SECONDO IMPERO

SECONDO IMPERO SECONDO IMPERO C'era intorno a lei come una nube di cold-oream e di patchouli; superstiziosa, superficiale, compiacente ascoltatrice di storielle grassocce, sempre preoccupata di far colpo con mosse delle spalle ed esibizioni del seno (un prelato, vedendola, diceva che la gonna a guardinfante aveva richiesto tanta stoffa da non lasciarne avanzar pel busto), i capelM tinti, il viso imbellettato, gli occhi cerchiati di nero, le labbra rosse... Così comincia il terribile ritratto che Maxime du Camp, nei Souventrs d'un demt-siècle (Parigi, Buchette, 1949; frs. 400) di^.gna dell'imperatrice Eugenia, la femme la mieux entretenue de France. E, ricordati i maneggi galanti della madre e suoi, prosegue a dipingerla cavallerizza nell'anima e negli atteggiamenti, donna da circo e da parata, fredda di sensi, meschina di cervello, tutta trine, gale, mondanità, onde le coniarono per l'ascesa al trono, il nomignolo di Falbalà I. Si circondava di amiche sguaiate e compromettenti : Cocbonnet. te, detta altrimenti CocoMacaque, Cocodette, Cornichonnette, signore resistenti a ogni fatica di società, rotte a tutti i capricci, pronte a qualsiasi stravaganza. E indulgeva anche a tre giovani invertiti, ribattezzati «le tre duchesse » ! Per goderla, Napoleone III, falsatóri io, aveva dovuto passar per l'altare e l'anello; se ne stancò presto, sfogata la caldana, ma Eugenia non lo sostituì che con dei flirta sentimentali: Nigra (accanto a cui era il vero ambasciatore, Isacco Artom), Mettermeli, qualche ufficialetto a cui imprudentemente scriveva... Un più profondo, e segreto amore, fu un nobile spagnuolo che, sorniona e vendicativa, la giovane vedova slava del duca di Morny, prese per marito. L'ambizione era tuttavia prevalente, un'ambizione da teatro, una politica alla Maria Teresa e alla Maria Antonietta, che la portasse, a cavallo, contro le barricate (e, nel '70, scappò in fiacre). Di- Napoleone III, figlio adulterino di un ammiraglio olandese e della regina Ortensia, Maxime du Camp dà la chiave negl'istinti di giocatore: torbida la mente di fantasticherie politiche e di progetti sociali, flemmatico il carattere, avventuroso lo spirito. La sua nascita lo faceva vittima, e il successo rivale, dei napoleonidi autentici, e la Letizia Wyse Bonaparte gli vendette per cinquecentomila franchi, e una pensione per giunta, l'atto con cui il marito di sua madre disconosceva la paternità. Certo, nei colloqui col principe Napoleone, l'imperatore si sentiva imbarazzato come un bastardo davanti all'erede, e la tremenda lingua di Plon-Plon, acerrimo nemico dell'imperatrice, non dava tregua. Dissipato amico di ragazze facili, il principe era un modello d'ordine domestico: se prestava un fazzoletto, faceva redigere una scheda, da annullare all'atto della restituzione ! Sposato con la principessa Clotilde, «bianca e pesante, le labbra grosse, lo sguardo sognante », santa donna per chi era celibe-nato, frequentava Cora Pearl e compagne, frondista anche in amore. La corte era degna dei so vrani. Napoleone III «aveva abbastanza cospirato, vis suto, regnato, per non credere più alla devozione, alla costanza, alla dignità urna ne». Cortese nei modi, im perturbabile, ei limitava a scrollar le spalle, a sorridere, a far vaghe promesse, e quando il fango degli scan dali, gli echi della corruzione giungevano sino a lui, non se ne curava. Nè questa era la sola conseguenza del regime sorto dal colpo di Stato ; una, assai più grave, lo divorava. Du Camp descrive infatti uomini comuni ed eminenti, di origini e classi diversissime, irreconciliabili avversari del secondo impe ro, gioire per i disastri del 1870, disposti a pagar qualunque prezzo, a stremar la patria pur di liberarsi da Na poleone III e dalla sua di nastia. Lezione questa che tutti dovrebbero tener presr-nte: il fossato incolmabile che certi regimi scavano tra due parti del paese, si sconta nei momenti critici; nel 1851, il popolo, al momento del colpo di Stato, abbandonò la borghesia liberale; nel 1870, le classi dirigenti lasciarono crollare l'impero. Il quale, in un ventennio, aveva dato l'illusione di un po' di gloriola militare, permes- dnpcotomrraacstsofialivsNtgucdmpilvmlflsecgfmmdt1ilvncdlpcèqstrpitastlmtssanigdpdrugvmddliderlnmnremsBo dei buoni aSan o meglio i o n e n delle speculazioni fruttuose, nessun assestamento solido, però, s'era verificato nella compagine sociale. E quanto alle arti, gli incoraggiamenti ufficiali non diedero risultati, tanto ohe la signora Delessert, che a furia di amanti letterati, da Mérimée a Du Camp, si era fatta una competenza, trovò una risposta felice. «Ma che cosa bisogna fare, dunque, perohè fioriscano?». «Sire, bisogna amarle». Il terzo grande ritratto del libro è quello di Emile Ollivier, il Presidente del Consiglio che condusse a Sedan. Nonostante la figura da prete spretato, gli occhi che guarà avan di traverso, le unghie nere, il vestito liso, i capelli incolti, era un formidabile oratore, incantava come una sirena. Gli bastava prender l'aria dell'assemblea, il tema dei discorsi, e partiva, affascinante e vacuo, armonioso e inconsistente, per la tenzone. Si gettò nel conflitto volendo e disvolendo, senza veder l'avversario, calcolare il rischio, « a cuor leggero», parole imprudenti, frase incancellabile, e ne rimase distrutto, nè valsero i molti e abili volumi di autodifesa che, morendo dimenticato, accumulò sin quasi al 1914. La sorte fece di lui, inconscio, il liquidatore della mediocre congrega di avventurieri andata al potere nel 1851. Strano regime, di cui il capo si meravigliava dicendo: «Io sono socialista, l'imperatrice legittimista, il principe Napoleone repubblicano, e il solo bonapartista è il ministro Persigny, il quale è un pazzo». Negli angoli, la principessa Matilde, che fra un amante e un altro schiumava di rabbia contro Eugenia, «che puzza come tutte le rosse » ; il bastardo Morny, cresciuto tra i famigli di Talleyrand, a cui nessun vizio, e nessuna abilità, erano ignoti ; tipi come Hortense Cornu, la figlioccia dell'imperatore, maneggiona onesta e influentissima, o quel generale Bosquet che aveva sempre con se tre vivandiere e riparava alle quotidiane prodezze veneree jon parecchie bottiglie ili borgogna, e bistecche sanguinolenti a ciascun pasto, dieta che lo fulminò di apoplessia a cinquantadue anni. E per finire, ecco il profilo di Maxime du Camp, l'autore, bruno, magro, asciutto, un po' beduino, ricco borghese arrivista, compagno di viaggio di Flaubert (e postumo rivelatore dell'epilessia di questi), rivale vittorioso di Mérimée nelle grazie della signora Delessert, poeta innovatore nei Vhants modernes, cronista interessante e malfido nei Souvenir» littéraires, a cui mancò sempre la rugiada dello stile. Qui, nella rappresentazione di un mondo artefatto, di personaggi con scarsa vita interiore, di creature tutte appetiti e apparenze, è arrivato finalmente in porto: il secondo impero ha trovato in lui il suo pittore. Arrigo Cajumi

Luoghi citati: Parigi