Conquistata la vetta

Conquistata la vetta li A IP EDIZIONE Ali BVTlSif ZOBI Conquistata la vetta L ascensione alla Punta Margherita tra rocce e ghiacciai - Da 4200 a 5125 in. in sei ore - Il tricolore e tre carpe da visita IMMIIllllMMMUlHIlllMllllIMMIIlMtllllMlllMIIMIIL'ing. Ghiglione e 1 fratelli Ettore e Giuseppe Giraudo — come abbiamo pubblicato sabato — hanno compiuto la terribile marcia d'avvicinamento alla vetta del ftuwen"z.ori attraverso la foresta del Congo. E' il 13 del gennaio scordo : sul «campo della morena » a 4600 m., la carovana rizza le tende addossandole alla nera muraglia della montagna tra il ghiacciaio Alessandra e lo Stanley occidentale. TI vento J> --ioleiitissimo e lontano spiccano nettissime la Punta Alberto e la. Moehlus. Sta per iniziare la avventura verso la vetta vertiginosa. L'inverosimile foschia prodotta dall'evaporazione dell'umidissima giungla avviluppante il Ruvenzori rende il monte quasi perennemente invisibile. Gli squarci sono troppo fugaci. A Mutwanga accadeva spesso, quando l'albergatore chiamava un ospite per mostrargli il Gruppo Elena Savoia (l'unico visibile), che la visione fosse già scomparsa all'apparire del cliente. Io avevo dato all'albergatrlce signora Ingels a Irumu una lista dei viveri di cui avevamo bisogno: più o meno questa distinta venne mantenuta, salvo pochi surrogati. S'eran portate comunque al campo della morena, per ogni eventualità, una cassa di banane e limoncelli ed un'altra di pomodori. IMMl MIMIllliMMItllllllMlllllMIIIlllllllllllIi Molte le minestre in scatola, tuttavia assai pepate; ma dicono che il pepe sia necessario all'equatore come disinfettante. Il mattino del 14 gennaio cielo sereno: sveglia alle 5, partenza alle 6 e tre quarti. Inutile prima, causa la roccia fredda. Avevamo nel sacco banane biscotti prugne uova formaggio, il termo, una boracela di té, due limoni, caramelle. Sulla morena coperta di lichene bisogna far attenzione per non scivolare. Calziamo i ramponi al margine del ghiacciaio Alessandra. Sorpassati i primi crepacci di ghiaccio vivo (ed è una maasa durissima) proseguiamo celermente sino alla cosiddetta «spalla» a 4700 metri. Sono le 7 e tre quarti. Alle otto si attacca fra le prime nebbie la roccia della cresta ovest liscia, molto liscia, nera, infida per il lungo lichene. Bisogna scavalcare una cresta piuttosto sottile: la sorpresa rabbiamo nel posare lo sguardo sull'altro versante, fuello nord, bianco di neve e i ghiaccio. Quale differenza con le fotografie della spedizione De Grunne 1932! Un passaggio non facile nella discesa: un colletto ci mette sul « chi vive » e continuiamo cosi sino ad una sella dove bisogna passare sul Iato nord. LI s'innalza un canalino verticale, coperto letteralmente di ghiaccio. « Scalino » alquan to, poi cerco raggiungere un terrazzino esposto, minuscolo per inerpicarmi poscia per una lunghezza e mezza di corda su di una parete liscia e verticale. Lassù, Ettore, che ha gli occhi d'aquila, scorge subito, infitto a un masso, un grande anello di corda e poi uno spezzone pendente per forse 15 metri. Giunto al terrazzino, allungandomi il più possibile, riuscii ad afferrare lo spezzone e ne provai la resistenza. Pareva tenesse; comunque, non c'era da fidarsi troppo. Dopo parecchi altri passaggi delicati, arrivo al colletto, ove m'installo e aiuto i compagni. Proseguo ancora qualche poco, poi lascio ad Ettore il comando della cor- data. Siamo