Pericolosi stati d'animo di Domenico Bartoli

Pericolosi stati d'animo ITALI IM I RAMO Pericolosi stati d'animo . Senso di colpa, diffidenza, debbono scomparire; è necessario che gli emigrali colti risollevino lo spirito dei nostri connazionali, operino per una leale amicizia coi vicini Abbiamo pubblicato ieri mattina una cronaca da Nizza nella quale era esposto lo stato d'animo degli italiani di quella clttft e la difficile convivenza con 1 francesi I. entrata In guerra dell'Italia nel giugno 1910 ha lasciato negli animi francesi un'ombra che non si è dissipata del tutto, negli italiani un senso quasi di colpevolezza e di inferiorità. Ogffi questo articolo di Domenico Bnrtolt riprende ti motivo da un osservatorio pili ampio. Sospetto diffidenza non alutano le genti a comprendersi; e lo sciagurato colpo di testa di un dittatore, se non può togliere ad un popolo il greve pensiero del (lassato, non deve tuttavia convertirsi in un affanno, deprimente e nocivo, di responsabilità. Non si può fare una politica aperta alla civiltà, se non si ha l'energia di dimenticare gli errori. Urge che 1 popoli Italiano e francese si intendano, apertamente, liberamente; si riawlclnlno con lo spirito. Il che vale anche più di fatti e trattati. PARIGI, aprile. Stavo cominciando un'inchiesta sull'emigrazione italiana in Francia, quando sono stato invitato a una piccola festa del tipografo Alberto Tallone ohe presentava il c Commento al Don Chisciotte » di Miguel de Unamuno, tradotto in francese per la prima volta. Era la festa di un emigrato che ha fatto fortuna : fortuna non di denaro ma di riputazione e di stima. Anche l'intelligenza italiana ha, da secoli, i suoi emigranti. D'Annunzio, per un momento, fu uno di questi, e il maggiore del suo tem¬ po. A Parigi molti ricordano ancora i suoi libri, j suoi amori e le sue stravaganze: per uno strano gioco del destino adesso la vedova del poeta trascina qui la sua dolorosa vecchiaia, nobilmente sopportata. Un altro emigrante della letteratura è Curzio Milnparte; ma dal frastuono di commedie cadute e di duelli mancati che accompagna questo scrittore e dai suoi effimeri successi di scandalo ben poco vantaggio può trarre il nostro Paese. Malaparte, come molti altri uomini del suo genere, è vivo e presente solo finché solleva clamore intorno a sè. Il silenzio lo uccide. I vecchi emigrati Tallone appartiene a un mondo diverso, tra l'artigianato e l'arte; ha le mani nere dell'operaio e le ambizioni e i sogni dell'intellettuale. Venne a Parigi per lavorare come tipografo, per imparare il mestiere. Figlio di un pittore celebre, fratello di un pittore molto conosciuto, vedeva il piombo dei caratteri tipografici come simboli elefanti, e le pagine stampate come disegni in bianco e nero, e non come semplici e nudi strumenti del pensiero e della parola. Un po' alla volta ha messo insieme questa tipografia, vicino alia Bastiglia, nell'antica casa di Mansart, l'architetto di Luigi XIV, il costruttore di Place Venderne, della chiesa degli Invalidi e di Versailles. E' una casa di nobili linee, decaduta ad abitazione di piccoli borghesi e di popolani, come spesso succede ai vecchi palazzi. Ma l'altro gior- no, nell'ala che è occupata da Tallone, le beli* donne del « Tout Paris », i diplomatici dell'ambasciata, artisti e scrittori francesi e italiani si muovevano cautamente, con un bicchiere in mano, fra le macchine da stampa, le casse dei caratteri e l mucchi di preziose edis-ionl.- cosi la casa di Mansart ritrovava per un momento il fasto che ebbe una volta. E' il trionfo di un emigrante. Botto questo punto di vista ci interessa tanto più che delle bellissime edizioni Tallone si è giù parlato altre volte su L>a Stampa, E' il coso dell'italiano che arriva povero, senza conoscere nessuno, in un Paese straniero, e si mette a lavorare; vince lentamente ie difficoltà e diventa conosciuto e stimato. Questo trionfo, per Tallone, non consiste tanto nella prima edizione francese del < Commento al Don Chisciotte» quanto in un fascicolo di poche pagine in oarta a mano che contiene il primo saggio del nuovo carattere Tallone, I profani non sanno quanto si possa penare e faticare per la gamba della lettera « p » o per il corpo della vocale < a », per l'angolo di un accento circonflesso o per la curva di una virgola. Dal disegno alla matrice, dalla matrice al piombo, dal piombo alla oarta, e dalla Ietterà isolata alla frase, e dalla frase al capoverso, alla pagina, il cammino è lungo e diffidle. Basta niente, eccedere in una di quelle curve, fare una « o > troppo rotonda o una virgola troppo marcata, per guastare tutta la composizione. Tallone