine sullo scrittolo del Presidente MiiiiiNiiiiiiiiiiiiiiiiiiii • i i iiiiiiiiiiiiimiiiiiiiii m

Persone citate: De Nicola, Einaudi, Gronchi, Luigi Xiv, Savoia

Luoghi citati: Caprarola, Castelporziano, Firenze, Roma