ormai a 4850 metri. Dopo alcuni passaggi su roccia, si continua su per una cresta nevosa alquanto affilata, e si attacca poi di nuovo la roccia sino ad uno strapiombo che devesi girare sulla destra cioè a sud, sul lato del ghiacciaio Alessandra. Qui bisogna seguire per forse cinquanta metri una cengia, coperta di neve ghiacciata. Et tore « se alina » di lena, via via si passa oltre facendo alcune assicurazioni e ci troviamo alfine di nuovo sulla cresta ovest, che si segue sino in vetta, tornando più volte sul versante nord, ripido ed assai nevoso. Ai nostri occhi compaiono e spariscono fra le nebbie i Gruppi Emin e Gessi in lontananza, mentre ben visibile e dirimpetto si appalesa lo Speke con la Punta Vittorio Emanuele, gran dosso sciistico. Alle ll.lO.tocchiamo l'ometto della Punta Alberto con tempo ancor chiaro, Pippo sbuccia una banana, Ettore sgrana un biscotto, io succhio qualche prugna; tutti sorseggiamo dei té caldo. Si riparte alle 11,25 verso la Margherita. Ripasso in testa come capo-cordata; scendo una ventina di metri, evitando le buche di un gran crepaccio e attraversato un lungo piano, attacchiamo l'ultima cresta di ghiaccio facendo attenzione alle ampie cornici. La cresta si assottiglia due volte; scalinato un muro di ghiaccio di dieci metri, sia- mo in vetta alla Margherita avvolta dalla nebbia alle 11,40. Invano si attende il ritorno del bel tempo. Alfine prendiamo qualche foto documentaria ed inneggiato alla patria lontana, ma proprio lassù cosi presente, si torna in foschìa alla Punta Alberto. Sono le 12 Breve spuntino. Troviamo una bottiglia rotta presso l'ometto, con entro due foglietti di carta sottile; sono relazioni di ascensioni: del 1942 di Deneìle e Germain (essi lasciarono l'anello di corda e lo spezzone da noi trovato sulla cresta più sotto), l'altra dell'll novembre 1948 del dott. Godenne. Sull'ometto, infissa una vecchia piccozza. Lasciamo anche noi sotto l'ometto una scatola me- tallica di sigarette con entro il tricolore e le nostre tre carte da visita con sù notato: « Prima ascensione italiana dal versante belga ». Sulla scatola ponemmo una pietra. La Punta Vittorio Emanue le era scomparsa nella foschia. Il ritorno si effettuò fra nebbie e schiarite. Giunti alla parete verticale, assicurai con la nostra corda i compagni nella discesa, poi mi incanalai dal terrazzino infilando la corda nell'altra e facendone uso appena discreto; dato il ghiaccio, non era il caso di piantare un chiodo nella roccia. I due Giraudo tenevano la corda tesa mentre scendevo. Si continuò giù per la cresta, eterea nei densi vapori, poi attraverso il ghiacciaio in fitta foschia; alle 15,15 mettevamo piede davanti alle tende. Josef e Biasili ci avevano visti sulla cresta finale e ci accolsero all'arrivo con gran salamelecchi; era il loro modo di farci festa. Mentre ci rifocillavamo si scatenò alle 17 un vento terribile, che durò ininterrotto sino alle 7 del mattino dopo. Nella termocoperta ebbi buon caldo. Tutta notte nel dormiveglia temetti che la tenda, strappati fli ormeggi, precipitasse nel aratri immediati del ghiacciaio Alessandra. Forse vendetta del monte? Per me fu comunque la miglior notte al Ruvenzori. 1 Piero Ghiglione o i e Scalinando la Punta Margherita coperta di neve: davanti l'ingegner Ghiglione, dietro uno dei fratelli Giraudo

Persone citate: Emin, Ghiglione, Giraudo, Giuseppe Giraudo, Piero Ghiglione

Luoghi citati: Congo, Irumu