ha subito le vicende e le avventure delia vecchia emigrazione, quella di prima delta guerra. Fu arrestato e rinchiuso in campo di concentramento nel giugno '40 e liberato al momento dell'armistizio. Dopo la guerra, come quasi tutti i vecchi emigrati, * tornato ed ha ripreso il suo lavoro. Ora il risentimento per la « pugnalata » è quasi passato, e gli italiani sono generalmente bene accolti. Ma la vecchia emigrazione scompare: gli italiani che la compongono, abbiano conservato la loro nasionalitii o acquistata quella francese, sono lentamente assorbiti dall'ambiente; { loro figli, tranne pochissime ecceeioni, diventano francesi, non parlano più l'italiano, e nessuno ricorda la loro origine. Nomi tedeschi, slavi, italiani sono frequentissimi in Francia, e infatti chi ha seguito il processo Kravcenko ricorderà che il presidente si chiamava Durkheim, un avvocato di parte civile ffemmann, due avvocati della difesa Nordmann e Matarasso. Ma, ottimi francesi come sono, smentiscono pienamente le teorie fondate sul sangue e sulla razza. Risentimenti Quanti sono gli italiani in Francia? Non esistono statistiche esatte, valutazioni precise. Sono parecchie centinaia di migliaia, certamente, ma nessuno può fare cifre sicure, neppure per quelli che hanno conservato la cittadinanza. In alcuni, direi anzi in molti, persiste una specie di oscuro sentimento di colpa, conseguenza in gran parte della famosa «pugnalata-», due volte dannosa e condannevole, secondo loro, perchè si presentò come immorale e perchè fu inefficace. Non sto a considerare se tutto ciò sia giustificato o no: vorrei solamente descrivere uno stato d'animo. 71 sentimento di colpa si manifesta, per esempio, in certi ristoranti, quando i camerieri italiani esitano a parlare la nostra lingua, oppure la parlano sottovoce e tornano subito al francese se gli sembra di essere ascoltati dal padrone o dai clienti. Ma non è solamente tra i camerieri ohe il fatto avviene : mi è capitato, in un circolo, di dover parlare francese per un pezzo con una elegante coppia italiana emigrata da poco tempo. I/italiano degli emigrati è pittoresco. Hanno costruito un gergo loro ohe sarebbe quasi incomprensibile per uno che non sapesse almeno un po' di francese. *Oara» (staziono), «giambone» (prosciutto), « al piacere » (arri- vederla), « autocarro » (autobus), € salvietta» (borsa per le carte), « recita» (concerto). * vengo di arrivare e vado ripartire» (sono appena arrivato e sto già per andarmene) son altrettanti esempi, scelti a caso, di questo curioso gergo. Oli emigrati passano attraverso due fasi linguistiche: prima italianizzano il francese, poi francesizitano l'italiano; e spesso finiscono per fare le due cose nello stesso tempo imbastardendo tutte e due le lingue. Karamente, invece, perdono l'accento di origine che rimane, con le intonazioni dialettali, attraverso gli anni e i decenni. Un compito Intellettuale Sono piccole cose, che fanno certamente molto dispiacere a Paolo Monelli, e un po' anche a me, ma che bisogna comprendere specialmente nelle persone di scarsa educazione. Assai più grave e il sentimento di colpa che dicevo prima: esso compie il distacco di molti italiani dal loro Paese, lo rende completo e lo intorbida di risentimenti e di nostalgie. Perchè il ricordo della « pugnalata », se da una parte spinge gli italiani a confondersi oon i francesi, a dimenticare la loro origine, per un altro verso agisce in senso opposto: richiama le memorie degli anni ohe precedettero il '40, « quando l'Italia era rispettata da tutti», e aggrava certe inevitabili difficoltà della convivenza con i francesi. Il senso di colpa, che in molti è inconsapevole, si trasforma rapidamente in mania di persecuzione. E l'amara riflessione: «Abbiamo perduto ia guerra», viene presto completata dall'altra: «jlfa anche i francesi l'hanno perduta ». Questo è lo stato d'animo forse prevalente tra i nostri emigrati di dieci, venti o frenfanni fa. Qui deve giocare l'influenza degli emigranti colti; il loro prestigio può risollevare gli animi depressi e pesare in favore dell'Italia quanto il patto atlantico, l'unione doganale e tutto il resto. Un'avanguardia intellettuale è necessaria a tutte le collettività ohe non vogliano scendere a un livello balcanico. Da nuova emigrazione, quella del dopoguerra, è in gran parte clandestina. La sua storia è molto diversa. I nuovi sanno poco o niente della € pugnalata*, sono premuti dalle difficoltà economiche, cacciati dalla miseria al di qua delle Alpi. Andremo a cercare questa emigrazione nella zona mineraria del nord per ascoltare il racconto della sua storia dolorosa. Domenico Bartoli