Il pittore ravveduto

Il pittore ravvedutoIl pittore ravveduto mSStnZ*11?- ^a5dT u?|dSTSiiS ' dl P^I^SSbSSÌS* Banno.?6d^ j Hmondo attraverso gli occhi di]mun artista? Siccome in que- fusechl'inmntestmpcovtoacadqde prgrluugRHrmednavnnpiiCsto campo, come in ogni al tro, l'educazione può moltissimo, se non tutto, siano benvenuti libri come quelli di Matteo Marangoni, Saper vedere e Come si guarda un quadro, ohe guidano il lettore con le dande, e a forza di mettergli sotto gli occhi i quadri dei più vari maestri, stimolano la sua torpida visività « lo dirozzano, o opere come quell'eccellente studio della genesi di dodici capolavori della Galleria Nazionale di Londra che è The Grovith of Twelve Masterpieees di Charles Johnson, edito dalla Phoenix House di Londra (1947). Dirò che il metodo del Johnson è quello più convincente, perchè paragonando gli abbozzi e i vari stadi d'un quadro s'intende molto meglio ciò che l'artista abbia voluto fare, che non mettendo la sua opera accanto a quella d'un altro d'indirizzo diverso. Lo studio, delle varie fasi della Purificazione del Tempio del Greco e del Cavallo che salta di Constable ci permette di renderci conto, con un'eleganza, una nettezza di dimostrazione matematica, della progressiva selezione operata dall'artista negli elementi della sua ispirazione. Il metodo del Marangoni, d'altronde, vuole essere un piano avviamento alla lettura del linguaggio artistico, proprio come ai leggerebbe un testo avendo riguardo alla grammatica e alla sintassi; nè si perita quel critico d'indicare difetti stilistici anche nei più grandi e di dar la caccia a. incoerenze con zelo degno d'un purista alla Fornaci a ri. Ora non sempre i raccostamenti giovano; le Esperidi di Raffaello, messe vicino alle Tre Grazie di Botticelli, crollano, tanto più alto è l'accento r<ei gruppo botticelliano : come chi dal giardino ove aristocratiche dame atteggiassero in una lenta carola le loro membra elotte, discendesse nell'orto ove fresche e grassocce fantesche ecimmieggias sere i diporti delle loro signore E meno ancora giovano i raccostamenti a giudizi d'altri critici. Gli alberi nel famoso affresco di Giotto, di San Francesco che pre d^ca agli uccelli, suggeriscono al Marangoni irresistibilmente il ricordo di tenere quanto inopportune legumi nose, quegli alberi che face vano scrivere al Ceochi : a Non poteva darsi più acuta intelligenza delle forme naturali, portamento della pianta, personale ed espressivo come un portamento umano ». Marangoni suppone addirittura che quegli alberi possano essere opera di qualche disgraziato e infedele aiuto. Ma i critici, dice il Maran goni, si suggestionano e si copiano l'un l'altro, e così si creano riputazioni campate in aria. Bisogna guardare coi propri occhi e non credere che a quelli, ammonisce. Ma a questo punto il lettore comincia a smarrirsi.. Poiché, come s'è detto, la maggioranza non riesce a guardare coi propri occhi, ha bisogno di guida, come appunto quella che offrono persone in cui la virtù visiva è, o dovrebbe essere, più alacre. Codeste persone non presentano però un fronte unico d'interpretazione ortodossa. Se sono eloquenti e incontrano favore, possono trascinare larghe se zioni del pubblico sulla chi na di catastrofiche eresie Ammettiamo che io mi persuada che la Madonna in trono di Masaccio sia bella, come vuole Marangoni, perchè a la statuaria mole della Vergine col suo movimento di massa romboidale si oppone al perfetto ritmo statico della quadrata cattedra». Applicherò questo stesso assioma geometrico allo sgorbio del primo astrattista e, trovatolo calzante, proclamerò che anche in questo caso mi trovo dinanzi a un capolavoro? Il pericolo è qui. Quanti ragionamenti perfetti non abbiamo sentito fare intorno a quadri la cui vista ci ha poi lasciati freddi 1 Poche argomentazioni saprebbero essere più suasive di quelle di Cesare Brandi nel saggio su Picasso (Vallecchi, 1947), e se altra memoria non si dovesse serbare della pittura mo derna che quella contenute in codesto saggio, divenuto novello Pausania, che sublime idea di quella scuola pittorica potrebbero formarsi posteri! Ai nostri giorni, del resto •'è avuto un esempio così monumentale di suggestione sul modo di vedere delle masse operata da un singolo artista che vale la pena di meditarci su. Quest'artista, una trentina d'anni fa. infoiò una y«*a e gr^riftrf^wèo^^ PJ^( d(> della Pittura: quadri c^ln^bravano diagrammi geo- ÌDH*™. personaggi ridotti a vmamchini dai volti lisci come g fusi, aenx'oochi senza naso senzat bocca, e dall'addome che, in spaccato, presentava l'elevazione d'un'intera città, insomma i « nominativi fritti e mappamondi! del famoso sonetto del Burchiello. La gente dapprima rise di queste stravaganze, ma la critica, la moda tanto fecero per far capire quei quadri, che alla fine pubblico imparò a vedere così. In breve tutti gli snob vollero avere i quadri del pittore « metafisico » ; il gusto si avviò per nuove direzioni, le case si ammobiliarono in modo da andar d'accordo con quei quadri. E verso la pittura tradizionale si ostento disprezzo e compatimento, quando proprio non si arrivò a desiderarne l'estinzione assoluta. Passarono gli anni. Un bel giorno il pittore rivoluzionario si ricredette. La sua rivoluzione era stata un'eresia, uno sbaglio madornale. Bisognava tornare ai maestri, a Raffaello, a Rubens, a Frans Hals, a Delacroix, bisognava ricominciare a copiare fedelmente, umilmente. Ed eccolo esporre una sua nuova serie di quadri che parevano nò più nò meno che le esercitazioni accademiche degli epigoni dei vecchi maestri. Lui stesso, ultra-moderno d'una volta, non osava rappresentarsi che nel costume dei tempi di quei pittori illustri : si raffigurava d nell'abito di un membro delle Doelen olandesi, o addirittura vestito da romano antico. La gente rise, l'artista si adirò, se la prese con le mostre d'arte che esponevano i suoi quadri famosi d'un tempo, ora da lui ripudiati, si armò contro se stesso di ieri, urlò con voce tonante : t Ciechi, non vedete che io erravo? Che non c'è altro scampo che tornare ai piedi dei maestri?». Ma il mondo, trasformato sotto l'azione del suo punto di vista d'una volta, non credeva più all'effiracia del verbo dei maestri. Ogni idea dell'antica coerenza stilistica era scomparsa, la grammatica e la sintassi erano ite in malora, i giovani dipingevano secondo il loro capriccio. Taide era stata convertita e ora Pafnuzio si sforzava invano di annullare gli effetti della sua predicazione. C'era però un sìntomo confortante: già qualche signora snob cominciava a mormorare dinanzi alle esercitazioni accademiche del pittore ravvedu to: «Però, come dipìnge bene!». Un fenomeno di questa fat. ta sarebbe possibile in un mondo che guardasse coi propri occhi? E chi volesse proprio sapere dove si accentri la virtù visiva del mondo, dovrebbe sì ricercarla presso gli originatori di nuovi modi d' vedere, e presso i critici che ne dissertano, ma anche, e non poco forse, nella borsa va lori dei mercanti di quadri. Mario Praz

Luoghi citati: Londra